Commemorazione di Agostino Casini fatta a Lungro il 24 gennaio 1892
Parte 2^
Invitato il bravo Dott. Giorgio Vaccaro a parlare di Casini scienziato, improvvisò un dotto discorso. Fece dapprima un quadro chiaro dello stato della medicina e della chirurgia al tempo in cui Casini iscrivevasi nell'Università Napoletana; poi parlò degli incrementi che nell'ultimo decennio ebbe la scienza dalla Scuola Napoletana di cui il Casini era un valore; ricordò le miracolose operazioni compiute, con felice audacia dall'illustre defunto e conchiuse facendo risaltare le grandi doti di cuore dell'illustre professore, considerandolo in relazione coi colleghi, coi clienti, e coi discepoli.
Ebbero poi successivamente la parola i signori:
Prof. PIETRO BAVASSO
C
ittadini,Sorgendo a parlarvi di Agostino Casini io non ho la pretesa di tratteggiarvi minutamente e luminosamente la figura del grand'uomo, dell'uomo politico senza macchia e senza paura, del prode soldato, del chirurgo valoroso, dello scienziato insigne. D'altronde Egli vi è noto abbastanza ed io sono molto inferiore al gran compito, perchè le mie forze son fiacche e l' argomento altissimo.. E se parlo, è perchè un dovere mi spinge a farlo, un dovere che non posso e non voglio trascurare, il do:vere di dar l'ultimo addio ad un uomo per il quale ho avuto sempre la più grande ammirazione ed al quale mi legava un immenso affetto ed una imperi tura gratitudine. Ammirazione per il giovane scienziato quarantenne dall' intelletto fortissimo e dalla vasta dottrina che lo preconizzavano onore della democrazia italiana; affetto e gratitudine per il giovane e valoroso chirurgo che mi ha salvato da pericolo gravissimo e che mi ha confortato nei dolori di una lunga e crudele malattia.
Agostino Casini non venne al mondo con la più robusta delle costituzioni fisiche, chè anzi più volte ebbe a lottare con la morte, poiché Egli portava in sè fin dalla nascita il germe di una malattia che parecchie volte mise a repentaglio la sua preziosa esistenza, e, soltanto lo studio sapiente di se stesso, gli diede una buona salute ed un vigore di mente e di' corpo che gli permise di attraversare il brevissimo giro di sua vita. La morte lo risparmiò giovinetto per rapirlo quando s'incamminava nell'apogèo della gloria. La morte lo ha rapito quando la scienza ed il paese aspettavano ancora molto da lui.
La sua vita fu un continuo olocausto, alla patria, alla scienza, all' umanità.
Chiamato per vocazione agli studi scientifici della medicina e della chirurgia, compiuti gli studi secondari nella sua nativa e diletta Cosenza, s'inscrisse nell'Ateneo Napoletano alla facoltà medico-chirurgica.
Ma Egli studente l'epopea del risorgimento d'Italia non era finita ancora. - Alla corona italica mancavano due gemme: Venezia e Roma.
- Annessa Venezia all'Italia., rimaneva Roma. Il governo lasciava che il tempo maturasse la questione romana, anzi un'infame convenzione, conosciuta sotto il nome di Convenzione di Settembre, impostaci da Napoleone mi imponeva al governo italiano di rispettare il territorio del pontefice e di impedire anche con la forza che altri lo assalissero. - Fremevano i patrioti italiani, e Garibaldi vegliava. -Il grido «Roma o morte» fece il giro della penisola. - Quel grido fu la scintilla: l'entusiasmo era al colmo e l'incendio scoppiò terribile; -Garibaldi e i suoi seguaci, da lui capitanati, non tollerarono più indugi, ed erettisi in partito d'azione, divisarono di forzare la mano al parlamento ed al governo sostituendosi all' uopo a loro, se non li avessero ascoltati. E non li ascoltarono. Allora cominciarono i tentativi, i quali cagionarono alla nazione dolori e lutti e regalarono alla storia del nostro risorgimento le più belle pagine, le più care me
morie.- Aspromonte non valse a trattenerli, e il 3 Novembre 1867 a Mentana, le rosse falangi, condotte dal loro eroe, dovettero combattere ad un tempo contro gli zuavi pontificii e contro i soldati francesi, mandati da Napoleone III nello Stato romano, a difendere con le armi il trono minacciato del pontefice. Casini combattè a Mentana e si diportò da eroe. Ma il sacrificio di tanta gioventù non valse a spezzare la catena che avvinceva i fratelli di Roma. Il pontefice continuò ad assidersi sul trono e si credè vieppiù rassicurato;- I volontari, gli eroi giovinetti, col cuor lacero più per l'infelice successo che per il sangue versato si ritirarono.Casini continuò g
li studi prediletti e studiando con intelletto d'amore, col solo ingegno e la ferrea forza di sua volontà, s'apri il passo fra i suoi maestri e trovò fra di essi il suo posto. - Le sue operazioni chirurgiche sbalordivano: aveva tentate e condotte a termine con felicissimo successo le operazioni più difficili, operazioni che nessuno o pochi dei primari italiani e stranieri avevano tentate. Nella stima degli scienziati godeva una delle riputazioni più invidiabili.Ma non meno grande del chirurgo e dello scienziato fu l'uomo, il cittadino. - Vita intemerata., carattere tutto d'un pezzo.
Insegnando nell'Università si faceva amare dai giovani, i quali lo veneravano, e le sue rare doti di
mente e di cuore, la gentilezza dei modi e la squisitezza del trattare gli aprivano una sfera di amici e di ammiratori che si andava ogni giorno più estendendo.Casini era uomo di cuore. La sua attività. ed il suo disinteressato soccorso non cercò mai invano chi ricorse a lui: curava e soccorreva i poveri e gl' infelici.
Intorno a lui la sfera delle simpatie si faceva sempre più grande ed alcuni amici presentarono la sua candidatura per il consiglio comunale di Napoli.- Fu eletto. E qui incomincia per l'uomo politico un nuovo campo di attività. Instancabile sempre, portò nel Consiglio di Napoli la sua parola franca e sicura.
Onesto a tutta prova, col coraggio del retto pensare e sentire, col carattere tutto d'un pezzo e capace soltanto di spezzarsi ma non di piegarsi, alzò alta, altissima la voce contro ogni sopruso ed ogni ipocrisia. Le quistioni più vitali per il popolo napoletano ebbero propugnatore indefesso. Le quistioni sanitarie ricevettero da lui novello e potente impulso. L'igiene ringiovanì tutto il paese, e furono studiati i problemi delle falsificazioni ed adulterazioni degli alimenti e delle bevande. Fece la luce ove prima regnavano sovrane le tenebre. E la sua parola non era platonico sfogo dell'anima sua. Egli non era uno di quelli che hanno sempre pronta la parola ed il cuore sempre chiuso ad ogni sentimento umanitario e la borsa sempre chiusa per la miseria che soffre e che stende la mano: Agostino Casini era più pronto a soccorrere e ad alleviare i dolori agl' infelici che non a parlare ed a dare solamente parole, onde nel 1884, nel cholera, Napoli lo ebbe insieme al fratello, il più instancabile medico ed infermiere. Con suo pericolo grandissimo Egli,era sempre ove il morbo infieriva ma
ggiore, ed i quartieri bassi di Napoli, allora cimiteri e focolai d'infezione, videro Casini stendere le braccia e soccorrere e curare i più bisognosi, molti dei quali strappò dagli artigli della morte. Si vide il fratello, il caro ed amato Eugenio, morirgli sulle braccia, lo accompagnò all'ultima dimora, e soffocando nel cuore e nella strozza il dolore e le lagrime ritornò dove lo chiamava il dovere. Ritornò sulla breccia.Egli aveva amato la scienza, perchè la scienza serve a soccorrere gli oppressi ed alleviare i dolori agli infelici. Egli entrando nella camera di chi soffriva, vi portava sempre quel raggio roseo di luce che emana da un cuore generoso e da un'anima disposta a tutto comprendere e tutto perdonare. « Egli sapeva, come, dice l'illustre professore Mantegazza, che gli scienziati
che lavorano soltanto per se, per il loro laboratorio, per i loro musei, son mezzi uomini o strumenti inconsci della civiltà. Per lo più poi sono ingegni mediocri, che come le donne vecchie ed i pipistrelli, amano la luce oscura per non mostrare i loro difetti. La scienza vera con una mano esplora l'ignoto e ne trae nuovi veri, coll'altra li porge al popolo che soffre e spera. »Egli sapeva che i primi doveri sono quelli verso l'Umanità.
Ma nel Consiglio di Napoli Egli non poteva rimanere senza venire a transazioni col suo carattere ed in mezzo allo sfacelo di caratteri e di coscienze che vedeva attorno a sè, quando vide che con suo onore non poteva più rimanere e che non avrebbe potuto più fare il bene della città, usci con le mani pure come vi era entrato: si dimise e non volle più essere rieletto.
Nelle ultime elezioni politiche noi lo mandammo alla Camera per tutelare e difendere i nostri interessi. E lo mandammo alla Camera con una splendida votazione, e tanto più splendida, in quanto non è stata nè comprata, nè imposta, e se carità di patria non ci consigliasse a tacere, diremmo fieramente avversata. E tacciano i paladini di assurde e pericolose indulgenze, la sua candidatura fu fieramente combattuta.
Repubblicano, Egli accettava il mandato compreso del grande dovere che questo gl'incombeva. Entrò nella Camera con la fede e la speranza nel cuore e più volte la sua voce si alzò potente e sconfortata a ricordare i bisogni della più maltrattata fra le provincie italiane, la nostra provincia, la più maltrattata, ma non per questa meno degna e più delle altre gloriose per patriottismo e per l'ingegno forte e la volontà ferrea e la tenacia nei buoni propositi dei suoi abitanti. Entrò nella Camera e sedette all'Estrema! Sinistra.
Con quali idee entrò Casini alla Camera?' Quale era il suo programma? Il programma della democrazia italiana al quale aveva fatta piena e completa adesione. La questione economica e sociale: ecco, o signori, il suo programma.
Se dovessi parlarvi delle idee di Casini, riguardo: alle due quistioni, economica e sociale, andrei troppo per le lunghe: ve le dirò con due parole dello stesso Casini, parole che Egli, in questo stesso locale qui riuniti, e son passati appena tre mesi, ci diceva con quella sua fatidica voce, con quella dolce e cara voce che ci affascinava e ci strappava gli applausi frenetici, con quella voce che ora è muta nei secoli. Egli ci diceva, e credo che tutti lo, ricordino, che allora soltanto si potrà vedere il benessere del nostro paese, quando non più l'Agente delle tasse sarà l'eterno ed insaziabile vampiro che senza tregua ci succhia il sangue.
Entrò nella Camera in un momento di suprema crisi economica che sta attraversando il nostro paese ed accettò per il bene della patria il programma delle economie. Ma Egli l'economia non l'intendeva che come un mezzo per scongiurare alla Patria nostra un estremo pericolo, il fallimento, capitombolo fatale e terribile dal quale non ci saremmo più rialzati. Egli intendeva per economia. ogni provvedimento che importasse un alleviamento di spese per ì contribuenti, ma quando vide che le economie si risolvevano in un rimaneggiamento, che lungi dall'alleviare, accresceva gli oneri, e quando vide che l'economia si faceva consistere nel mutilare il bilancio riguardante le strade della nostra provincia, si ribellò e protestò altamente. «Io distinguo economia da economia, diceva al Ministro dei lavori pubblici, e non posso ammettere come economie il risparmio che un ministro può fare di un milione, mentre questo milione economizzato si risolve ad un danno materiale di più milioni per i cittadini e, quello che è più, ad un danno morale. Ed io non vorrei dire quale danno abbiano fatto ai lavori pubblici in Calabria, e quale disastro rappresentino per la provincia di Cosenza, le economie proposte e votate. L'economia che trascura bisogni urgenti, lungamente sentiti, lavori reclamati, attesi, trascurati è danno materiale e danno morale che avvilisce». E soggiungeva che in Calabria ci è una grande redenzione da operare e sarà immortale l'uomo che tenterà quest'opera di redenzione.
La quistione sociale poi era quella che Egli studiava con interesse maggiore e per la quale escogitava dei mezzi per darle una felice soluzione. In questo stesso locale Egli ci dimostrava i danni del latifondo e del feudalismo e ci prometteva di combattere per la rivendicazione di ogni diritto e per la bonificazione e colonizzazione dei luoghi incolti.
Signori, unica volta che era tra noi sbocciato un fiore non profanato e non guasto, ma puro, ma immacolato, è morto sul nascere. Con la sua morte la più gran perdita nom l'ha fatta soltanto la scienza, l'abbiamo fatta, e molto più grande, noi altri sventurati calabresi.
Con lui muore il prode soldato, il parlamentare integerrimo, il difensore della verità e della giustizia.
La sua vita è altamente educativa: sappiamo trarne esempio.
Fra breve saremo chiamati alle urne per dargli un successore. Inspiriamoci in Lui, in quel carattere inflessibile e in quella coscienza pura. E se dovessimo allontanarci dai suoi principi sarebbe meglio che ci astenessimo, perchè ciò significherebbe che dall'apostolato e dalla vita altamente educativa dell'illustre estinto, noi non abbiamo saputo trarre alcun profitto, ciò significherebbe che noi, plaudenti ieri Agostino Casini, lo abbiamo oggi dimenticato, ciò significherebbe che la libertà non è fatta per noi perché ancora non ne siamo degni, ciò significherebbe che noi non abbiamo saputo raccogliere l'ultimo suo sospiro, ciò significherebbe che i calabresi non sono più calabresi.