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ORAZIONE FUNEBRE ALLA MEMORIA DI MONSIGNOR DE MARCHIS VESCOVO DI TIBEROPOLI PER GABRIELE FREGA RECITATA NELLA CHIESA DI LUNGRO IL DÌ 10 GIUGNO DEL 1858 NAPOLI 1858 |
Parte 3^
IV.
Quest' uomo non poteva restare occulto; per quanto cercava li esserlo, tanto più diveniva luminoso. La sua fama non poteva inchiudersi tra le mura di un villaggio. Ben presto divenne l'oggetto e l'ammirazione de' più distinti personaggi. In mezzo a tante pratiche. favolose, a tanti sforzi che operava in bene dell'umanità, vidde splendere dinanzi ai suoi occhi la Tiara. Oh ogn'altro avrebbe avampato di gioia, avrebbe trasalito; ma De Marchis, ... vi gettò sopra uno sguardo tranquillo; De Marchis.,., si affissò come l'uomo che non cerca in quell'oggetto l’idolo della sua mente; ma lo contempla come ha potuto essere il desiderio e la passione di tanti uomini! Oh, lo splendore di una Tiara! ... È il lampo che rischiara l'abisso che separa le anime grandi dalle anime volgari! Ben De Marchis potea misurare quell'abisso o signori; il guardo di quell'uomo potea sorridere tranquillo! Non era la Tiara che rendeva grande De Marchis; ma era De Marchis che rendeva grande la Tiara. Egli non considerava la dignità che come mezzo a poter più facilmente operare il bene. Eppure non sapea separarsi da quella popolazione che avea guidato fin dalla tenera età nelle vie del Signore; non sapea abbandonare quella gregge che avea custodito con tante cure, che area menato per si lungo tempo ne' pascoli della vita. Finalmente fu forza cedere al suo cuore, e intraprese il viaggio per la Capitale del Mondo Cristiano.
Egli entrò in Roma come S. Pietro, come quei Prelati della Chiesa primitiva; non avea con sè che l'umiltà de' costumi e la purità del cuore. Un torrente di lagrime inondò il suo petto alla vista delle mura eterne della Città santa, ove riposano le ceneri de' Martiri, ove ogni giorno il Vicario di Cristo tende le palme .e benedice il mondo. Giammai le mani del Pontefice si alzarono sopra un capo più venerando; giammai l’Unto del Signore surse più umile e più raggiante di gloria. Qual spettacolo sublime presentava il Vaticano quando il rappresentante visibile di Dio sulla terra consacrava l'uomo della carità! Quando a piedi di quella
grande imagine della Cristianità riceveva la santificazione delle sue virtù! O Roma o Città eterna ove il ministro di Dio viene a ricevere il premio e la palma della gloria! Dio, o signori, poneva la Mitra su quel capo; Dio lo cingeva del suo unguento! E quella Mitra ?.. dovea rifulgere nello splendore di una vita pura. intemerata; dovea rifulgere come l'apoteosi della sua pietà, come il sole nel tramonto della vita, come la gloria che sorride a colui che ha ben meritato del mondo.
Circondato di tanta magnificenza e di tanta gloria ei saliva su quella cattedra, ove si assisero i Rodota, i Bugliari. i Bellusci, i De Marchis. lo non so o signori, a chi dare il primato a queste vaste intelligenze; io non mi farò ad istituire un paragone tra l'illustre defunto ed i suoi predecessori; erano tutti senza eguali nella greca e latina letteratura (1); nelle teologiche e filosofiche dottrine; quel che io so, si è che il De Marchis era senza pari nella carità evangelica; .era un modello perfetto della vita pratica del nostro Divin Redentore. Nel tempio di Dio, l'uomo non si giudica dallo scibile; ma dal bene che ha praticato. Dio scese in terra non per santificare la scienza, la gloria o la ricchezza; ma la carità è quella che abbiamo rilevato nel defunto agli altari in presenza di Dio e al cospetto dell' umanità.
In mezzo al fusto della novella carriera ei continuò sempre ad essere l'umile Pastore delle anime. Figurava in mezzo alle colonie Albanesi come l'angelo tutelare. Diffondeva lo splendore di sua luce ne' Parrochi. ne' Sacerdoti, ne' cento villaggi della dispersa gente d'Epiro. Qual spettacolo imponente presentava la grande figura del Vescovo De Marchis, quando inalzava quelle mani, pure, benefiche su gli avanzi di una grande nazione! Quando da un romitorio, unico asilo alle lettere greche in mezzo alle selve de' Bruzi si faceva a benedire una gente peregrina, naufraga per la nave di Cristo, e sparpagliata in queste antiche regioni della Magna Grecia! A vista delle famose sponde dell'Jonio, e della Vallea del Crati, in mezzo a quella corona di monti, che come un'immenso anfiteatro chiudono l'antica pianura
(1) Monsignor De Marchis era profondo conoscitore della lingua Greca. Ultimo rappresentante del bello idioma d'Omero, non ha lasciato ehi potesse rimpiazzarlo, e in un' epoca io cui questo genere di studi si va positivamente affievolendo.
de' Joni, alle falde della Sila, sulla grande strada che mena a quel vecchio monistero, ricovero di tanti alunni, e speranze di tante famiglie, accanto alla grande croce, che gigantesca sorge appiè della montagna, ombreggiata di giovani querce, egli usciva in mezzo ad una cerchia di sacerdoti e di giovanetti e largiva la benedizione alla terra, all'aere, al cielo (1). Oh, quella figura, in mezzo alle solennità del rito greco, ancor mi sta presente; ancor mi piove nell'animo quel misterioso che parea unire la vita celeste alla vita terrena! Ancor mi sembra vedere le onde del mare innazzurarsi da lontano, e mi pingeva dinanzi agli occhi quelle navi che cariche delle famiglie dell’Albania, venivano ad approdare in questo cielo d'Italia, antica terra de' nostri padri.- Il sentimento di una nazione non si muore, o signori, se non con l'ultimo sentimento dell' ultimo cuore. Come la maestà della religione lo rende sublime! O terra, o campi, o fiumi della nostra Epiro, noi non vi vedremo più! A noi, giovani figli di un popolo esulato, non resta altro che una ricordanza!
Queste idee io mi pingeva quando quell'uomo prodigioso presedeva ai nostri riti, alle nostre usanze religiose; quando ornato delle vesti pontificie ci richiamava le benedizioni del cielo. Egli era il nostro capo morale e religioso come Mosè su i profughi d'Egitto. Prendeva cura all'educazione de' giovani alunni; prendeva conto del loro benessere; cercava tutt'i mezzi come fortificare in noi i sentimenti di pietà e di religione. Divisava apportare notevoli cambiamenti tanto nell'educazione intellettuale, quanto nel metodo d'insegnamento, allargare la cerchia delle istituzioni, e metterle alla portata di corrispondere alla solidità delle lettere e delle scienze.
Questa grande figura dovea sparire dalla terra; dovea sparire o signori: ma pria che avesse toccato quest'ultimo termine, Iddio volle preparare nuovo trofeo al suo servo; volle che la fine avesse coronato la grand'opera ch'egli avea creata. Steso quest'uomo nel letto d'infermità; un martirio di quattordici mesi 1ogorava le sue deboli membra; ma in questa pruova estrema mantenne nel suo volto la medesima calma; la medesima serenità. Sembrava
(1) Il collegio greco è sito alle falde della Sila, a vista dell' Ionio, della pianura del Crati e degli Appennini. Gode un'orizzonte stupendo.
uno di quei padri della Chiesa che consunti dagli anni e dalla preghiera, stanno tra le porte della vita e quelle dell' eternità, come gli anelli misteriosi tra Dio e l'uomo (1). La sera dei 19 aprile si accomiatò da tutti, li benedisse nel segno della croce, e si addormì in quella pace che si ebbe sempre nel cuore. L'angelo sceso dal cielo gli calò la bruna ala sul volto, e chiuse dolcemente le sue pupille, sicchè parea dormire ancora; tanto era stato dolce il suo passaggio da questa alla vita celeste; tanto lievemente spiegò l'ali in grembo di Dio, dopo aver consacrato una vita di 84 anni al suo culto, all' amore degli uomini, ed alla carità della patria!
Anima candida e bella, sorgi dall'avello; vieni tra il pianto e le benedizioni de' tuoi concittadini; vieni con quella croce che ti pendeva sempre dal petto; con la bontà e la dolcezza dell'agnello di Dio! Una corona di Vescovi, scendono dall'alto per accoglierti nel loro seno, e accompagnarti al soggiorno de' celesti. Eccoli, ci scendono come le ombre de' Patriarchi; una grande croce d'argento splende nel mezzo come due fasce luminose intrecciate nel cerchio del sole; un verde ramo di lauro e d' uli vo è il -segno del trionfo. - L' hanno incoronato; essi partono; una musica celeste li avviluppa; oh quai canti, quai suoni sparirono! E qui che rimane, o signori? Una mitra, simbolo della sua dignità (2) e il vostro pianto, simbolo eterno della sua virtù!
(1) L' integerrimo magistrato D, Antonio Parisio , superiore ad ogni elogio per svariate e profonde conoscenze, e per purità dì costumi, delineava un giorno con vivi colori la sublimità del carattere morale di Monsignor De Marchis e la rassegnazione veramente cristiana e patriarcale che mostrò nel martirio di quattordici mesi d'infermità. Io accenno il giudizio di un uomo che dovrà produrre gran peso nell'animo de' lettori.
(2) È usanza greca, che dopo la morte, il cappello del Vescovo si appenda nella volta del Tempio.
Del regno delle Due Sicilie sotto la data de' 23 luglio 1858, al n.° 158 riportava il seguente articolo.
NECROLOGIA
PER
VESCOVO DI TIBERIOPOLI
Esemplari costumi congiunti ad incessante amore ai classici Studi, han renduto ammirevole la vita di Monsignor De Marchis Vescovo di Tiberiopoli. Nacque egli in Lungro il dì 9 marzo 1775 da famiglia in cui non era nuova la dignità pastorale, essendone già surti un Vescovo di Sora, ed il secondo Vescovo Greco di S. Benedetto. Dedicato fin dai primi anni agli studi ecclesiastici, gli fu agevole nel 1822 ottenere per concorso di esser scelto ad Arciprete del suo paese. E si per la dottrina ond' era ornato, e sì pel santo zelo che dispiegò nel suo novello uffizio, fu anni dopo eletto Presidente del Collegio ed Abate commendatario di S. Benedetto. Nel 1834 venne finalmente consacrato Vescovo di Tiberiopoli. Le cure del suo gregge, cui con evangelica carità vegliava, non gl' impedirono di dar opera ad importanti lavori che in diversi tempi ha pubblicato.
- Le sue principali Opere sono primamente la Liturgia, ossia Messa di S. Giov. Crisostomo letteralmente tradotta dal Greco; e l’Interpetrazione delle Cerimonie e dei misteri della sacra Liturgia. Oltre poi a quattro Omelie alla Santissima Vergine diè fuori anche due lavori, l'uno sul Purgatorro e l'altro sul carattere Sacramentale: col primo intese a dimostrare ai latini, come gli Albanesi professanti nel regno il rito greco, non manchino di nulla
che riguardi la credenza cattolica, e col secondo si fe con vivi colori ad esporre agli Ordinandi la sublimità del sacro carattere onde vengono rivestiti. Nè ristandosi solamente alle cose sacre, pubblicò un volume di Epigrammi greco-latini, che ben dimostrano quanta fatica abbia egli durato su i Classici dell'una e dell'altra favella. Diverse opere ha pur lasciate inedite e sono: Un Corso di sante Missioni distribuite in quindici prediche; un altro di Discorsi catechistici ed altre scritture ancora sopra soggetti ecclesiastici. Morì egli in Lungro il dì 19 aprile ultimo, e l'universale compianto dei suoi concittadini fu chiaro argomento della rettitudine ch'ebbe sempre compagna nella vita.
E. CORDELLA
GIORNALE - SOTTO IL NUM, 31 DEL 18 SETTEMBRE 1858
porta il seguente articolo
NECROLOGICO
Morire è inevitabile ad ognuno che nacque,
lasciar lutto e desiderio di se è premio dato
solamente alla conosciuta bontà,
PIETRO GIORDANO
Da genitori Albanesi d'illustre famiglia, che tra gli antenati contavan D. Gabriele e D. Nicola de Marchis Vescovo il primo di Sora e di Nemesi il secondo, ed altri ragguardevoli per Ecclesiastiche, e civili dignità, nacque in Lungro, Diocesi di Cassano a 9 marzo 1775 Monsigner D. Gabriele de Marchis Vescovo di Tiberiopoli, che non ismentiva la gloria de' suoi maggiori. Quasi predestinato al culto Divino, i primordi della sua vita furono innocenti e santi, e ne' lunghi anni che Dio gli concesse mantenne della prima età l'angelico candore, Ebbe severa educazione a gravi studi, e di buon ora mostravasi profondo nella greca e latina letteratura, e nelle scienze filosofiche teologiche, e morali.
Dietro luminoso concorso nel 1822 gli si affidava l'arcipretura Parrocchiale del suo comune, e fu allora che riflesse la sua dottrina nell’evangelica operosità, e nel comprendere lo spirito della sua missione. sacrificandosi ad essa colla massima abnegazione di se stesso. Senza fastosa eloquenza predicava il vero, e la propria convinzione talmente insinuava, che i suoi sermoni rimanevano indelebili nelle menti degli ascoltanti. Modello d' intemerati
costumi e di cristiana perfezione, coll'esempio e colla parola promoveva il progresso della moralità.. Consolatore degli afflitti, pacificatore nelle gare, benefattore de' miseri ne' dodici anni di arcipretura, ottenne l'amore e la venerazione di quanti lo conobbero,.
La maestà del Re N. S. nel viaggio. che fece nelle Calabrie nel 1833 accordò ai de Marchis l'onore di alloggiare in loro casa, e diede segni non pochi del suo real compiacimento, e della stima in cui teneva, il degno arciprete.
Quindi nel 1834 gli venne conferita la Presidenza del collegio Italo Greco, con la nomina di Abbate Commendatario di S. Benedetto Ullano, e proclamato Vescovo, di Tiberiopoli di greco rito. Immutabile come la sua fede, volonteroso come la sua carità semplice come i suoi costumi, il Prelato assunse le nuove cure senza rimanere abbagliato da mondani rumori. Zelante della cristiana istruzione, integerrimo nell’amministrazione del Collegio, solerte nell'amministrare i Sagramenti dell’ordine, e della cresima, lasciava bella fama di se in quest'ultimo periodo della sua vita pubblica.
Per cronica nevralgia dovette in sulle prime tralasciare le occupazioni, indi del tutto allontanarsi dalle cure, ed aggravato in fine dopo quattordici mesi di sofferenza, rese l'anima a Dio a 19 aprile 1858 in Lungro tra l'universale compianto. Un' intera popolazione, e gli accorsi da vicini paesi, che in vita riguardavanlo qual Santo, vollero in tributo di riconoscenza visitare le ultime spoglie del loro pastore. Vestito degli abiti pontificali, rivolto al popolo, che desolatamente piangeva, colla pace del Signore sul volto, sembrava in placido sonno perchè la morte rispettava tuttora il venerando aspetto. Esposto pel corso di 36 ore, il corpo mantenne la flessibilità delle membra, nè segni di corruzione manifestaronsi. Tali particolarità, aggiunte all' invariata opinione, infervorarono la venerazione, e le sue vesti vennero a ritagli divise e conservate con pia credenza come tose sante.
Ed a tutti questi fatti debbesi prèstare la maggior fede, avendo noi coscienziosamente attinte tali notizie da persone ragguardevoli, tra le quali ci piace citare l'egregio nostro amico Cav. D. Clemente Migiani, che nella qualità di Direttore de' Dazi Indiretti ha fatto lunga dimora nelle reali Saline di Lungro, dove
ha avuto l'opportunità di conoscere ben da: vicino l'illustre defunto.
Di Monsignor de Marchis rimasero editi i seguenti lavori letterari. - Liturgia di S. Giov. Grisostomo tradotta dal Greco in Italiano -Interpetrazione delle cerimonie, e de' misteri della Greaca Liturgia Riflessioni sul Purgatorio, e sul carattere Sagramentale - Omelie in onore di Maria Santissima - Poemata Greca - E sono ancor inediti Corso di Catechismi o Sante Missioni- Prediche Domenicali, e Panegirici per le festività dell' anno.