DOMENICO DE MARCHIS
Parte 4^
Cappella di San Leonardo
In un ameno sito pari distante dal Comune, e dalla salina esisteva una Cappella d'istituzione filiale della Parrocchia, dedicata a San Leonardo, di cui non ci fu dato fissare l'epoca della sua fondazione. Attaccate alla stessa dal lato di mezzogiorno eran fabbricate due stanze a pian terreno, le quali prestavano ricovero ad un Oblato, che il parroco eliggeva per la tenuta del sacro locale.
Allorché in aprile del 1833 il nostro Augusto Sovrano si degnò di visitare la salina, ed onorare il Comune di sua Real Presenza, tutt'i lavorieri sommamente devoti del Santo, gli umiliarono le loro suppliche, ond'esser facoltati ad erigere a proprie spese un Santuario più decente del Serafino di Mascale, e la Maestà Sua, Con quella bontà che tanto la sublima, si degnava appagare la religiosa richiesta.
Si vacillò per qualche tempo sulla scelta del luogo, designando alcuni per Sito lo stesso recinto della salina; ma nel 1842 il barone Fava Direttore della stessa prescelse la località dell'antica Cappella, talché censito dal clero il fabbricato ridotto a un mucchio di rottami, pose mano alla costruzione ed avrebbe scorto con esultanza il compimento del novello edilizio piazzato sul laterale della pubblica strada, se per motivo di traslocamento, non avesse abbandonata la residenza.
Sotto la gestione del direttore funzionante signor Salvatores compivasi l'iniziata costruzione, e nel giro di due anni il Santuario coi suoi splendidi ed alleganti arredi toccò il suo termine, eccitando ammirazione a chiunque si mostra vago di contemplare dappresso il Sacro locale. E vi spicca fra altri mirabilmente il quadro del Santo dipinto da valente artista napoletano, effigie a cui non manca , che il movimento e la parola , onde riputarlo un vivente Cenobita nell'atto di staccarsi dalla tela per scendere sull'Altare che gli sta ai piedi. Ebbe di mira il Pittore, come il Guercini, d'improntare al disegno un rilievo molto pronunziato, seguendo in ciò la massima di Michelangelo, il quale scrivendo ai Vachi, gli diceva « La pittura migliore secondo me è quella che più tende al rilievo.
Per effetto delle incessanti premure dello stesso funzionario, venne la Cappella dichiarata di Regio patronato, ed un sacerdote Latino vi celebra le funzioni nelle festive occorrenze. La provvida misura di affidare il Sacro Delubro alla Sovrana protezione, assicura il suo decoroso mantenimento, ed ispira ferma speranza di ulteriori miglioramenti , che potranno. conseguirsi dalla Regia Munificenza. Finalmente varcano ormai quattro anni, che si ottenne l'autorizzazione di celebrarsi una fiera nel di festivo del Santo, e la concorrenza dei speculatori sperimentata in si breve intervallo, allegra la fiducia di un prospero avvenire ad incremento del commercio, che, tutto ridonterà al bene del Comune.
L' egregio legista D. Raffaele Maida, uomo chiaro per svariata, e solide dottrine componeva l' iscrizione latina, che si legge sul d'avanti altare, di che mi gradisce farne cenno, onde rendere un omaggio al mio illustre compatriota, a cui dall'infanzia mi legava cordiale affetto di sincera amicizia: e quei bei giorni sono cari alla mia memoria, nè da essa portò mai sbandirli ! -Shakspeare.
CAPITOLO IV.
Chiesa Parrocchiale
La chiesa Parrocchiale eretta dai primi Albanesi nel Comune di Lungro non era più atta a contenere la popolazione, che vi accorreva alla celebrazione degli augusti Misteri di nostra S. Religione, e conveniva quindi o ampliarla , o costruirne un'altra di maggior capienza. Ma con quali risorse affrontare le spese, mentre lievissima rendita, ed appena bastante a sopperire i bisogni del culto traevasi dai beni della Chiesa? La sola voce del curato Damis, soggetto per quanto chiaro in svariate conoscenze, altrettanto caldo di vero spirito Ecclesiastico, diffuse l'elettrica scintilla ad accendere la divozione dei suoi filiani, onde offrire spontanei doviziose largizioni per la erezione del nuovo Tempio. Spiegano gli affetti nel petto dell' Albanese una violente possanza , in guisa che dietro l'impulso della prima scossa, ne risente per anni la di loro imperiosa influenza. In agosto quindi dell'anno 1773 si gettavano le fondamenta della nuova Chiesa e la sola pietà dei fedeli ne sostenne con fermezza l'ingente spesato, perché si volle un Sacro Edifizio che se non primeggiasse, fosse almeno tale, da occupare un posto distinto tra i più grandiosi, che adornano il distretto. Ed a rimembranza dei posteri, se ne rediggeva apposito istrumento per notar Angelo Mattanò, oggi conservato nella Scheda di D. Vincenzo Laurito.
A solo scopo di far meglio risplendere fino a quale estremo toccava il religioso entusiasmo degl'indigeni in riflesso alla nuova Chiesa, trovo opportuno consacrare alla ventura rimembranza il seguente fatto.
Nel 1822 l'ordinario di Cassano M. Cardosa interdiceva l'antica parrocchia minacciante rovina su vari punti, e addivenuta indecente al culto Divino; imponendo che si aprisse alle sacre funzioni il nuovo Edifizio ancorché d'incompleta costruzione. L'ordine diffuse l'allarme negli abitanti, perché in esso appena la crociera scorgevasi coverta, mentre l'intera navata, ed i laterali erano dischiusi all'aria aperta, e non atti a pronto riparo. Il comune si vidde assimilato agli antichi cristiani, i quali manomessi dalle feroci persecuzioni degl'Idolatri, erano astretti di erigere un altare o nelle Valli romite, o nelle luride spelonche, onde offrire all'Altissimo le calde preci del cuore. Ma un tale avvenimento ben lungi d'infievolire la divozione dei Cittadini, servì anzi di sprone a renderli più fervidi nelle generose oblazioni, talché nel giro di soli lustri, il Sacro Tempio pervenne alla quasi perfezione; eppure vi fu d'uopo della spesa di più migliaia, tutta ritratta dalla pietà degli abitanti!
Sull'Arco Maggiore si legge la seguente iscrizione:
PIETATEM CONTERRANEORUM FOVENTE
RERERENDO ARCHIPRESBITERO D. GABRIEL DE MARCHIS,
PAULUS ANSELMI
ALBI OPERIS NITORE AD ARCHITECTONICIS REGULAS
TEMPLUM HOC DECORABAT
AN. DOM. MDCCCXXIX
La Chiesa è servita da un clero ricettizio innumerato, sotto la dipendenza dell' arciprete, che nelle vacanze nomina il Vescovo di Cassano, previo Canonico Concorso.
Sin dai tempi primitivi il Comune contribuiva ai sacerdoti pel loro decoroso appannaggio le Decime Sacramentali - personali che, ripartivano tra loro in rate uguali, accordandosi però sulla massa un di più al parroco come quello che aveva altri obblighi da adempiere: ma avendo il Governo abolito un tal sistema di percezione, si è surrogata in commutazione una somma, che fa parte degli esiti dello stato finanziero, che del pari si scompartisce nella su riferita proporzione.
Dietro l'esposizione di tai falli, agevole riesce sotto la scorta delle Canoniche disposizioni, determinare il jus Patronato del Comune sulla Chiesa Parrocchiale novellamente costruita. "Pluribus vero modis jus patronatus adquiritur, quorum potiores sunt Ecclesiae fundatio, sive constructio, et dotatio. Et fundatio quidem, qua jus patronatus adquiritur est Ecclesiae aedifìcatio, que contineat dotationem; vetant enim Canones Ecclesiam aedificari, nisi prius satis redituum alendis Ministris, et sustinendo religionis exercitio tribuatur ctc. ctc." V. Can. 26, cap. 16, quist. 7, Can. 9, dict. tit. de Consecrat. V. Fran. de Roye ad tit. de jur. patr.
Ora la parrocchia venne fordata e costruita a mezzo delle sole oblazioni dei Lungresi; i sacerdoti alimentati a spese dei medesimi mercè le decime sacramentali-personali; le spese del Culto sostenute dagli abitanti tanto per effetto di rendite costituite, ed ora assicurate con ruolo esecutivo, quanto con le annuali pie raccolte in olio, seta ed altre dcrratec; quindi sembra dimostrato a rigore dei Canoni, che il Comune debba considerarsi il vero, e legittimo Patrono della chiesa Matrice.
Intanto è da lamentarsi acremente l'incuria de' nostri antenati, i quali dispregiarono di assodare giuridicamente un tal dritto sin da che provocarono il Regio Assenso per la erezione della medesima; e mentre sostennero una ingente spesa; assoggettarono la popolazione alla gravezza delle decimc, soggiacquero alla perdita del privilegio annesso alla prerogativa del patronato, e si è tollerato, che la sede vescovile della Diocesi avesse prescritto di eliggere il parroco senza proposta del Comune, poiché nel cap. 24 delle Estrav. de elect. trovasi statuito, che quadraginta annorum possessione, bastano a privare il Patrono della sua facoltà. Il Fleurì sul proposito sostiene nella sua Canonica, che un tal dritto svanisce ben anche col non uso, si ordinarius est in possessione libere conferendi- Sono pur troppo legali le ragioni che si opporrebbero al Comune, nel caso volesse tentare la revindica del perduto privilegio, ed io non saprei in forza di quali eccezioni si potesse elidere l'efficacia della compiuta prescrizione.
In dicembre del 1830 Mons. Vescovo di Cassano imperava al Parroco di Lungro di serbare nello stesso Sacro Ciborio della Matrice la Pissida Latina, onde si amministrasse la Santa Eucaristia in Azimo a tutti i professanti il medesimo rito dimoranti nel Comune, e la trasgressione sarebbe stata colpita dalle pene canoniche e civili. Una disposizione cotanto inattesa diffuse l'allarme nei cittadini, i quali male valutando il motivo, che la dettava, l'interpretavano come pretesto, onde sopprimere il rito greco, per lo quale gli Albanesi vivon gelosi, e pronti ad ogni difesa per serbarlo nella primitiva integrità.
Si avvidde ad un tratto il Parroco della triste posizione, in cui si collocava, aderendo senza contrasti agli ordini ricevuti, quindi infervorato da caldo zelo, riferiva al Vescovo, che gli fosse gradito rivocare la imposta disposizione tanto contraria alla bolla Etsi Pastoralis di Benedetto XIV, la quale contiene l'espresso divieto di conservarsi nello stesso Ciborio le due Pissidi, divieto che si estende per fino ad un Altare della medesima Chiesa. Esser basata tal Pontificia sanzione sul potente riflesso di eliminare lo scandalo religioso, che spontaneo insorgeva, poiché il greco non curando l'Altare latino, si volgerebbe a prestar adorazione alle specie fermentate, ed il latino di rimando operare in opposto senso. Sveglierebbe ciò l'idea di uno spaventevole Dualismo, poiché il greco, e il latino entrando nel Sacro Tempio, correrebbe ognuno in cerca del suo Dio particolare, così che scrollata la base della vera credenza sorretta dall'assoluta unità dell' Eterno Creatore, un pestifero soffio di novella Eresia si espanderebbe a contaminare la purità di nostra Santa Religione. Che vano risulterebbe lo sforzo diretto a convincere i filiani insinuando loro, che si trattava del semplice rito, e non del domma, dappoiché il popolo avvezzo a mirar le cose pel lato sensibile, e ben di rado pel verso della ragione, non si piegherebbe di buon grado al vero, che gli si vorrebbe ispirare, e quindi sicuri sconcerti eran da temersi nel Comune, di cui il Parroco intendeva svincolarsi da ogni risponsabilità - In fatti, chi impone freno alla furia popolare? Una impercettibile scintilla sveglia l'incendio di un tumulto, e si sà che il disordine civile non è soltanto un conflitto d'interessi; ma anche una lotta d'amor proprio. Supplicava infine con quell'apostolico fervore, che infiamma il petto dell'uomo di Dio; che trattandosi di un divieto rinchiuso nella legge Pontificia, v'era d'uopo di un'altra Bolla derogatoria, non avendo potestà l'ordinario di elevarsi al di sopra del Sommo Gerarca, a cui solo competeva la facoltà legislativa 1.
Il Marchese Tommasi, che con tanta solerzia sosteneva allora l'ecclesiastico Ministero, ed alla cui conoscenza fu d'uopo rassegnare la quistione, vi scorse tutta la delicatezza, con che importava maneggiarla, poiché male si addiceva contrariare una popolazione in fatto di credenza, e non prestare omaggio alla Bolla Pontificia, quindi con autorevol foglio di gennaio 1831 invitava il Diocesano alla giustifica, ed egli stimò prudenza di non più ribadire sulla esecuzione de' suoi ordini, e l'affare rimase per intero assopito.
Reputai pregio del lavoro il rannodare tra i fasti della matrice Chiesa il descritto avvenimento, perché se nello svolgimento degli anni, gli ordinari della Diocesi volessero riedere alla medesima pretesa, possa il Clero di Lungro diffendersi allegando il fatto compiuto da non ammettere ulteriore disame.
Cappella del Carmine
Il Convento del Carmine eretto nel 1608 dal Sacerdote D. Antonio Cortese, di cui ho tenuto discorso, ebbe esistenza fino a che la voce dell'audace conquistatore non dichiarava soppressi tutti gli ordini religiosi del nostro reame, e devoluti al Demanio gl'immensi belli, di cui eran stati dotati dalla pietà dei fedeli. Il fabbricato concesso a prestazione annuale, venne alla perfine convertito a Campo Santo, unito ad una tangente del giardino attaccato alle mura, in guisa che nulla rimane di quel Cenobio, tranne la Chiesa, ove un Sacerdote stipendiato dal Comune impartisce la benedizione ai trapassati prima di collocarsi nel sito dell'ultimo riposo.
Grande è stata, e tuttavia si mantiene la divozione, che gli abitanti di Lungro nutriscono inverso la SS. Vergine del Carmelo, e con fervida, ed entusiastica pompa solennizzano il di festivo nel 16 luglio di ciascun anno.
Fin da che il Monastero si apriva ai Padri Carmeliti, vi s' introdusse una fiera, la quale durante la loro permanenza nel Convento, celebravasi nello spiazzo innanzi la Chiesa. Ora si è trasferita nell'ingresso del Comune, perché quel locale, come si disse, fu destinato a ricevere le spoglie dei defunti.
1 Quel Parroco era D. Gabriele Demarchis, attual Vescoco di Tiberiopoli.