Francesco Saverio SAMENGO
IL COMUNE DI LUNGRO
dall'agosto 1912 al settembre 1913
5^ parte
LITI
Sotto le precedenti amministrazioni il Comune subì varie liti, uscendone sempre soccombente. Ricordo le principali:
1.) Lo scioglimento della promiscuità dei demani montani con Saracena. Fu lite amministrativa e giudiziaria. Il Comune si vide tolto una proprietà di oltre lire Duecentomila e caricato di spese per oltre lire ventimila.
2.) Perdita di oltre lire cinquemila con le relative spese giudiziarie nella causa Pierro Bellusci.
3.) Perdita della garanzia ipotecaria contro l'ex contabile Bellusci sull'espropriazione contro Bellusci Giuseppe.
4.) Causa Martino Ravarossa, nella quale uscì condanna di pagamento contro il Comune.
Durante il periodo dell' Amministrazione Samengo vi furono soltanto due liti giudiziarie, dalle quali il Comune uscì vittorioso nei suoi diritti.
1.) Nella causa promossa da Scaglione Alfonso il Pretore respinse l'istanza, condannando lo Scaglione alle spese.
2.) Innanzi al Tribunale di Castrovillari, chiamato dalla Ditta Scaldaferri, il Comune ebbe vittoriosamente a vedere sentenziato che il contratto 5 marzo 1911 non aveva valore alcuno tra le parti.
LE DIMISSIONI
Quando tutta l'opera dell'amministrazione era col maggior fervore intesa alla realizzazione degli studii, non brevi e facili, pel rialzamento della fortuna comunale, la raffica tormentosa dell'ossessione politica neli ufficiali del Sottoprefetto e del Prefetto turbinava per schiantarmi dalla carica sindacale.
In pubblico comizio alla piazza Garibaldi in Lungro il 30 giugno, io aveva altamente parlato, fustigando l'opera deleteria delle candidature ufficiali del ministero Giolitti.
Da quel giorno divenni la testa di Medusa per le autorità politiche.
Quali intrecci nell'opera amministrativa siansi portati, n’è cenno nelle pagine precedenti. Il lavoro, la fede nei migliori destini di Lungro venivano ad essere stroncati, poiché la sorte dei Comuni in Italia. è affidata alle cosidette autorità tutorie.
Dal Prefetto e dal Sottoprefetto si chiedeva il mio allontanamento, pensandosi che tolto di mezzo me, Lungro si rovesciasse tutta agli amori governativi.
Ma non potendosi scuotere con mezzi amichevoli e per interposte persone la mia costanza s'inscenò una inchiesta da eseguirsi (nientemeno!!!) da un ispettore Generale del Ministero dell'interno il Di Roascio.
Costui con gli occhi intenti alla preda. e con metodi polizieschi si diede a cercare possibili colpabilità. Ma il lavoro riuscì inutilmente penoso. Non un appunto si potè fare alla mia onestà personale - privata e pubblica.
Non tenne conto dell'opera" spiegata in tredici mesi della carica, e si afferrò ai muri lisci, dichiarando con voce di basso profondo, a guisa di Gran Sacerdote, che avendo trovate delle delibere aggiunte ed ingommate nel registro - per 'altro perfettamente rispondenti alle liquidazioni delle specifiche, dei mandati e della deliberazione riassuntiva - vi era materia di falso.
Si faceva dire che, se io non me ne fossi andato, sarei stato travolto in giudizio penale con gl'impiegati, e l'amministrazione sarebbe stata sciolta con l'invio di un R.Commissario straordinario.
Della prima minaccia non era il caso di tenervi preoccupato, tanto i processi vennero fatti lo stesso, basandosi su denunzie anonime. La giustizia sentenziò l'inesistenza dei reati.
Della seconda: « l'amor del natio loco vinse ».
Ecco la ragione delle dimissioni. Ho piegata la mia resistenza alla bufera scatenata per ragioni politico elettorali contro di me pur di salvare Lungro dalla iattura, di un' amministrazione regia straordinaria.
ACCUSE E RISPOSTE
Alle osservazioni, alle accuse aperte e velate fatte dall'Ispettore Generale Roascio nella sua relazione d'inchiesta alla mia amministrazione e a me specialmente rispondo brevemente, pubblicando documenti e qualche nota illustrativa.
Dopo quattordici mesi si è tentato di rovesciare sul mio capo il brodo di lasagne di una scribaccheria gesuiticamente velenosa per giustificare un atto di vigliacca prepotenza, preparata ai miei danni, per dar sfogo alla libidine di postuma consolazione dell'autorità politiche provinciali, solennemente giustiziate nella elezione del Deputato il 26 ottobre 1913 dalla libera volontà del popolo.
Io non sono quell'ignobile che lo sciagurato poliziotto si affanna nel tentativo- di dipingere attraverso calunniose presunzioni, tratte dal mendacio e dall'equivoco, io alzo la fronte serena verso il sole d'Italia e continuo nella via, impresa fin dai giovani anni, del dovere civile.
Per quanto avesse cercato, per quanto avesse sottilizzato, Angelo Roascio non ha potuto che riconoscere L’onestà mia e dei miei propositi nel Comune di Lungro.
Ha lanciato solo qualche insinuazione, che vorrebbe essere un appunto alla mia opera; ma che si riduce alla solitaria convinzione dell'inquirente.
L’inchiesta non si occupa, che di ciò, che le fa comodo. Della situazione finanziaria dell'ufficio comunale si sbriga in. due parole.
Della mancanza di archivio, del servizio di anagrafe il povero uomo non sa nulla!. Scrive lungamente dei residui attivi, ricalcando ciò, che il Ragioniere Maradei, il Ragioniere De Stefano ed altri avevano scritto, e per la luce elettrica, non comprendendo la quistione essenzialmente giuridica, detta delle inverosimiglianti pagine d'impressioni in una prosa balsa e flaccida, che mostra la fenomenale ignoranza e la malafede di persona che per partito preso deve anche scrivere dei mendaci.
Io non posso, come vorrei, trascinare il piccolo vilissimo inquirente innanzi ai tribunali per dimostrare la falsità delle sue affermazioni: una costante interpretazione di legge me lo vieta.
Ma quando la legge è impotente ed inerte, quando il reo è protetto, allora è la coscienza pubblica che s'erige in gran giudice ed esamina, sentenzia e condanna.
Al provocatore, al mentitore è necessario che giustizia sia fatta. Ed opera di giustizia compio nella dimostrazione, che un poliziotto truffaldino, divenuto anche grande inquisitore di Stato, merita tutto ed intero biasimo della gente onesta di ogni partito. Sono questa volta un esecutore di giustizia: me ne spiace, perché mi sento chiamato ad altro èd assai meglio.
I. Osservazioni inserite nel verbale di verifica alla cassa comunale operata dall'Ispettore. Roascio
Il Sindaco osserva: (1)
L'amministrazione comunale curò con ogni sollecitudine la pratica verso la Tesoreria, tenuta dall'ex Delegato Nicoletti. Non ha potuto eseguire la verifica di cassa proprio alla chiusura dell'esercizio per essere andato via il Nicoletti - more solito ed insalutato ospite.
Ciò il sindaco fece conoscere alla Giunta e nei primi di gennaio si recò appositamente in Castrovillari per conferire in Sottoprefettura. Tornato a Lungro il Nicoletti, verso il cadere del gennaio, il Sindaco delegò l'assessore Damis ed il Consigliere Cav. uff. Ugo Strocchi per il verbale di chiusura, ma solitamente il Nicoletti si allontanò senza attendere la fine dell'operazione. Nominato il Tesoriere provvisorio non fu potuta fare la consegna di cassa per l'assenza del Nicoletti. Ciò venne conosciuto dai superiori uffici anche per non essersi spedito il verbale di passaggio di cassa, mai effettuato. Dietro vive insistenze di questa amministrazione il Nicoletti venne finalmente in Lungro nel decorso mese di luglio e la consegna di cassa non fu potuta ancora effettuare per le sue pretese, per le quali fu interessata prima la prefettura e quindi il Consiglio Comunale.
Questi i fatti che riguardano la Tesoreria che dal Nicoletti passava al nuovo esattore.
L’Amministrazione non autorizzò mai l’appaltatore del dazio a pagare mandati, nè autorizzò l'Esattore a riceverli. Se questa autorizzazione fosse data sarebbe apparsa dagli atti di ufficio.
I mandati furono, come per antica tradizione, consegnati alle parti (non essendovi possibilità di pagamenti) per tacitarle momentaneamente dalle loro giuste pretese ed evitare al Comune ingenti spese giudiziarie. Ciò era noto alla Sottoprefettura ed alla Prefettura, ove nei varii colloquii tenuti dal Sindaco si era esposto uno stato di cose gravemente dolorose ed ove, pur osservando la non regolarità della pratica, tacitamente se ne permetteva la tolleranza.
Il Mandato N. 30 non è in circolazione, ma in ufficio.
Sotto ogni più ampia riserva sia per le ragioni contabili che per le ragioni amministrative nell'interesse dell'amministrazione comunale.
Nota bene:
Il mandato N. 30 era stato tratto per spese forzose rimborsate al Sindaco.
L'Ispettore l'aveva elencato fra i mandati messi in giro. Appena lessi l'elenco, mi recai dall' Ispettore, che lavorava nel mio gabinetto e gli chiesi la chiave, che all'Ispettore aveva dato per suo uso, per aprire il cassetto della scrivania e rinvenire il mandato numero 30. Infatti in sua presenza aprii il cassetto e mostrai il mandato al Roascio. Il Roascio rimase per un momento turbato e mi disse, dopo averlo esaminato: come va che si trova qui e non in ufficio? Credo, risposi, che il gabinetto del Sindaco sia parte dell'ufficio e dall'altra parte il mandato è quietanzato, perché speravo che il Tesoriere me l'avesse pagato.
Topica! prima e magnifica dell'Ispettore!!!.
(1) Vedi: Finanza del Comune pag. 5.