Domenico De MARCHIS

Elogio funebre in onore del fu

D. RAFFAELE MAIDA

Recitato il nei funerali del di 16 novembre 1857

(Parte 1^)

 

 

Se non si asperge di calde lagrime l'Urna che rinserra le mortali spoglie del dotto, e benemerito Cittadino, che nella carriera di sua vita ha offerto al pubblico il modello delle più brillanti virtù, le quali largamente concorsero a fregiargli la fronte di fulgido Serto, favore di chi serberemo noi un sì nobile tributo ?  Prodigheremo il sentimento del dolore, onde esaltare la rimembranza di colui, che scevro di ogni merito reale, fu destro ad usurparsi un nome nella società sulle vacillanti basi dell'impostura? Forse per chi nato pel bene dell' Umanità, tutte le sue cure rivolse al solo privato interesse, e trascorse i giorni di sua vita beandosi sulle sventure di quegl'infelici. che un codardo egoismo ridusse alla disperazione, e alla sciagura? Un freddo obblio inabbissi la loro memoria, ed un vero ammanto ricopra quegli Avelli, che ancor silenziosi. ed innanimati, svegliano l'orrore delle abborrite Ceneri, che rinchiudono! Miserabili! Se non vi sono pene per la violazione dei doveri di sacrifizio , vi sono però Statue, e Corone per l'eroismo! Si è alla mia virtù sparita, che l’umana riconoscenza deve eriggere degli altari: si è a questa sola figlia del Cielo. la quale sorrise in viso l’estinto D. Raffaele Maida , che l' uomo deve consacrare i suoi caldi sospiri, ed innalzando un lugubre Trofeo, additarlo ai posteri nome funebre asilo di onorata spoglia! L' istante della morte, quel terribil punto che disvela il compendio di tutta la vita, e nel quale manifesta senza orpello il vero carattere dell'uomo, nulla ci traspare del defunto Maida, che possa macchiare i pregi di una morale intemerata, e il suo nome con lieti auspizi si slancerà nell'impero della storia. Volgeranno gli anni incalzati dalla legge invariabile del tempo: si rinnovelleranno le stagioni stampando nello spazio le loro svariate vicissitudini; ma i tardi nepoti di questi dolenti concittadini lamenteranno nell' illustre defunto la perdita del dotto Giureconsulto, dell'acuto indagatore dei misteri dell' umana ragione, e chiaro cultore di tutte le branche dell’amena letteratura, e se il difficil lavoro che imprendo a tracciare non corrisponderò, o Signori, alla vostra aspettativa, poiché ben ravviso quanto sormonti la mia spossata intelligenza, pure ho fidanza di un generoso compatimento, se angosciato dal dolore per la perdita di colui, che possedeva tutte le affezioni del mio cuore, tento spargere dei fiori sulla tomba, ov' Egli riposa nella pace del Signore.

 

I.

 

D. Raffaele Maida respirava le prime aure vitali in Lungro ne11795. Compì nella patria istessa la sua prima letteraria educazione, e posto fine al corso delle belle lettere, filosofia, e principi di matematica sotto la poderosa guida di egregi istitutori, di cui il Comune andava superba in quel tempo, passò in Cosenza, città delle vetuste rimembranze, patria dei Telesi, onde dedicarsi allo studio della legale professione, a cui lo destinava la paterna volontà, ed alla quale vi si addiceva col fervore di chi, ben valutato il pregio di una disciplina, impegna in essa tutta l' energia del proprio intendimento per padroneggiarla.

Dopo tre anni di severa occupazione, impavido penetrava nel Santuario delle leggi, e vi scorgeva l' immenso laberinto che presenta questa scienza, da cui l' umano intelletto non perviene a distrigarsi vittorioso, se non s' immerge in uno studio meditativo su i classici, sulle svariate legislazioni, che dominarono il passato. E per fermo, un vero Giureconsulto, a sentimento dei culti pensatori, è un uomo straordinario; un essere dotato di sublime criterio, di sagacità eccezionale, e di uno smodato ardore per la riflessione, e per lo studio, che afferrando di un colpo d' occhio la compiuta serie delle leggi, ne rischiara i punti oscuri, e rende sfolgoranti di nuova luce le verità che ne rilevo. Nè male si apponevano, poiché gli antichi attribuivano ai giureconsulti il nome di Savi, e di filosofi, perché la filosofia racchiude i tanti principi delle leggi, ed ha al par della giurisprudenza per iscopo l'amore, e la pratica della giustizia. Solone, Licurgo. Pitagora divennero legislatori della Grecia, perché lo erano grandi filosofi. La scienza del dritto quindi, al dire di Bacone è l'àncora delle leggi, come la legge è la base dello stato. Ma pervengono esse a contemplare tutt'i casi possibili, onde eliminare i litigi, ed i contrasti che l' attrito degl'interessi dei singoli fà sorgere nei contratti ? Non ostante che l’autopsia della umane azioni ci sforza a rimontare alle universali teoriche, pure queste non si sono prestate a sufficienza, da non far rimanere spesse fiate avvolto tra le ambagi del dubbio il magistrato. Ecco perché possiam conchiudere con sicurezza, altro son contenere una Civile legislazione, che il risultato di un'Analisi delle libere azioni di più secoli, e come sorge da ciò la necessità per chi è chiamato dalla provvidenza a dettar leggi ad un popolo, di paragonare le differenti legislazioni, onde arrestarsi al meglio; del pari il sagace giureconsulto ha d'uopo della storia delle decisioni, per non errare nell' applicazione della legge ai casi particolari.

Mosso D. Raffaele Maida dalla possanza di tali considerazioni, percorreva con letteraria avidità quanti illustri scrittori trattarono di pubblico dritto, cosi che le Opere di Grozio e Puffendorfio, di Filangieri e Smit, di Montesquieu e Romagnosi venivano da lui assoggettite a rigoroso esame, e ne ritraeva con esegesi logica le dottrine ridotte a principi razionali, che a guisa di assiomi improntava con franchezza a tutte le civili istituzioni. Ma il novello sacerdote di remi aveva fissato i suoi sguardi sulle Leggi del Lazio , pari alla Fenice , che tiene immobili le sue pupille nel maggior Pianeta; e desiava scovrire dalle stesse il tesoro della sapienza civile: quindi prima d'immergersi allo studio delle diverse branche, di cui si compone il Romano dritto, vi scorse la necessità d' investigare nella storia politica della città eterna le rivoluzioni, di cui fu

essa spesse volte teatro; le cagioni che le ingenerarono; le civili e penali istituzioni; i cambiamenti che ne furono i risultati; ed osservava in fine come l' elemento plebeo, simbolo della forza e della conquista, armonizzava coll' elemento patrizio, figura del principio di politica unità nel primitivo governo della prole di Marte. Fermatosi per ciò nella lettura di Tacito, e di Livio modelli tra storici di quel tempo, ne  approfondiva i periodi sociali in continua progressione sino a un certo punto, e come poi subivano l' opposta curva. E perché i studi Filologici di questo dritto eran in voga nell'Alemagna, ove diffondevano spendida luce su svariati punti fin'ora abbandonati alla risorsa delle sole congetture; D. Raffaele stimò indispensabile al suo divisamento lo svolgimento delle pagine di Savigni, Niehbur, e di Hugo fondatori della scuola storica procedente per analisi, in opposizione della Filosofica, la quale prediligendo la sintesi, sostiene l' esagerato principio che i fatti promanano dalla creazione dello spirito; cosicchè arricchito l' intelletto di una suppellettile cotanto ubertosa, il jus dei Quiriti addivenne per la sua vasta intelligenza una materia sgombra da quella colluvie di dubbj, e di apparenti antinomie, che costituiscono un vero inciampo, uno scoglio insormontabile agli spiriti poco svegliati – Il Digesto, il Codice, le Novelle, in cui ravvisasi incarnata la Stoica severità, offrivano allo sguardo di Maida un campo smaltalo di fiori, in cui gl' illustri espositori con l'acume del loro talento, seppero intrecciare delle ghirlande per deporle sull' Ara della più potente Divinità, la Giuslizia, ed i secoli inabissandosi nel nulla, le rassegnarono gli omaggi dell'immortalità! Ma restonne forse esaurito quel campo? Non mai. Quei fiori si riproducono vestiti di nuove bellezze a misura che l'occhio scrutatore slancia la sua vista nei svariati colori, che ne dipingono le frondi.

E quale fu mai, o Signori, il risultato che ne ritrasse Raffaele Maida da studi cotanto metodici, e poderosi ? Fù l'acquisto di quell'abito pratico, onde poter classificare a primo slancio lo stato delle questioni legali, ed applicarle al dritto senza tema di errore: di saper scovrire il lato debole dei fatti compiuti, e formando della legge la proposizione generale, ne deduceva a fronte alta, la logica illazione ; ed erasi in tal modo versato a veder chiare le apparenti ambiguità, che offrono a primo sguardo i quesiti, che anche senza positiva meditazione, pronunziava il suo parere, il quale aveva tal giuridico valore, quanto un responso degli antichi Giureconsulti.

Da travagli cotanto giganteschi, le leggi che dirigono la nostra vita sociale apparivano all'illustre defunto nella loro schietta forma, e ne afferrava l' intelligenza a prima vista. E per vero, essendo esse una diramazione dei Romani statuti, attemperati nelle varianti allo stato progressivo dell' incivilimento del secolo, non fia da stupire se chi padroneggiava da colosso quel dritto, ne rilevava con prontezza i rapporti analogici, e ne dileguava i dubbj, come l'azione del sole fa sparire i vapori dell' atmosfera.

Sembrano forse esagerate le mie espressioni? lo mi appello a tutte le culte persone del paese; a tutt'i magistrati, al di cui cospetto ebbe agio a sfiorare il suo sapere; a tutti i legisti del Distretto, coi quali mantenne assidue relazioni per contestarmi, che quanto esposi non è, che un debole abozzo, un quadro appena tracciato da' primi contorni, a fronte del merito reale, che fregiava l'estinto Amico, il dotto, ed egregio Concittadino, che colla sua improvisa morte, immerse nel duolo la Patria intera.

 

II.

 

D. Raffaele Maida era dominato da un' ansia irresistibile di estendere la sfera delle sue conoscenze speculative, ed uno studio indefesso lo preoccupava a discapito della salute. Vegliava te notti su i volumi, ove stan depositati i più astrusi pensieri della filosofia, e meditava il giorno su i sistemi consultati nelle ore del silenzio. Sotto la guida della storia percorreva l'Oriente, ov'ebbe culla la scienza dell'umano pensiero col compimento di un Ciclo di lunga durata, fino al suo passaggio in Occidente, e dalle opere di Platone, e di Aristotile si addottrinava del suo progresso nel Greco periodo. Trascorreva il medio-evo, in cui queste dottrine subivano svariate abberrazioni, e la potenza dell' Ercletismo sorto in Alessandria, onde ridurle in uno stadio plausibile nulla valse, perché il genio della novità, che pone in orgasmo la forza intellettuale gli spingeva innanzi, fino ad imbattersi nei paradossi, senza fissarvi un punto di fermata. Ma quale fu la meta di questo vigoroso

movimento ? Null'altro, che il rimbasto degli errori. Il Panteismo ripullulava sotto altre forme, e nel nostro secolo dall' Allemagna, alla Francia vi spiega un assoluto predominio. Da Kant ad Hegel, da Cousin a Pielro Leroau, non vi si scorge, che un sistema, e lo scetticismo, l’unità della sostanza servono di sostrato alla novella filosofia!

Tali parosismi febbrili dell'umano intelletto atterrivano nella purità del suo cuore a Raffaele, e lo facevan esclamare sovventi fiate e che l'uomo per sortire dai dubbi, in cui lo inabissano i cennati sistemi, sente il bisogno di raffermarsi nella convinzione dell'esistenza della realità, la di cui contemplazione ci guida all'idea dell'Essere Supremo, e dal libero volere del quale, tutte le contingenze derivarlo, o che formano l'ammirabile, e l' incanto dell'Universo. Sente esso la necessità di attuare la morale, a cui lo impulsarno quegli eterni prècetti scolpiti nel cuore di ciascuno, svelti i quali, frustranea si rende ogni umano società, ogn'incivilimento, mentre l' essere ragionevole abbondonato al proprio istinto, non occupa più il grado sublime, a cui lo destina il Creatore. Ineffabili norme, indarno compromesse dagli attacchi del sensualismo, e dalle proteste di uno spiritualismo vago, e sentimentale! Avverrà in fine la forza di una religione, che le dischiuda il commercio coll'infinito , a cui dirigga le sue preci , e trova in esse il balsamo, che alenisce le proprie tribulazioni. E’ mestieri legare con insolubil nodo l'augusta religione con la filosofia; e la robusta fede dei nostri padri, con la scienza. L' incredulità è una idea desolante! Quando erigge nell'ulmano petto il suo Trono, deprime l'anima staccandola dalla possanza dell'Eterno, e spegne il germe dell' eroismo, da cui promanano spontanee le generose azioni! Ed io ascoltava con rispetto le solenni parole dell' estinto amico, il quale con quella precisione d'idee, e rapidità di giudizi, che il pregio formavano della sua intelligenza, mi faceva toccar colla mano, dopo erudita analisi, che i pensamenti di Zenone-Leontino, Zenofane, e Gorgia, sono ad un dipresso quelli che informano sotto altro aspetto la filosofia Alemanna.

Da conoscenze tanto universali, formola D. Raffaele Maida il suo piano di educazione per la studiosa gioventù: che imprendeva ad istruire, ed ecletizzando l'ottimo della scienza, istillava nei suoi allievi quei severi principj, che ci attirano a Dio, ed al nostro simile: che valgono di base al retto ed al giusto; fonti da cui emergono in complesso i doveri religiosi, e civili, senza dei quali abbrutita diverrebbe l' umana specie.

Ma il dotto non si arresta nel cammino dello scibile. Egli vorrebbe percorrere tutta l'orbita della conoscenza; Vorrebbe sottoporre l'intero Creato, Cielo e terra all'impero de' suoi pensieri, e ne rimane scorato, perchè troppo presto si spegne il tempo di

sua vita, ed appunto quando si crede aver sgombrato gli ostacoli, che ottenebravano il sentiere, per cui si arriva al Tempio della sapienza! Maida invaso da una passione cotanto sublime, poteva frapporre un argine, onde arrestarne il corso?

L' amena letteratura penetrava ne' suoi studi come mezzo secondario, per divagarlo dalle sue severe occupazioni, ed egli l' accarezzava con entusiasmo, perchè il suo cuore sensibile non sapeva sottrarsi dalle blandizie che le offeriva. Forte in filosofia, poderoso nella storia e nella lingue, avvertiva con estasi ineffabile il pregio di spaziarsi con larghi voli nelle bellezze della natura, nell'ammirazione dei celesti fenomeni, nelle produzioni poetiche, ed artistiche, di cui sublimi scrittori ne han disputato lo scettro del bello, e del buono.

Sia che il sentimento del bello si riguardi come assoluto, ed invariabile, che valse a dar spinta alle teoriche di Boumgarten, e Wichelman misurando ciò che piace, con quel che ci è rivelato sulla perfezione; sia che voglia spiegarsi coll'astrazione ordinatamente combinata colla sintesi, egli è certo che questa idea ravvisasi incarnita in tutte le opere della natura, e felice colui che sa inprimerla con successo alle produzioni dello spirito.

Raffaele sentiva in grado sublime l' espirazione di questa idea: mercè il suo squisito gusto sapeva scopriala da per tutto, e la indicava agli altri nella ideale sua forma.

La poesia, che trae la sua sorgente dal fondo della stessa umana natura, e che l'immenso Byron chiama « il sentimento di un mondo primitivo, e futuro, aveva formato sempre l'oggetto delle sue delizie, e sin dall'età giovanile offrì dei saggi di canti estemporanei con applauso degl' intelligenti, che gli facean corona. Non volle però attuare per abito un tale esercizio, perchè l'improviso è il suicida della robusta poesia. Coltivando quindi con ardore questa brillante facoltà, scriveva sonetti ad imitazione del cantore di Laura, e terzine a cui ispirava forma, e concetti a modo del sommo Ghibellino. Il Poema di Dante era il suo libro prediletto, sù cui aveva fatto poderosi travagli. Diceva soventi volte, che il merito trascendente di quest'unico Poeta fu quello di aver saputo abbracciare da Gigante arte, natura, dottrina, e religione, e con una fantasia senza eguale, eriggere un Altare al bello ed' all'onesto, sacrificando con puro incenso le proprie passioni al culto della verità.

L' eloquenza di Maida era concisa, e vibrata. Esprimeva i pensieri di Tacito sotto la forma di Alfieri. Nemico della verbosità, e di quei slombati discorsi, in cui tranne l'armonia di vuote parole, null'altro vi scorgi di positivo, esclamava che prosa e poesia debbon essere feconde d' idee, in opposto s' imbatte nel ciarlatanismo.

Nelle penali Aringhe mostravasi logico stringente come Servan, e nelle civili allegazioni, didascalico come Pothier.

Egli fu due volte giudice in Cerzeto, ed in Grimaldi; ma la vita pubblica male si addiceva al suo carattere. I dotti han bisogno di disporre del, tempo a loro talento, e sono signoreggiati solamente dall' influenza dei propri pensieri. Si ritirò in famiglia a bearsi negli affetti della sua crescente prole, a ben diriger la quale ogni solerzia impiegava, onde renderli istruiti nei doveri, e nei precetti di nostra Angusta Religione, che debbon servire di norma alle azioni del cristiano: Essi gettano profonde radici nel tenero cuore allorché s' imbevono col primo alimento della vita, e lo assodano nella credenza, e nella pietà del Culto Divino. Quel Cuore diviene l' Ara della purità, ove vanno ad infrangersi e disperdersi nel nulla tutte le disordinate tendenze, pari ad uno scoglio, che sprezza la foga dei flutti tempestosi, per sfidare immobile i secoli ingojati dal tempo.

Era smodato l'amore, che lo attaccava ai suoi figli, e fu desso la cagione che l'astrinse a tarpare le ali alla sua fortuna, che tanto gli sorrideva nell'esordire della sua professione nella capitale della Provincia. La sua voce echeggiò spesso tra le spaziose volte dei Tribunali. ed il Presidente Signor Iodini, col Procurator Generale Marini l'onorava della più cordiale amicizia, perchè ne avevano sperimentato il suo letterario valore. Ma speranze cotanto seducenti, che gli schiudevano d' innanzi una prospettiva di lieta sorte, nulla valsero ad imporre un freno al cuore di Maida, cuore non trambasciato da bassa invidia, nè da ingorda ambizione; quindi gli piacque dare un addio al Cosentino Foro, perchè la provvidenza lo destinava negli alti suoi decreti a tergere le lagrime della vedova angustiata; dell'Orfano avvilito dall'altrui prepotenza; dello innocente oppresso dall' iniquità, nell' angusto perimetro di pochi Circondari: Ed ivi del pari la sua filantropica Carità, fiamma Celeste che vivifica e riscalda le anime generose, gli attirava la pubblica riconoscenza.

Raffaele poteva ritenersi come il simbolo dell' amicizia. Il suo cuore aveva bisogno di espandersi, e rinveniva grato accesso nella comune simpatia. Incapace di offendere nè anco per ischerzo, quindi si impossessava del rispetto, e dell'ammirazione universale.

Anima scevra di orgoglio, tipo di vera affabilità!

Ma la curva che segnava nello spazio i giorni di sua vita, doveva toccare il termine finale, poichè era scritto là su nel Ciclo da Chi regge il Creato, che compiuto era il dramma della sua esistenza! Era fissato che una intera famiglia rimanesse orbata di Padre, e che una tenera Consorte dovea mirare l'essere il più caro alle sue affezioni non più riposare sulle nuziali piume; ma nel feretro di morte: Che tutta una popolazione superba di annoverare tra essa colui, che il lustro formava della patria, esserle rapito d'avanti, sparendo come meteora, che solca rapidamente i campi celesti.

Nella sera del giorno Otto corrente, epoca nefasta e luttuosa da non disperdersi nell'oblio, Maida cessava di vivere. E di qual morte? Mio Dio, stendi un velo per ascondere quel terribile istante, che fè fremere la natura, e strappò le lagrime dagli occhi al più severo Stoicista! E chi poteva aggiustar fede al ferale annunzio? Un grido generale esprimente il più cupo dolore si espande da un estremo all'altro del Comune e gli abitanti accorrono spaventati sul sito ove accadde la catastrofe di tanto orrore; ma ritornano colle pupille asperse di pianto, col cuore angosciato da mestizia! E la famiglia?  Oh! e chi può parlare di essa! Quando l'animo perde ogni speranza, il cuore rimane inaridito. Non ha più lagrime a versare, non ha più gemiti per dare sfogo al dolore! Cinque giovanette figlie, pari a sbuccianti rose, invase da orrendo pensiero si aggruppano alla soglia di un alto sporto, onde rinvenire nel precipizio la perduta calma e se provide mani poteron sviare l'effetto, la più snella di esse già tornava sulle dure selci ! Ella visse, ma scossa di membra, affranta da spasimi.

Si, o affettuosi figli del più culto genitore, voi rimaneste impietriti come Niobe alla vista della prole trucidatagli dall'irato figlio di Latona. Colui che abbelliva i giorni della vostra esistenza: che pari ad un celeste Cherubo dalle sette Ali, vi accoglieva sotto l'ombra del suo affetto: che dopo Dio, attirava la vostra venerazione più non esiste! Poteste voi. in quell'istante calcolare l'intensa sciagura che vi colpiva? Pur troppo che nò. In quei momenti o si muore, o si rimane esterrefatto, poichè lo spirito invano impera al corpo, da cui scomparve ogni energia. Ma il tempo che alenisce la violenza del dolore, vi farà valutar meglio qual colpo vi serbava il destino ! La vostra piaga è cruenta , e gronderà sangue per tutta la vita.

E tu salve, o illustre Amico, che abbandonata questa valle di pianto, volasti al Cielo in seno del Signore. Col duolo universale, accogli anche le mie lagrime, espressione del giusto cordoglio che afflige chi ti era attaccato come Fratello. La tua memoria non Sarà immolata sull'Altare dell'oblio, e le tue virtù scolpite nel cuore dei concittadini, attireranno per sempre la più sentita riconoscenza1.

 

1 D. Raffaele Maida morì fulminato da un colpo di apoplesia violenta, nell'atto che passeggiava in pubblica strada.