DOMENICO DE MARCHIS
Parte 5^
Chiesa di S. Maria ad Fontes
Gli antichi abitanti del Casa le di Lungro avevano costruita la loro Cappella dedicata a S. Maria ad Fontes; ma allorquando il Conte di Bragalla nel 1156 disponeva darsi principio alla erezione del Monastero, si prescelse la stessa località, quindi quel Santuario decorosamente ampliato, serviva ad un tempo ai monaci, ed agli indigeni divenuti Vassalli dei medesimi.
Soppresso il Monastero, quella Chiesa vi rimase aperta al Divin Culto, fino a che il tempo distruttore, il quale incalzando il suo corso, addenta e distrugge le opere dell'uomo, non ebbe adeguato al suolo l'intero Cenobio, in guisa che al presente non vi si scorge neanco un abbietto rottame. Avesse almeno la sua inesorabile potenza rispettato la Cappella, affinché lo sguardo del Culto osservatore spaziandosi ad interrogare qualche iscrizione su gli affreschi delle pareti, o altro simbolico segno scolpito in qualche lapide, gli fosse dato attingere delle nozioni da interessare le nostre filo logiche ricerche, ritenuto il principio, che sterili, ed ischeletrite rimangono le idee del presente, quando noli sono fecondate dalle conoscenze del passato.
Fuvvi allora, che il Commendatario Colonna Stiglianli sentì il bisogno della Costruzione di un nuovo Tempio alla Vergine Assunta in Cielo, la quale prestava il nome alla Badia a lui concessa, e ne affidava l'incarico al suo Cappellano D. Antonio Demarchis di eliggere il sito, ed imprenderne la cura della esecuzione. Nel 1776 la Chiesa Badiale toccava il suo termine; ma l'incaricato Demarchis, che tanta solerte attività spiegava a far progredire l'opera, non ebbe il bene d'inaugurare il sacro locale con le prime funzioni, poiché colto da morbo letale, un'anno innanzi passava ai godimenti dell'eterna vita.
Il nuovo edifizio di semplice architettura ad una sola Navata, sito in ridente luogo alle mura dell' Abitato, avea la porta d'ingresso verso levante, e lo spianato dominava l'esteso orizonte, che vien limitato dalle acque dell'Jonio. In esso tre altari eran destinati all'incruento sacrifizio della Messa, spiccando sul primo l'efiigie dell'Assunta, sul secondo la Madonna di Loreto, e sul terzo l'immagine di S. Attanasio, in atto che calpestava la sacri lega cervice di Ario in segno di trionfo, dopo aver fulminato con infiammata eloquenza nel Niceno consesso, l'errore dell'empio Eresiarca. Tutti e tre detti quadri, uniti ai Sacri arredi, vennero spediti da Roma dall'Eminentissimo Colonna; ma ad onor del vero, quantunque dipinti nella sede delle belle arti, pure reputavansi nulla pregevoli per concetto di stile, per attitudine di forma e disegno, e per nessuna eleganza in sviluppo di panneggiamento.
Al trapasso di quest'ultimo beneficiato, devoluta la commenda al Real demanio, la nuova Chiesa Radiale rimase priva di stipendiato cappellano, ed il clero solennizzava il di festivo dell'Assunta, onde serbare ognora fervida la divozione dei cittadini verso la primitiva Protettrice del paese.
La mancanza di propria dotazione, e l'infervoramento sempre crescente per la costruzione della nuova parrocchia corrispondente alla popolazione in progressivo aumento, furon motivi, che contribuirono al deterioramento nell'edifizio badiale. Nè si badava a riparazioni , perchè il disegno artistico del novello Tempio dettava l'atterramento di quel locale, come sito in punto da impedire la prospettiva, e lo sviluppo della gradinata, che pel lato delle porte maggiori, veniva indicata a compimento del frontespizio richiesto dall'assieme degl'intrapresi lavori. Ed allo scopo di poter liberamente disporre del locale a tempo opportuno, nel 1810 il Corpo Municipale, ed il clero reiterarono premurose istanze, e l’ottennero da chi allora reggeva per violenta usurpazione i destini del regno.
Reintegrato Lungro all'esordire dell'anno 1820 nella prerogativa di Capo Circondario, gli convenne occorrere al bisogno della erezione delle prigioni, e si avvalse del piano superiore di detta Chiesa, scompartendolo nei rispettivi locali atti alla custodia dei detenuti. Tutto il vano della Navata inferiore si addisse a Teatro, ove i comici offrono allo spesso agli abitanti il diletto della commedia, e non di rado i culti giovani del paese si esercitano nella declamazione rappresentando delle opere drammatiche.
Sul frontone della porla d'ingresso si vedeva scolpita sù pietra viva una elegante iscrizione latina, esprimendo in tersa dicitura, il tempo che la Chiesa si completava a spesa del porporato Commendatario; ma negli ultimi ristauri, il frontone è scomparso, involato forse per convertirlo a materiale di fabbrica da chi nulla apprezzava il pregio monumentale|
Vi esistono due altre Cappelle filiali della parrocchia, una dedicata alla Vergine di Costantinopoli dipinta in sulla pietra levigata da greco pennello, sita nell'ingresso del paese dal lato del fiume Tiro, e l'altra di S. Elia giacente sul ciglio della strada che verso il Nord conduce alla Montagna. Rimontano ambedue ad epoca antica, ed eran dotate di propria rendita, oggi aggregata alla Matrice, la quale assume la cura della di loro manutenzione.
Illuminati i greci dallo splendore della vera Credenza, perchè furon tra primi ad accogliere la divina voce del Vangelo, forse per non dissuefarsi ad un tratto dalle usanze del Politeismo, la di cui deforme ritualogia prescriveva innalzarsi dei Tempi alle campestri Divinità in vari siti del proprio agro; pensarono costituire agl'Idoli abbattuti dalla fede, gli Eroi del Cattolicismo, erigendo ad essi dei Sacri monumenti come se gli affidassero la custodia, e prosperità del loro retaggio. Quindi i progenitori seguendo la greca assuetudine, pratticarono lo stesso, ed in compruova nella contrada Musici esisteva la Cappella di S. Sotiro; nei giardini sottoposti al paese v'era quella di S. Ippolito; al di là delle Fontanelle una di S. Venerdì; poco distante dal paese quella di S. Pietro: e lungo detta linea, un'altra in onore di S. Fandino, le quali tutte rimasero preda del tempo, e neanche i ruderi vi si scorgono, onde svegliare nell'animo 1'idea della loro passata esistenza.
Un ultimo prblema ha incessantemente occupato l’animo mio sul presente lavoro, che indarno tentai risolvere ed è il seguente.
Geronimo Sanseverino, allorché: generosamente condonava gli arretrati agli Albanesi di Lungro, si avvalse della seguente espressione nella carta baronale del 1486; “Quum Albanenses, sive Graeci multi convenisscnt ad habitandum in Casalibus Ungari, et Sancti Angeli in tenimento Altimontis etc. etc.” dicitura, da cui risulta spontaneo il significato della esistenza di due Casali nello stesso tempo, ed ambi abitati da Albanesi; ma per quanto con solerte impegno la mente si affatica slanciarsi nel passato, ed abbracciare i secoli col pensiero, onde scovrire le orbite segnate nello spazio dalle umane vicissitudini, altrettanto si rimane scorato, allorché i risultati sfuggono dalle nostre ricerche. Negare recisamente la esistenza del medesimo, s'incontra l'ostacolo della Carta di Bisignano il quale come barone di Altomonte , non poteva ignorare, che tra suoi possedimenti feudali si annoverava anche il villaggio di S. Angelo. Ammetterla con certezza, s'infrange il metodo di ben fissare le cose passate mancanti di qualche segno Archeologico, che guidasse la mente del culto osservatore. Quindi nella incertezza, in cui vacilla il giudizio, è mestieri ricorrere ad altro argomento atto a prestarci un bandolo, onde risolvere il quesito in parola. Ha potuto avvenire, che gli abitanti di S. Angelo di numero troppo ristretto, prescelsero unirsi ai loro compatriotti di Lungro, in guisa che abbandonati quei mobili tuguri, nessuna traccia di essi ci ha serbato la ferocia del tempo.
Il territorio di Lungro offre in svariati siti delle traccio di gesso, di talco, e di pietre commiste di cinabro. In un strarupato vallone discosto circa mezzo miglio dal Comune, si scavano con facilità delle conchiglie di mezzana grandezza. Esse a giudizio degli intelligenti fanno parte di quella specie, che genera e vive nell'acqua dolce.
Lungro nello stato odierno
A colui, che voltando il tergo all' Ionio, spicca curioso lo sguardo al lato dell'Ovest, gli si presenta Lungro come un semicerchio sedendo alla base arenosa delle svelte colline. che s'innalzano a ridosso , tutte solcate a spessi burroni ingenerati in quelle località dalle piogge, che straripando a torrenti, scendono in vari punti dell'abitato. Lo spettatore si sente scorrere per le fibre un brivido di spavento nell'osservare tale pericolosa situazione da compromettere l' esistenza del Comune, se allo imperversare di qualche Uragano si aumentasse il volume delle acque.Esse invaderebbero a perpendicolo il paese, il quale rimarrebbe notabilmente danneggiato dai banchi di arena smossi dalla furia della tempesta. Eppure eran più previggenti i nostri antenati, che lungi dal permettere qualsiasi dissodamento, in queste scoscese pendici, sforzavansi anzi a tutta possa di promuovere il rimboschimento; quando che ora al contrario si permette ogni coltura, nulla badando al disastro che ci sovrasta. Una costante tradizione ritiene, che tutta quella strarupata distesa era coverta di alberi di alto fusto. Che nella erezione dell'antica parrocchia ora scrollata al suolo, e probabilmente nell'anno 1517 , tutto il legname inservito alla stessa fosse stato ivi reciso. L'ingordigia di fruire per pochi anni il prodotto della semina, spinse l' improvvida mano del contadino ad abbattere quegli alberi, del pari che atterrare con criminosa violenza in tempi posteriori la difesa della porticella tanto nella tangente Comunale, che nella quota del Barone. Rimosso quindi ai terreni il sostegno delle radici, dei tronchi e l' ostacolo, che al primo impeto delle piogge presentano i rami, le acque si precipitano con rapida violenza per le scoscese balze, ed involvono tra vortici le coltivate proprietà. -Alla medesima cagione fa d'uopo attribuire la frequenza dei fulmini nelle vicinanze del Comune, per cui da qualche anno si deplorano delle vittime immolate in spaventevol modo; poiché le cime degli alberi attraendo l'elettricismo, impediscono fino ad un certo punto l'agglomeramento, causa del fenomeno: ovvero operando da parafulmini, attirano la folgore obbligandola ad inviscerarsi nella terra precipuo serbatoio di questo misterioso, e formidabile agente della natura. Avviene quindi che le località prossime alle foreste o del tutto, od in massima parte sono preservate da un tale flagello.
Dal ritrovarsi il Comune ricinto da tutti i lati da private proprietà, ha impedito al fabbricato un maggiore sviluppo, talché esso ha dovuto ampliarsi in altezza riducendosi a vari piani le esistenti abitazioni. Per questa cagione il paese non offre dei palazzi regolari in ordine ad una ben'intesa architettura, meno che nel prosieguo non si erigesse qualche d'uno di perfetta pianta.
Il terremoto tanto frequente, ed intenso nelle Calabre regioni è stato mai sempre innocuo per Lungro, in guisa che nelle svariate epoche che questo orrendo flagello ha rinnovato il suo distruttivo furore , neppure notabili lesioni si osservarono nei fabbricati.
Riflettono alcuni, che i profondi scavi della salina al sud-est del paese formino una barriera atta a sviare la corrente elettrica, e da ciò divergendo la comunicazione della scossa, resti il Comune preservato da ogni conseguenza luttuosa, mentre il movimento in esso si comunica per laterale diramazione. Altri, dal trovarsi le fondamenta sù di un suolo tra il secondario e di alluvione, ricco di materie conduttrici, ed in conseguenza di sì fatte condizioni speciali locali, l'elettricismo che ne deriva scorre rapido, e si trasmette non incontrando resistenza da superare. Ma comunque sia, l'inno della riconoscenza inverso all'Eterno deve posare incessante sulle labbra di noi tutti, confidenti nella speranza di rimanere preservati dalla sventura che ci minaccia per la situazione, in cui si trova il nostro Regno.......
Giace il Comune sotto il grado 39 e minuti 41' 9" di latitudine settentrionale, e di gradi 13 e minuti 51' 24" di longitudine orientale dal meridiano di Parigi.
La temperatura ordinaria di Lungro ascende nell'està dal grado 24, al 26 "Term. Ream., e l'inverno abbassa dal grado 10, a 5" sopra il zero. Ma né il caldo eccessivo oltrepassa il grado 27, né l'intenso freddo discende più del 1, sopra il zero. L' uno, e l' altro però di poca durata.
Strette, irregolari , e maltenute sono le strade interne , e la nessuna cura onde serbarle spurgate dal fango, che s'ingenera nei tempi di pioggia per la mancanza di lastricato, cagiona nell'inverno un umido intenso troppo nocivo alla salute, e ciò costituisce una causa potente, ed immediata delle malattie gastriche-reumatiche, le quali tanto infeste si rendono alla salute degli indigeni -Nell'estiva stagione sogliono svilupparsi le intermittenti, con predilezione nella classe dei travagliatori intenti alla coltura dei granoni, o astretti a dimorare nelle parti basse, lontane dal proprio territorio.
Da qualche tempo la diatesi Strumosa ( Predisposizione dell'organismo verso l'alterazione della tiroide: il gozzo - ndr) assunse uno spiacevole predominio tra questi abitanti, ed alcuni sostengono, ch'essa venghi causata dalla condizione dell'acqua potabile di cui si fa uso. Se questa cagione fosse vera, ed esclusiva, perché lo Struma non ha spiegato la stessa potenza morbosa nei nostri antenati, ritenuto come permanente il principio che lo sviluppa? Fa d'uopo attribuirlo piuttosto alla nessuna previggenza nella scelta delle nutrici forastiere, alle quali spensieratamente si affida la lattazione de' bambini; oppure ai mezzi accidentali siano atmosferici, siano derivanti da fisiche condizioni a noi ignote. Quel che addolora si è, che il morbo resiste ad ogni soccorso dell'arte, e con una spaventevole consunzione distrugge la vittima che assale.
Rendita dei cittadini in varie derrate
Grano tomola 8500 - Granone tom. 2900 - Germano tom.700 - Legumi diversi tom. 300 - Patate tom. 2000 -
Castagne tom. 800 - Avena tom. 3500 - Orzo tom. 500 - Seta libre 6000 - Vino barili 7000.
Appare da tale specchietto, che i comunali prodotti offrono oggidì una rendita non sufficiente a sopperire tutti i bisogni della popolazione (5.500 ab. ndr); ma fia d' uopo convenire, che nessuna speculazione commerciale vien trasandata appunto per supplire alla deficienza del necessario. I Lungresi desti d' intelletto, ed intrepidi imprenditori di ogni negozio, mantengono nel Comune l'abbondanza tanto dei cereali, che degli oggetti di lusso, e prestano opportunità ai forastieri di rinvenire in esso le svariate derrate, di cui soffrono difetto. Oltre a ciò, non pochi proprietarii estesero la possidenza in cospicue tenute nei territorii di Altomonte , Firmo, e Saraceno, nelle quali introducono alla giornata le più cercate migliorie, che possa dettare l' agricoltura, in guisa che le piantagioni di olive, e di gelsi si eseguono senza sosta: le industrie di animali si aumentano non solo ad uso, e vantaggio della semina; ma ben'anche come gagliardo impulso della pastorizia, precipue sorgenti di certa utilità , e vi è tutta la ragione di sperare, che si otterranno col tempo quei prodotti bastanti al comodo degli abitanti, e formeranno una risorsa per i vicini Comuni.
Io non sò se il grande Colbert, trascurando i benefìcii dell'agricoltura, onde imprimere una energica spinta alle manifatture, abbia procurato il maggior bene alla Francia: rammento solo che al presente lo stesso governo anima con possanza l' industria agricola, concedendo delle vaste lande ai nazionali, per renderle ubertose al ricolto di prima necessità. Segno sicuro, che quel vasto reame non può restringere la pubblica economia alla sola vista manifatturiera, senza andare incontro ai disagi spaventevoli della mancanza dei cereali.
Le proprietà patrimoniali , e demaniali, che appartengono al Comune non offrono tale rendita da equiparare le spese necessarie all'amministrazione , e deve conseguirsi il supplemento dal dazio civico sul vino, e sulla carne. L' imposta però è riuscita sempre onerosa ogni qual volta si è tentata appaltarla , o riscuoterla amministrativamente. Il regime della transazione si esperimenta più opportuno per le peculiari condizioni del paese, e per la veduta che la cifra da assicurarsi essendo tenue ragguagliata alla popolazione divisa per famiglie è poco, o nulla risentita.
Anticamente nel nostro Regno non adoperavasi altro mezzo, onde fissare le pubbliche imposte, tranne quello di ripartire l'esazione sulle persone , e sù gl'immobili. Ritroviamo in fatti nel corpo delle Leggi, che ciascuna famiglia contribuiva il testatico detto Capitatio, ed il censo gravitante sù i beni. Si afferma che in tempi posteriori, e precisamente nell'anno 1442 Alfonso I° avesse abolito il catasto o censo, e statuito il solo testatico o tariffa fissa di carlini 15 a fuoco, ma dopo non guari si fece ritorno all'antico sistema, e quindi in ogni anno era d' uopo rinnovare il catasto, in cui notavansi tutti i beni stabili con la rispettiva rendita: tutti i capi di famiglia tenuti al testatico: e tutti coloro i quali proventavano a mezzo dell'industria personale.
Vanta il Comune quattro professori di medicina e chirurgia , i qual i con solerte attività prestano pietosa cura negl'infermi, come del pari conta un numero non ristretto di avvocati, tre dei quali esercitano lodevolmente la giurisprudenza nella Capitale.
Il gusto per le svariate branche dell' amena letteratura, e per le speculative conoscenze è addivenuto in questi culti compatriotti una infrenabile passione , ed il loro ingegno si presta felice ad ogni ramo, che imprendono a studiare. Si discorre della filosofia con quel franco linguaggio, che ispira l' uso d'esser pervenuti a padroneggiarla con adeguatezza, e le stesse astrusità, e sottigliezze Alemanne non sono di ostacolo al loro talento, onde vietargli a ben giudicare su i varii sistemi, che il genio della novità ha slanciati nell'orbe letterario come parosismi febbrili dell'umana ragione. E ben ravvisano che se lo spirito ha vacillato per qualche tempo tra la verità, e l'errore, il cammino della fede, e della religione imprese a scorrere novella curva, trionfando delle mostruose abberrazioni, che offerse all'intelligenza il panteismo sorto nelle Indie, e nell'Egitto; divenuto adulto nella Grecia; e mostratosi gigante nei nostri tempi in Alemagna , e nella Francia. La poesia, e la prosa sono maneggiate con seducente delicatezza, ed io fò voti al Cielo, che quest'animi gentili non sviassero dai loro studii, onde assicurare la propria rinomanza alla posterità, e raffermare il decoro del proprio paese. Solo desidererei, ch'essi curassero al par di me la diffusione dei lumi, e che non si tarpassero le ali ai talenti dei giovanetti, li quali quando sono scorati dalla mancanza di chi imprenda a guidarli nella carriera dello scibile, sono astretti languire nell'ignoranza.
La lingua Albanese non si parla più con la purezza primitiva, e si può affermare, che assai meglio si mantiene tra connazionali stanzionati in Basilicata, ed in quelli altri paesi che distano a lunghi tratti dai centri commerciali , ed intenti soltanto all'agricoltura, ed alla pastorizia. Lo spesso e non interrotto contatto cogl' Italiani; la necessità di adoperare la loro lingua quasi in tutti gli alti della vita, circostanza che obbliga apprenderla di buon ora e pratticamente, e come condizione esclusiva dell' insegnamento, ha alterato nell' interna struttura delle parole , e nella integrità delle sue forme grammaticali l'idioma Albanese. Le voci conservate assunsero nel pronunziarsi la melodia dell' italiano, e quelle nuove introdotte, ritennero della loro origine, lievemente modificandosi. Abbandonata in parte la forma della primitiva, oSi è adottata quella della lingua appresa, che qual nuovo elemento , ha prodotto normale decomposizione; da cui risulta un linguaggio mutilato, il quale per riprendere nuova vita, converrebbe che ricevesse novella organizzazione. Difficile impresa , per non avere gli Albanesi una propria letteratura , in dove fosse consacrata nella sua purità la lingua degli antenati, e ne impedisse lo sfasciamento coll'autorità dei classici scrittori; ed essendo lor malgrado astretti ad affidarsi alla tradizione, questo mezzo addiviene quasi inutile, se si ha in mira di richiamare in vita un idioma nella sua pristina forma, ed integrità. L'alterazione delle lingue deriva dalla natura umana e n'è principale agente l'uso mediante il tempo, ed il popolo, i quali estremi operano sulle favelle nel senso medesimo. Il popolo non bada come parla, e purché esprima il suo concetto, trascura l' articolazione, e poco avverte se tralascia alcun elemento della parola.
L'alterazione prodotta dall'uso lì più sensibile specialmente nell'avanzata età della lingua, allorché più forte risente l'influenza delle abitudini popolari. Il complesso di queste circostanze operano col tempo una completa trasformazione dell' idioma, e l'azione rigeneratrice prosegue , ad onta che si tenti richiamarlo a quello della propria letteratura: ed ove manca questa tradizione letteraria come nell'Albanese, la trasformazione avvenne più sollecita, quindi senza tema di errore, possiam convenire che la lingua attualmente parlata sia quasi del tutto diversa da quella , che parlavano i nostri antenati all'epoca della di loro emigrazione in queste regioni.
Cappella del Carmine
Il Convento del Carmine eretto nel 1608 dal Sacerdote D. Antonio Cortese, di cui ho tenuto discorso, ebbe esistenza fino a che la voce dell'audace conquistatore non dichiarava soppressi tutti gli ordini religiosi del nostro reame, e devoluti al Demanio gl'immensi belli, di cui eran stati dotati dalla pietà dei fedeli. Il fabbricato concesso a prestazione annuale, venne alla perfine convertito a Campo Santo, unito ad una tangente del giardino attaccato alle mura, in guisa che nulla rimane di quel Cenobio, tranne la Chiesa, ove un Sacerdote stipendiato dal Comune impartisce la benedizione ai trapassati prima di collocarsi nel sito dell'ultimo riposo.
Grande è stata, e tuttavia si mantiene la divozione, che gli abitanti di Lungro nutriscono inverso la SS. Vergine del Carmelo, e con fervida, ed entusiastica pompa solennizzano il di festivo nel 16 luglio di ciascun anno.
Fin da che il Monastero si apriva ai Padri Carmeliti, vi s' introdusse una fiera, la quale durante la loro permanenza nel Convento, celebravasi nello spiazzo innanzi la Chiesa. Ora si è trasferita nell'ingresso del Comune, perché quel locale, come si disse, fu destinato a ricevere le spoglie dei defunti.
1 Quel Parroco era D. Gabriele Demarchis, attual Vescoco di Tiberiopoli.