D. Gabriele de Marchis, Vescovo di Tiberopoli (1775-1860)

 

D. Gabriele Demarchis, nipote dei due Vescovi, di cui ho fatto cenno, nacque in Lungro a 9 marzo 1775. Compiuto il corso degli studii sotto
la poderosa scorta del fu arciprete Damis, ascese al Sacerdozio e si addisse al servizio della Chiesa con quel Santo fervore, che scalda il petto ai veri chiamati al Ministero del Culto Divino. Nel 1822, dietro brillante concorso sostenuto con erculea dottrina, fu proclamato arciprete di quest'unica Parrocchia, ed il modo come si � interessato nel pascere il suo gregge colla predicazione, coll'amministrazione dei Sacramenti, e col retto Operare ai sensi del Tridentino, possono contestarlo tutti gli abitanti del Comune.
Nel 10 agosto 1834 fu eletto Presidente del Collegio. ed abbate Commendatario di S. Benedetto Ullano, ed ai 23 giugno 1833 venne elevato alla dignit� di Vescovo di Tiberiopoli.
Della intemerata morale di questo Prelato, del pari che delle sue svariate conoscenze non � lecito a me d'interloquire. Dopo la morte entra l'uomo nell'impero della Storia, ed il pubblico potr� allora giudicarlo senza riguardi.
Egli ha dato alla luce i seguenti lavori, Liturgia, ossia Messa di S. Giovanni Crisostomo letteralmente tradotta dal greco, e l'Interpretazioni delle cerimonie, e dei Misteri della Sacra Liturgia, lo scopo delle quali fu quello di rendere alla universale intelligenza il pi� sublime, ed Augusto Mistero di nostra Santa Religione. Pi� due brevi articoli sul Purgatorio, e sul carattere sagramentale. Col primo intende convincere i Latini che gli Albanesi professanti il rito greco nel nostro regno in nulla difettano nella vera cristiana credenza, e col secondo far apprendere agli ordinandi  sublimit� del carattere, di cui ricevevano l'impronta. Per dar sfogo poi all'intenso amore, che lo anima per l'idioma di Omero, componeva e pubblicava Vari Epigrammi Greci volti anche in latino, ed infine quattro brevi Omelie in lode della Vergine Santissima, di cui vive divotissimo. Non ostante della decrepita et� che lo aggrava, era intento a ritoccare un corso di Sante Missioni, ed altre inedite produzioni relative al nostro rito; ma colto da insulto nervoso. languisce a letto impedito a dar perfezione ai suoi cennati lavori. Non ostante per� che si vede prossimo a compiere la curva della propria esistenza, pure mantiene illesa la intellettuale potenza e discorre del passato con lucida memoria.

Da "LUNGRO" di Domenico De Marchis (1858)

 

 

Alla morte di Domenico Belluscio un generale rammarico stringeva i cuori, la schiera dei letterati di scuola francese con lui si estingueva. Gli successe un Gabriele Demarchis pievano in Lungro. Niuno pi� di lui mantenne pari ascendenza sul popolo, sapendo usare la parola con ragioni adatte alla scarsa intelligenza del ceto basso. Ebbe cura di completare una chiesa cominciata dallo antecessore Arciprete Domenico Damis dedicata a San Nicola patrono di Lungro da tener luogo di quella badiale troppo angusta e quasi cadente; ed � bello il notare che la sola carit� dei fedeli abbia affrontate tutte le spese per elevare il maggior tempio sorto nei paesi albanesi. Montato alla sedia episcopale qual Vescovo di Tiberiopoli le sue idee si elevarono, non pi� il piccolo gregge di un comune, ma tutto il clero greco cominci� a udire la voce del teologo, dell'uomo profondo nella scienza dei sacri riti, vegliando indefesso per conservarli puri. Fu lui che radi� da un vecchio martirologio la commemorazione di San Palonia uno eresiarco del monte Athos vittorioso capo dei cos� detti quietisti nelle discettazioni avute nei mezzi tempi in Santa Sofia di Costantinopoli.

In allora gli studi di una filosofia un p� trascendentale dava in viso al governo; dalle storie bisognava stralciare tutte le brutte pagine di un passato, che pur stava impresso in mente delle generazioni; la istituzione generalmente snervata anche negli stabilimenti italo-greci decadeva dalla robustezza primiera; la ragione del diritto appena intraveduta doveva sperdersi nel frascame di una letteratura superficiale ipocritamente insegnata; molto fu che i sentimenti politici non ne andavano del tutto traviati. Quanto far poteva un grande istitutore si era d'infondere nella giovent� la dolcezza dei costumi, guidarla nella via del sapere con prudenti consigli, e tanto pratic� il Vescovo Demarchis. Quando per la gravit� degli anni, e per le sue infermit� sent� mancare le forze, lungi dal restare ad un posto senza poterne adempiere tutte le funzioni si ridusse volontario nei lari domestici (1842) e l� tormentato da dolori, rassegnato come Giobbe, attese l'ultima ora confortato dalla preghiera e dalla speranza. In lui si estingueva il sesto Prelato di rito greco  prescelti tutto nel clero albanese del continente, merc� l'opera dei quali i paesi acquistarono lustro e vanto di uomini preclari da stare a fronte ai letterati nelle convicine citt� latine.

 

Da "Historie albanesi" di Francesco TAJANI (1866)