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L'EPOCA DEI BRIGANTI
E' noto che, nel meridione, dopo l'unità, si verificò la recrudescenza del brigantaggio che assunse proporzioni allarmanti. favorito com'era dalla reazione borboniana. Le cause, la natura, le vicende di esso, esulano dal tema del nostro scritto. E. tanto più non ci interessano, in quanto che Lungro ne fu completamente immune. Un solo nome di lungrese compare nella rubrica del brigantaggio.
Era un fabbro: Mastro Fedele, intelligente abile meccanico armiere.
Una banda della vicina Sarcena, dopo essersi servita della sua opera di artigiano, lo sedusse. Abbandonò Lungro, dove l'ambiente era inadatto. Visse alla macchia ma più che commetterne, subì gli eccessi della banda di cui era diventato capo.
Intanto era sceso in Calabria il famoso colonnello Pietro Fumel, coi pieni poteri. Mastro Fedele venne arrestato a S. Basile e dopo poche ore, sulla via « Dirupata », sopra Morano, scontò la gloria del suo triste e squallido primato.
Il Fumel a Lungro non ebbe a lavorare, anzi vi attinse gregari attivi e fedeli, che lasciarono un nome nella lotta epuratrice.
Guaragna Salvatore, inteso «Trentanno », fu dei più arditi. I briganti stessi ne temevano il coraggio, la geniale scaltrezza per gli agguati e l'infallibile mira di fuciliere.
Si narra che un giorno nell'inseguire una banda, la pattuglia dell'ordine venne a contatto con essa. Presero posizione e Trentanno si trovò di fronte al brigante più temuto come tiratore. Questi voleva far sì che l'altro si ritirasse con i suoi, dal duello; e scorgendo che dal riparo di un tronco, ne usciva solo un. tallone, gli fece saltare il tacco della scarpa, con un palla ben aggiustata e accompagnò l'atto già molto persuasivo, con un commento verbale.
Ma «Trentanno », calcolando perfino la resistenza dell'albero dietro cui era l'avversario, gli piantò una palla in fronte, commentando a sua volta la maggior perfezione del suo tiro.
Il soprannome di «Brigante », rimase attribuito a tale Cortese Vincenzo per un altro episodio.
Abbiamo detto che Lungro non ebbe briganti propri; no-
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nostante, il territorio subì le scorrerie delle bande altrui.
Una volta, tre donne, che si recavano a legnare in montagna, vennero catturate, ed una sola però fu ritenuta dai manigoldi. Dopo una settimana, la scaltra Filomena M., che così si chiamava, riuscì ad evadere e tornarsene a casa, portando seco il tesoro della banda.
Una notte i fuorilegge vennero in paese per vendicarsi e recuperare, perciò costrinsero ad indicare loro, la casa della evasa: il Cortese. Questi seppe fare in modo di temporeggiare, mentre faceva avvertire la famiglia della donna. Così, quando i briganti giunsero presso il loro obbiettivo, furono accolti come meritavano, dal fuoco di tutto il vicinato e rinunciarono all'impresa. Si dice che la donna morì poco dopo, per il malore conseguito alla paura.
IL MOVIMENTO PRO ALBANIA
Compiuta l'unità d'Italia, non si spense in Lungro il fervore liberale. Ardenti ventate di solidarietà si accesero per la Polonia e ancor più per l'Albania la patria originaria, i cui destini si affacciano sul tappeto diplomatico internazionale, man mano; dal Congresso di Berlino alla Lega di Prizsrend; dalla guerra greco-turca alla guerra balcanica, a quella mondiale del 1914-18.
La Società albanese di Rooma, il Consiglio Albanese, il Comitato Albanese i quali, in definitiva agiscono ispirati dal principio: L' ALBANIA DEGLI ALBANESI riscuotono entusiasmo e trovano adesione in molti lungresi. Fra i più attivi e appas-
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sionati ricordiamo Orazio Irianni, Alberto Straticò, Camillo Vaccaro, e i fratelli Attilio e Umberto Belluscio. Tutti costoro con la penna o con la parola a con l'opera di propaganda, mantennero viva l'idea fondamentale della indipendenza dell'Albania e della collaborazione fra l'Italia e Albania, nazioni legate da troppe vicende storiche che ne hanno messo in evidenza i grandi interessi comuni.
LA SOCIALITA'
Nella storia di Lungro si riscontra sempre vivo il senso della vita comunitaria. Fin dall'epoca borbonica esisteva una associazione dei "Lavorieri Salinari ". Contava come socio nientemeno che S. Leonardo, patrono dei minatori, al quale ogni mattina, previo appello, veniva segnata la presenza come operaio, e veniva corrisposta la paga devoluta al di Lui culto. Sullo sfondo dell'abside della chiesa, ora Cattedrale, un affresco rappresentante un Cristo Risorto, reca scritto che fu dipinto a devozione dei tagliatori della Salina. La associazione svolgeva opera di assistenza mutua nei bisogni degli aderenti. Assistiamo dunque ad una forma sia pure rudimentale di mutualità, che per l'epoca in cui sorse, e per il periodo in cui svolse la sua attività, deve destare l'ammirato compiacimento di noi posteri.
L 'associazione, con alterne vicende e fortune, restò in vita fino al 1884. In quell'anno, o che avesse smesso l'attività, o che non rispondesse alle esigenze mutate, vene sostituita dalla «Società Operaia », sorta con compiti e scopi più aggiornati. Nel 1904, come espressione di ulteriore rinnovamento della vita pubblica del Comune, sorse la «Associazione Popolare di Mutuo Soccorso Skanderbeg ». In quella occasione venne coniata una medaglia in nikel, dal conio bellissimo, recante nel recto l'effigie di Skanderbeg e nel verso, un fascio di spighe legato con un nastro. Se ne conserva solo qualche esemplare, divenuto ormai una rarità. Diodato Trifilio ne fu il primo presidente. Le associazioni di cui abbiamo accennato, fra gli altri scopi esercitarono in varie forme, la cooperazione del consumo, per affrancare gli operai dai maggiori costi praticati dal commercio professionale. E dal 1919, fino al 1922, fu attivissima una cooperativa di consumo, aperta a tutti, dal nome « l'Avve-
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nire Economico ». La « Skanderbeg » cessò di esistere nei primi anni della ultima guerra ed attualmente le provvide forme mutualistiche e cooperativistiche sono sospese. Certo fra le cause di questa involuzione, contano i nuovi ordinamenti previdenziali di diritto generale, ma non può non annoverarsi quello che si è già detto, circa la minacciata soppressione della Salina, la quale, anche se solo minaccia, mantiene nella popolazione, un senso di desolante pessimismo.
Lo spiccato senso della vita collettiva determinò anche il comportamento della Civica Amministrazione di cui ci sembra opportuno esporre le principali iniziative tese verso il progresso civile.
Lungro ebbe l'acquedotto civico nel 1898, realizzato con intervento perfino economico di cittadini privati. Nel 1900, il Cimitero che alla promulgazione della legge napoleonica occupò il vecchio convento carmelitano e la parte di giardino attaccata alle mura, subì la sistemazione attuale che necessita, è vero, di ulteriore progresso, ma che in tutti i modi ha finora soddisfatto dignitosamente i bisogni. Nel 1911, il 31 marzo, ultimata la rete, fu accesa per la prima volta a Lungro la luce elettrica.
L'Amministrazione presieduta dal Sindaco avv. Pietro Laurito, nel 1918 acquistò, destinandolo a residenza degli uffici municipali, un bel palazzo antico: quello distrutto dall'incendio del 1947 che è stato poi ricostruito nella forma attuale. La stessa amministrazione, sensibile alle necessità tristemente sperimentate dalla cittadinanza in occasione delle epidemie di colera, vaiolo, febbre spagnola, manifestatesi nei decenni precedenti, costruì nel 1919, fuori dal paese, un Lazzaretto che, in seguito, mutate le condizioni, venne adibito a Caserma del distaccamento della Guardia di Finanza. Nel 1933, essendo Podestà Vincenzo Laurito, fu costruita la rete pubblica di fognature.
Si può ben dire che Lungro non abbia ritardato ad affrontare e risolvere i problemi inerenti al progresso.
Ma ora, col mutare dei tempi, con gli aggravi economici dei bilanci, determinati da tanti nuovi servizi e necessità, i Comuni, piccoli o grandi, non sono più in grado di far fronte, da se stessi, alle sempre crescenti esigenze di miglioramento. Ond'è che si rende indispensabile l'intervento dello Stato o di.
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rettamente, o a mezzo degli Enti appositamente creati. Lungro, e non solo Lungro, deve risolvere tanti problemi: Dal consolidamento dell'abitato al rinnovamento della rete idrica; dalla costruzione di edifici pubblici alla viabilità rurale e campestre, con particolare riguardo alla strada per la montagna. - Coloro che hanno a cuore le sorti del nostro paese e gli Organi cui spetta, diano, al di fuori di ogni ragione di parte ciascuno il proprio contributo affinché Lungro, ricca di un onorevole passato, non abbia ad arretrare sulla via della moderna civiltà.
ATTIVITA' CULTURALI E RICREATIVE
Nel 1776, fu terminata, a Lungro, la costruzione di una chiesa badiale, dedicata a S. Maria Assunta. Voluta dal cardinale Colonna- Stigliani, commendatario della Badia ex basiliana. Ma alla morte del Colonna, la Commenda fu devoluta al Demanio Reale. Fu così che l'edificio, che sorgeva nell'attuale piazza Casini, non ebbe sacra funzione che per poco tempo e rapidamente decadde, deteriorandosi. Nel 1820, il piano superiore ospitò le carceri, mentre la navata divenne teatro. Riferisce il De Marchis che spesso, compagnie di comici offrivano al popolo il « diletto della comedia » e più spesso ancora, i giovani colti del paese vi rappresentavano opere drammatiche. D'altra fonte apprendiamo che nello stesso locale venivano tenute conferenze culturali. Queste tradizioni, cori alterna fortuna, sono state sempre mantenute, se è vero che Lungro intese la parola di illustri uomini come Bixio, De Rada, Casini, Cavallotti e tanti altri che vi furono ospiti. -Nel 1907 l'edificio fu demolito. Nonpertanto, Lungro ebbe il suo Circolo Cittadino durato fino al 1925, ed ebbe un cinematografo fino dall'epoca del muto. Ora i locali per tale attività sono due.
Una passione diffusa è il gioco delle carte, che non assume, come parrebbe, la funzione del diletto vizioso, ma assurge ad esercizio accademico dell'intelligenza, tanto che in alcuni periodi, si sono svolte delle vere gare di « terziglio » o di « scopone », non prive di. serietà agonistica.
La caccia, stimolata, in altri tempi sia dall'abbondanza della fauna, sia dal naturale amore per la montagna (lo abbiamo già detto), ha avuto in Lungro, onore di vasto proselitismo e
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raffinata abilità. Abbiamo detto della gara di tiro che si svolge in occasione della festa di S. Maria di Costantinopoli, e delle frequenti gite in montagna che assumono il carattere di un vero rito.
In questi ultimi anni, è quasi scomparsa la tradizione dei "Piruzzi", sorta di gioco con due legni tondi, uno per lanciare l'altro, al quale gioco, durante la settimana in albis, partecipavano specie le donne, per interrompere, una volta tanto, l'austera riservatezza dello loro vita familiare.
Radicato è il gusto della musica e del canto, alternati alla danza; come espressione popolare dei sentimenti più intimi, L 'amore, l'amicizia, i fatti più importanti della vita, ispirano a tutti, squisite interpretazioni estetiche che si esprimono con componimenti poetici improvvisati, i quali, cantati con musica (di solito la zampogna), e intrecciati con danze, hanno assunto, il più delle volte, toni artistici pregevoli, ond'è che «Viershët », sono una caratteristica memorabile per chi abbia conosciuto la vita lungrese.
Ma nel periodo di carnevale, questa esigenza attinge addirittura il fanatismo, perché tutti, o quasi, hanno da dire, e quindi da cantare qualche cosa che preme nel loro animo. Naturalmente, in tanta fioritura, c'è il bello e c'è il meno bello. Ora al Carnevale lungrese si è dato addirittura il titolo di « albanese », perché si è iniziata, da alcuni anni, la serie di rievocazioni sceniche, con comitive vestite in costume, delle vicende vissute dagli albanesi, nella migrazione in Italia.
La strofe posta, come insegna, sulla copertina del presente libro, è tratta da un « Viershë » che dice tutto l'attaccamento, del resto naturale, che noi lungresi abbiamo per la nostra piccola patria.
Noi la ripetiamo quì, nella traduzione italiana, dedicandola a coloro che il destino ha portato a vivere fuori da Lungro. Ai quali, con essa, inviamo un messaggio di nostalgica solidarietà e di fraterno augurio.
Colui che viene a Lungro
Mai più non l'abbandona!
Tu, amore che ci sei nato
Come te n allontani ?