Commemorazione di Agostino Casini fatta a Lungro il 24 gennaio 1892

Parte 6^

 

Prof. Camillo VACCARO

 

Leggo negli occhi vostri una spiegabile, onesta stanchezza. Sette discorsi, per quanto ben pensati e brillantemente esposti, son sempre sette e non è proprio necessario che diventino otto. Dovrei io quindi prudentemente rinunciare la parola. Ma, poiché in questo momento il mio cuore pulsa e non ragiona, io parlerò -promettendo per altro di non fare che poche considerazioni generali, in ordine specialmente al valore morale della commemorazione presente.

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Agostino Casini, il gigante della scienza, il più valido ed onesto dei nostri rappresentanti politici, pur troppo non è più. Il grande cittadino, senza paura e senza macchia, che ebbe il merito sublime di accelerare più d' una volta, nel secolo della cambiale, i battiti del nostro cuore, e che noi, rapiti d'entusiasmo, salutavamo vendicatore e riabilitatore della trascurata provincia nostra, pur troppo è morto. Ed è davvero ben triste quello che c'impone questa sera di rinnovellare il nostro dolore disperato; ma è dovere santissimo e noi, comunque col cuore spezzato, finiremo di adempirlo quel dovere.

Ma intanto, qual è il significato della presente commemorazione? - Certo non ci siamo noi qui riuniti per versare lagrime infeconde sulla morte di Casini immatura; e tanto meno per infliggere impunemente, noi del Comitato, a voi, cittadini rispettabilissimi, la prosa nostra, le nostre rettoriche esplosioni. Lagrime e retorica suonerebbero irriverenza ed ingiuria alla memoria del Casini, la cui vita fu coraggio ed azione. Significato ben più serio, ben più nobile, ben più degno, ha la riunione nostra. Noi siam venuti qui per rifermarci e ritemprarci negl'ideali nobilissimi dì patria ed umanità, molto bene lumeggiati dagli oratori che mi hanno preceduto, e che ebbero in Casini; una cosi splendida incarnazione. Ma sì! La più degna onoranza ai nostri grandi morti è la prosecuzione dell'opera loro. Chi dunque, uscito da questa sala, credesse di poter tutto impunemente dimenticare, dimostrerebbe dì non avere la coscienza e il coraggio delle proprie azioni.

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E della natura dei veramente grandi, degli eroi, il non rivelarsi integralmente alla società se non dopo la loro dipartita. « Infatti, dopo morti - son più vivi di prima.» Pertanto l' eroe nostro, che fu veramente grande, va paragonato ad un prisma di cristallo iridescente, le cui faccette luminose rispecchino altrettante virtù, Voi l'aveste davanti quel prisma, voi lo miraste in tutti i sensi, eppure non vi riuscì possibile, non potea riuscirvi possibile di raccogliere in visuale unica, con un solo sguardo, tutte lo radiose facce sue. - Ma ora, o signori, il cristallo purtroppo si è rotto, l’eroe Casini, è morto; e noi abbiamo il triste conforto, la dolcezza amara, amarissima, di apprendere dai giornali che Egli, l’eroe, era ancor più forte e generoso dì quanto noi lo credevamo e che, insomma, Casini era migliore di Casini.

Ed invero, posta ora nella sua vera luce,la figura dell'illustre defunto ci si rivela come una sintesi, un’armonia delle più sante virtù.

E voi non avete ancora finito di piangere in Lui l'illustre chirurgo di fama europea, il repubblicano convinto, senza dubbi e tentennamenti, ma pur sempre equilibrato e galantuomo; non avete finito ancora di deplorare la perdita del deputato più attivo, più coerente, più popolare, più onorevole del nostro Collegio – che i giornali d'ogni colore vi chiamano ad ammirare in Lui il diciottenne giovinetto garibaldino, sfidante a Mentana il piombo delle chiavi esecrate; e la segreta provvidenza e il medico generoso, in ogni tempo, dei bisognosi e degli ammalati, e l’eroe del colera di Napoli – eroe fino al sacrifizio dell’unico fratello suo, che Egli compose in fretta nella bara per rivolare, arcangelo di salvezza, in aiuto degli altri fratelli suoi, i sofferenti (ed è così, o leviti, che si serve Iddio!); e il fiero consigliere del Municipio di Napoli, dalle collere purificatrici; e 1’uomo grande e modesto - modesto perché veramente grande - a tutti accessibile, protettore di tutti che a lui si presentavano, e specialmente de' suoi Calabresi ch'egli tanto stimava, ch'egli tanto onorava! - Che altro mancavagli, dunque o signori? 

- Vivere, mi rispondono gli occhi vostri!

- Vivere, ripete il mio cuore esulcerato.

E Casini è morto!

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Se non che Egli, morendo, ci lascia grande eredità di affetti e d’idee.

Conserviamola intatta, religiosamente, quest'eredita; e sia dessa come il sale – efficacemente citato dal Vangelo - che ci preservi dall'invadente corruzione.

Io mi rivolgo a voi, giovani, dalle vergini durature impressioni; io mi rivolgo a voi, padri di famiglia, cui le eccessive propensioni finanziarie non hanno incartapecorito il cuore; io mi rivolgo a voi tutti, cittadini integerrimi, che nel nome di Casini splendidamente e coraggiosamente vi affermaste: e grido commosso: in alto, in alto i cuori! Che le lotte del domani ci trovino degni del Casini e ci lascino in Lui degni. Sia la eco non ancora spenta del rovente discorso pronunciato dal Casini in questa sala medesima, un monito solenne e persistente nella memoria nostra, che ci sconsigli le disinvolte evoluzioni opportuniste, l’omaggio e gl'incensi al Dio dell’ora  e dell'oro; e c'imponga invece quel costante rispetto a noi medesimi che chiamasi carattere.

Valgaci  d'esperienza poi, o giovani di età e di ideali, la presente sventura, perché noi sappiamo in avvenire conoscere e seguire in tempo i nostri duci, i nostri rappresentanti; dappoichè è straziante il dirlo, ma è così:  

 

«Muor giovane colui che ai giovani è caro! »

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O nobile professore!

Voi concludevate il vostro splendido programma del 1886 con le oramai storiche parole «che non si cade quando si cade con la propria bandiera.»

Santa, memorabile sentenza!

Ma la bandiera, che, ora, voi, cadendo veramente da eroe, ci riconsegnate immacolata, a chi l’affideremo noi?

Certo i pretendenti non mancheranno!

Ma dove, dove un vessillifero degno della luminosa tradizione vostra?

Avanti, voi avvocati, senza cause, dalle coscienze elastiche, occhieggianti mefistofelicamente la medaglina,  come a talismano per l'ascensione al potere purchessia!

Avanti, voi proprietari e blasonati, dalle pance nitide in cravatta transitoriamente rossa e pencolanti tra la pietà ipocrita e la vendetta sorda, spietata, implacabile verso la legione dei proletari invadente!

Avanti, voi non sempre veri patrioti del jeri, ma certo, ma instancabili evocatori e sfruttatori, dell'oggi!

Avanti, voi ... ma avanti tutti, somma!

Imperocché, chi, o signori, chi non crederassi ora degno di sostituire l'illustre Casini?

Avanti, dunque! – Un programma a tinte forti, dieci mila lire, mille telegrammi, cento emissari, dìeci vergogne, un eletto; e il fosso è saltato. Quando poi  si è di là … gran bell'ingenuo, quel Casini, colla sua coerenza!

Questi i fatti ed i fatti della nostra provincia. 

Ma nel cuore nostro di fieri giovani calabresi, nel cuore di questa eletta cittadinanza, cui tanta simpatia vi legava, o professore, resterà sempre viva la fiamma accesa da voi! E quando il dovere ci richiami alle urne, noi non più vi accorreremo festanti, dappoichè non più ci sarà dato di scrivere sulla scheda, a caratteri di scatola, come sfida ai fulmini superiori, e baldamente, ed orgogliosamente, il vostro intemerato  nome! 

 

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Pronunziò poche parole, in fine, anche l' operaio Rocco Ferraro.

 

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Finiti i discorsi, mentre la Musica intuonava il magico Inno di Garibaldi, si redassero vari telegrammi per giornali ed uno affettuosissimo all'inconsolabile genitore del Grande commemorato.

 

Il vecchio stenografo.