ORAZIONE FUNEBRE

ALLA MEMORIA

DI MONSIGNOR DE MARCHIS

VESCOVO DI TIBEROPOLI

PER

GABRIELE FREGA

RECITATA NELLA CHIESA DI LUNGRO

IL DÌ 10 GIUGNO DEL 1858

NAPOLI 1858

 

4^ e ultima parte

 

 

IN MORTE

DI MONSIGNOR GABRIELE DE MARCHIS

VESCOVO DI TIBEROPOLI

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ISCRIZIONE

PE' FUNERALI DEL MONO

 

AVVERTIMENTO

Dall' afflizione in cui aveva immerso la morte del mio amatissimo zio Monsignor D. Gabriele De Marchis Vescovo di Tiberiopoli , che fin dalla mia fanciullezza venerava come oggetto sacro alla mia esistenza, le mie comunque scarse facoltà intellettuali si erano rese disadatte ad un tributo di riconoscenza, che ardentemente desiderava. Soltanto nel dolore avvertiva la vita; ed era pietà quando la providenza mi largiva il dono delle lagrime. In tale stato le virtù dell'illustre estinto mi si paravano dinnanzi; e contemplandole. vive ma sfuggevoli impressioni mi davano de' lucidi intervalli in tanta tristezza. Impotente a riprodurle in dicevole componimento, perchè li mistero dell'anima che piange è schivo di rivelarsi intero; la mente mi suggeriva la forma epigrafica, come più opportuna a significare le dolorose sensazioni ricevute o per memoria, o per recente sciagura; le quali nell'orgasmo del dispiacere, modificandosi in ogni istante, han bisogno di poche parole per essere raccolte e comunicate. una spècie d'iscrizioni, che presenti nell'assieme un elogio, pare che si allontani dalle regole dell'epigrafia, che vogliono il concetto rinchiuso in una sola iscrizione semplice, chiara e breve, in cui l'armonia delle parole sembri naturale e spoglia di arte. Ma incomprensibili sono le leggi dello spirito esaltato per vive impressioni. Una forma obbligata hanno le sue manifestazioni, ed in essa soltanto è dato al pensiero di scorgersi. Il metro non dipende dalla volontà del poeta, ma dallo stato dell' anima sua. È l' ispirazione che gli antichi simboleggiavano nell'intervento di Apollo e delle Muse, quella che detta e determina la disposizione armonica delle parole, conforme all'idea che ci domina.

L'unanime compianto d'un'intera popolazione, a cui il defunto Prelato era stato di guida, come Parroco per ben dodici anni, mi presentava un quadro imponente, perchè l'espressione delle masse ispirate dall'istesso sentimento è so1enne, misteriosa e sublime. Quest'espressione ho tentato ritrarre nelle mie iscrizioni; ed è la popolazione di Lungro che si vo1ge a1 suo Pastore colla gratitudine de' ricevuti benefici, colla consueta ammirazione delle sue operose virtù, e colla fiducia d'un continuato patrocinio, annoverandolo fra gli eletti la comune ferma credenza.

 

I


Iddio ti concesse fervida la Fede
Ti fece dono della verità santificandoti l'intelligenza
Che dal nascere ti soffiava privilegiata
Pastore delle anime nostre ti sovvenga di noi
Or che ascendesti all'amplesso divino


II.


Hai toccato la sublimità della Teologia
Scienza di Dio
In cui e per cui tutto si spiega
Alla quale le scienze tutte
Classificazioni del limitato umano intelletto
Si sottomettono
Unificandosi in Dio colla più semplice unità
Qual meraviglia dunque se di tutte le conoscenze
La sintesi mirabilmente possedevi ?
Soggiacesti al tributo per cui la terra alla terra ritorna
Ma fulgida l'anima tua splende innanzi l'Eterno


III.


Il Mondo ti direbbe un Grande
Effimera è la sua gloria
Il nostro cuore
Un Santo dice
E nel sentimento d'un popolo non è la voce di Dio che parla?


IV.


Ti paragonammo a S. Alfonso .
Di cui avevi per fino l' aspetto
A S. Luigi Gonzaga
Pel candore di verginale purità
Ma vedendoti sul Trono de' pontificali insignito
Ti splendeva in volto
La scienza del Crisostomo
Di S. Agostino il genio
La Maestà di S. Basilio
E del Nazianzeno la robustezza

 

V.


Dalla vita contemplativa
Sei uscito come il Battista e ci hai detto
Fate penitenza
"Ecco l'Agnello di Dio che toglie i peccati del Mondo".
La Verità in nuovi modi esponesti
Insinuandocela come per prodigio
Coraggioso affrontasti il vizio
Guai predicesti a ricchi non misericordiosi
Insinuasti fa pazienza ai poveri ed agli afflitti
Additandogli il premio eterno
Accogliesti i peccatori ravveduti
E tuoi fratelli divennero
Privi del tuo consiglio sarem noi siccome vite
Cui l'acquilone sradica il sostegno!


VI.


C'insegnavi quel che dovevamo credere
Ciò che far dovevamo
Ed il mezzo di salire coll'orazione
Quella prodigiosa scala di Giacobbe
Per la quale
Dio scende verso la terra
E l'uomo ascende al Cielo
Ora che al premio eterno
Abbruci nell' incendio d' ineffabile amore
Ottieni a noi il dono della preghiera
E ti seguiremo in Cielo per la mistica scala


VII.


"E per voi espediente che io me ne vada"
Ci hai detto colle parole del Salvatore
Ma perchè la promessa tacesti?
La tua umiltà no1 consentiva
Noi però fiduciosi
Attendiamo per te quella grazia divina
Senza di cui lo dicevi
Impotenti erriamo in questa valle di lacrime

 

VIII.


Lo Spirito di Dio scese su di te
Ed il mistero delle umane scienze
Ti si svelava
Le favelle ti si resero note
E tu dottissimo
Nel greco nel latino e nell' italiano idioma
Ti compiacevi parlarci nel natio Albanese
Perchè come gli Apostoli
Potevi parlare le varie lingue
Senza confonderle


IX.


La tua eloquenza scevra d' artificio e d' orgoglio
Fu
Sublime solenne ed austera
Se i divini misteri a svolgere imprendea
Evangelica, insinuante e speranzosa
Quando alla virtù c' invog1iava
Sempre il pensieroe sopravvanzò la parola
Ed in te il bello dell' arte fu splendore del vero


X.


Una parola di pace e di Consolazione
Per te nel paese risuonava
Echeggiando nelle nostre coscienze
Divinizzavi l'autorità
Santificavi l'obbedienza
Condannavi l'orgoglio
Ci avevi riuniti per mezzo dell'amore
La discordia e l'odio non duravano fra noi
La tua preghiera
Ci allontanava i mali
La tua parola
Era pel debole e per l'oppresso

 

XI.


Alla Croce
Consacrasti l' esistenza
Nelle membra moristi
Ed avesti a vile l'umana
Per salire ad angelica vita


XII.


Il Signore ti predilesse
Ti sperimentò colla sciagura
Ti ritemprò col dolore
E volle in pruova estrema
Che un martirio di quattordici mesi
Precedesse la tua morte
Per indicarti
Providenziale modello
Eminentemente dotato
Di tutte le cristiane virtù


XIII.


Onnipotente Iddio
Degnati manifestare
La gloria del tuo servo! !
Concedi
Che per noi da tanta perdita desolati
Continui ad essere
L' Angelo Consolatore
La stella
Che ci guidi alla patria de' giusti.
 

                                                                                F. S. DE MARCHIS

 

N OT A

 

Molti egregi scrittori e giovani di belle speranze infiorarone con poetici pensieri la tomba di Monsignor De Marchis, tra quali si annoverano il dotto sacerdote D, Michele Bellizzi, D. Francesco Varcasia, D. Paolo Forastieri, D. Domenico Mazziotti, D. Federigo Satriani, D. Alfonso Cucci, D. Antonio Argondizza, D. Pasqualino Frega, D. Giovanni Battista Vaccaro, ]). Nicola Laurito, D. Tommasino Cortese, ed altri; e la famiglia dell'illustre estinto si riserba pubblicarli per la stampa in una separata raccolta.

 

 

ALL' EGREGIO D. GABRIELE FREGA.
-
Sonetto


Chi è che sorge in suo vigor sublime
Ad infiorare del Pastor l'Avello;
E con eloquio in un robusto, e bello
D' Illustre Estinto le virtù di esprime ?


Che forte il ver nell'intelletto imprime,
Per che nudo lo svela, e senza orpello
E se trasvola appar genio novello,
Che abbella i suoi pensier in prose, e rime?


L' Amico egli è, che ormai ricalca ardito
L' orme tracciate, e quale Anteo risorge
Da novello poter rinvigorito.


Grata la Patria, gli consacra e porge
D'Alloro un Serto, in guiderdon gradito..
Del solido valor, che in lui si scorge.
 

                                            DOMENICO DE MARCHIS