RAFFAELE MAIDA
(Lungro 1795 - Lungro 1857)
Raffaele Maida fu uno dei personaggi lungresi pi� importanti nella prima met� dell'800. Ovunque ha prestato la sua opera, sia come giudice che come educatore, ha lasciato il segno. A Lungro questo nome �, per lo pi�, sconosciuto, mentre a Cerzeto, Dh�n Rafeli, � ancora oggi nella memoria di tanti, nonostante siano trascorsi pi� di 160 anni dalla fine del suo mandato di giudice in quel paese.
Il De Marchis in "Lungro" -1858
"D. Raffaele Maida respirava le prime aure vitali in Lungro nel 1795. Sin dall'adolescenza rifulse in lui la gagliardia di una estesa comprensiva ed il gusto per le letterarie discipline con possanza infrenabile lo trascinava al Santuario del sapere. Affidato alla scorta di chiarissimi professori, comp� nella patria il corso della primitiva istruzione nello studio delle lingue, della filosofia, e principii del dritto; studii che imprimono all'intelletto la felice attitudine di perfezionare qualunque conoscenza, quindi moveva per la sede dei Bruzi, onde arricchire lo spirito delle legali teorie. Egli colle prime occupazioni era pervenuto nel gran vestibulo del Tempio di Temi: doveva percorrere tutti gli anditi dell'immenso Edifizio onde scovrire l'altare, ed onorare il simulacro della Dea. Tutte le branche dello scibile fiorivano in quel tempo in Cosenza citt� delle antiche rimembranze, e D. Raffaele Maida ebbe opportunit� di dar l'ultima mano alle scienze, di cui aveva assaporati i principii, sotto la guida dei pi� insigui istitutori. Dietro giganteschi travagli, e poderosi studii sulla penale e civile giurisprudenza, imprendeva l'esercizio della professione in quel Tribunale, onde sin dai primi esordii, attirava la pubblica ammirazione.
Fu giudice in Cerzeto, e poi in Grimaldi; ma la sua generosa indole, ed intemerata morale, lo determinarono abbandonare la carriera per far ritorno alle sue carite occupazioni. Sostenne per due anni cattedra di filosofia, ed estetica nel Collegio greco di S. Adriano con piena soddisfazione degli alunni di quel Convitto.
Coltivava con entusiasmo l' amena letteratura, le scienze speculative, e la poesia. Improvvisa morte lo tolse dai viventi nel d� 8 novembre 1857 ed al dolore della sua desolata famiglia, si aggiunge quello dell'intera Comune, che ha perduto in lui il profondo Giureconsulto, l'egregio filosofo, il benemerito Cittadino1.
1. Facciam voti, che il professor D. Agostino Maida, figlio dell'illustre defunto voglia rendere di pubblica ragione gli inediti lavori di suo Padre, onde meglio risplenda il suo nome presso i dotti connazionali."
Raffaele Maida, oltre che essere valente giurista e filosofo, era anche un insigne letterato e poeta.
Da "Elogio funebre in onore del fu D.Raffaele Maida"
di prossima pubblicazione sul sito
Il d� 8 Novembre del 57 D. Raffaele Maida colpito da paralisi nel cuore si moriva tra Ie braccia degli amici lungo la Strada che mena a S. Leonardo appi� di un'annosa quercia, a vista di un sole che tramontava in tutta la magnif�cenza de' suoi raggi. Corse il figlio; ma l'infelice, a quella vista, gli sbalz� il cappello dal capo, e retrocesse il passo mal reggendo allo spettacolo di un padre moribondo. Stette in forse di vita. Accompagnato da D. Saverio de Marchis, ed altri amici, fu condotto in casa, ove diede il triste annunzio alla desolata famiglia. All' imbrunire la spoglia mortale del defunto toccava la soglia della sua abitazione su una sedia portato a braccio dalla pia gente del paese. Le grida in quel momento giunsero al cielo. Una giovinetta, l'ultima figlia del defunto, per nome Filomena, spinta da un delirio di affetto, si slanci� da una finestra per raggiungere il padre. Iddio la salvava.
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ODE
(di Domenico de Marchis - ndr)
In occasione dell'esequie funebri celebrate in onore
di D. Raffaele Maida nella chiesa di LUNGRO il giorno 16 novembre del 1957.
Perch� o Lungro, di nere gramaglie Son del tempio vestite le mura? Perch� piangi ? Qual atra sciagura Sul tuo capo la mano grav� ?
Ahi quel carme, quel lugubre canto Qual ti annunzia funesta novella ? Deh mi narra, rispondi, favella, Sorte amara a te forse tocco?
Ahi che morte crudel ti rapia Quei che il crine ti cinse di fiori: T'appendeva ghirlande d'allori, T'allegrava la speme nel cor
. Piangi, o Lungro, sparito � il tuo vanto; Chi t'infiora di canti la vita?
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