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LE AL TRE GUERRE
Dalla campagna di Africa, alla guerra di Libia; dalla guerra mondiale a quella
di Etiopia, dalla Spagna all'ultima guerra, Lungro ha pagato alla Patria
italiana, abbondante contributo di sangue e di valore.
I nomi dei caduti della guerra 1915-18, sono
scolpiti in lapidi una volta murate sulla facciata del palazzo municipale.
Ora, dopo la distruzione e la ricostruzione del palazzo stesso, sono state
collocate nel portone, quasi in,risibili per il posto e per la poca luce. .
Ci sembra doveroso riportare r li l'elenco dei nomi che compaiono nelle lapidi:
BALZANO GIOACCHINO di Gennaro
BAVASSO RAFFAELE fu Nicola
BAVASSO GIUSEPPANTONIO fu Luigi
BAVASSO SALVATORE di Antonio
CAGLIOLO VINCENZO fu Gennaro
CARLOMAGNO PASQUAI.E di Giovanni
CORDUANO LEONARDO di Mario
CORDUANO NICOLA fu Luigi
CORTESE NICOLA fu Vincenzo
CORTESE PASQUALE di Raffaele
CORTESE SAVERIO di Raffale
CUCCI PASQUALE di Giuseppantonio
D'AQUILA COSTANTINO di Alberto
D'AQUILA ORIONE di Andrea
DE MARCO GIUSEPPE di Alfonso
DE MARCO SAVERIO di Alberto
FERRARO NICOLA. fu Alberto
FRONTE NICOLA di Angelo
FRASCINI ANCEI.O di Ambrogio
FREGA FERDINANDO fu Andrea
LAURITO NICOLA di Francesco
LOPREITE VINCENZO di Giuseppe
LOTITO SAVERIO di Nicola
MAROTTA LUIGI di Luigi
MATRANGOLO DOMENICO di Giovanni
MATTANO' DOMENICO di Costantino
MOLFA GIUSEPPE DI Andrea
NELLO ACHILLE di Vincenzo
MORRONE NICOLA di Vincenzo
PAGLIARO SANTE di Antonio
PAOLINO PEPPINO di Antonio
PRIOLI ANGELO fu Saverio
QUARTAROLO SALVATORE di Vincenzo
SCAGLIOKE ANGELO fu Martino
STRATICO' NICOLA fu Martino
Non deve sembrare che i caduti di cui sopra fossero incoscienti vittime del grande avvenimento della guerra, perché essi non furono da meno di tanti altri italiani i cui nomi, per doverosa e pietosa cura dei conterranei, sono stati celebrati in vario modo. A Lungro sarà mancata l'accortezza di presentare i conti consuntivi volta per volta, ma è certo che ogni vicenda della storia di Italia è stata sentita come altrove, se non di più. Noi ci siamo posti il quesito di quanta coscienza si avesse delle dolorose necessità della Patria e possiamo con certezza rispondere che essa fu sempre viva e generosamente spontanea. Il tempo trascorso ha reso difficile e a volte inutile, ogni
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ricerca della documentazione dei
sentimenti che animarono i nostri combattenti. Pertanto non possiamo, allo
stato, che presentarne qualche frammento raccolto in famiglie che ancora ne
conservano, fidando che si voglia concordare con noi, nella conclusione che di
prove possa bastarne anche una sola.
Il Caporal maggiore CUCCI Pasquale della classe del 1893, caduto poi in Albania
il 12- 6- 1916, col reggimento 15° Cavalleria « Lodi », in data 15 luglio 1915
scriveva alla madre:
....Ancora non abbiamo avuto l'onore di ricevere il battesimo del fuoco, ma
quando sarà l'ora propizia saremo pronti ed agguerriti per affrontare qualunque
ostacolo ed uscire sempre vittoriosi, ed il nome del reggimento Lodi dovrà
restare incancellabile... Spesse volte penso al paesello natio, forse non lo
rivedrò più, ma non importa perché se muoio, muoio per la grandezza della
Patria.
E in data 29- 8- 1915, sempre dalla zona di guerra:
...Mi addolora il lutto di Lungro riguardo i valorosi caduti e feriti per la
Patria, ma bisogna rassegnarsi, perché questo è un momento glorioso e storico
per l'avvenire della Patria. Come sarei desideroso anche io che la nostra Arma
prendesse parte quanto prima.
Queste lettere sono di un modesto soldatino, di scarsa cultura, e che scrivendo
alla madre, certamente non intendeva, con infingimenti, dire cose che non
sentiva. Albanesi di Italia che hanno ripagata, c. fedeltà eroica, l'ospitalità
ottenuta alcuni secoli or sono, in questa Terra che amano fino all'inverosimile.
I nomi dei Caduti delle guerre posteriori, attendono di essere raccolti ed
elencati appositamente, prima che se ne perda la memoria.
Questa potrebbe essere opera meritoria da svolgersi dall'Amministrazione
Comunale, ora che tutti i MORTI per la PATRIA, ad opera del Comitato, in unico
slancio di amore e di riconoscenza, sono stati ricordati, con i Patrioti del
Risorgimento, nella comune pietra votiva, consegnata al tempo.
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Il Fregio e la Scritta sulla faccia anteriore della Stele del Monumento |
Sulle altre facce della Stele sono scolpite le seguenti scritte
Sulla destra: A TUTTI I PATRIOTI DEL RISORGIMENTO RIASSUNTI NEL NOME DEL GENERALE DOMENICO DAMIS DEI MILLE DI MARSALA 1820 1844 1848 1859 1860 1866 |
Sulla sinistra: AI CADUTI DI TUTTE LE GUERRE 1911 1915-18 1936-38 1940-45
Sulla posteriore: PERCHE' PERENNE SIA IL RICORDO DEGLI EROI
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BIOGRAFIE
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PIETRO IRIANNI
Pietro IRIANNI figlio di Nicola, nacque nel 1830 e morì Nel 1898. Di mente
aperta, di carattere docile, apparteneva a famiglia progredita nelle nuove idee
di libertà.
Alcuni suoi congiunti, dopo l'insurrezione del 1848 ebbero persecuzioni e
condanne. Il giovane Pietro, era parco di parole, ma profittava degli studi che
compiva in Lungro e coltivava i sentimenti patriottici appresi in famiglia.
Entrò nella « Setta» ricostituita dopo i processi che seguirono ai fatti del
1848. Ebbe modo pertanto di riconfermarsi nelle idee rivoluzionarie e di far
parte della ribellione suscitata da Vincenzo STRATIGO' nel luglio 1859. Sfuggì
all'arresto e nel 1650, nella legione dei volontari ebbe il comando di una
compagnia a capo della quale combatte at Volturno. Nel 1866, al richiamo di
Garibaldi, si arruolò coi Cacciatori delle Alpi e visse le giornate ardenti
della campagna del Trentino. Morì a Lungro a soli 68 anni ( 1898), nel pieno
vigore. La sua morte ispirò a Giuseppe SEREMBE, il noto poeta albanese, un'ode
accorata di rammarico e di lodi. -
CESARE MARTINO
Non si conosce se la famiglia da cui nacque nel
1818 fosse di quelle venute dall'Albania alla fine del secolo XV ovvero di
quelle autoctone assimilate nella stirpe sopraggiunta. Comunque ai primi del
secolo era delle più cospicue. Forse dovette
subire qualche avversità di fortuna se Cesare, pur avendo compiuto i primi studi
a S. Demetrio Corone fu poi continuato ad
educare in Lungro dove buoni maestri laici, ed ottimi sacerdoti di rito greco
avevano, mente aperta alle idee nuove, e competenza umanistica.
Per essersi dedicato, con successo, alla restaurazione della famiglia, non compì
gli studi universitari, ma la sua cultura gli permetteva di essere fra gli
intimi del poeta Vincenzo STRATIGO', alla cui morte pronunciò l'epicedio. Nel
1848 fece parte del Comitato Rivoluzionario formatosi in Lungro, come risulta
dal processo che ne seguì, ma non potutasi accertare dall'istruttoria
l'esistenza in Lungro della« Setta » (Giovane Italia), che pure c'era. non fu
giudicato. Nel 1860 fu Comandante di una
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delle compagnie di legionari e come tutti questi, col reggimento comandato da Domenico DAMIS partecipò alla battaglia del Volturno. Nel 1866 corse volontario nei Cacciatori delle Alpi convocati da Garibaldi e partecipò alla battaglia del Trentino rimanendo ferito a Bezzecca. Morì nel 1887.
PASQUALE TRIFILIO
Da Francesco Trifilio che nel 1848 fu tra gli insorti e poi tra i condannati
politici, nacque Pasquale nel 1836. La famiglia originava da Verbicaro.
L 'esempio del padre, le conseguenti sofferenze della famiglia, l'ambiente
paesano, gli furono maestri nella via del patriottismo e delle idee
rivoluzionarie. Per essere figlio di galeotto, non potette compiere regolari
studi, ma in Lungro stessa, dove per antica tradizione fiorivano scuole private
tenute da laici e da sacerdoti, il Trifilio potette acquistare una cultura,
sufficiente a permettergli componimenti di poesie e stornelli in lingua albanese
che si cantavano popolarmente.
Della sua attività cospirativa e patriottica fa fede il foglio di notizie e
informazioni personali compilato in Lungro nel dicembre 1901 dalla direzione
della Salina presso la quale in seguito fu assunto come capo operaio di prima
classe.
Nel detto foglio si legge testualmente: - "Emissario per la rivoluzione del 1859
e 1860, Ufficiale Garibaldino nella guerra del 1860 e 1861, Ufficiale 18°
Reggimento Fanteria e destinato alla repressione e distruzione del brigantaggio
di Calabria e Basilicata, Ufficiale nei Battaglioni mobili nel 1864 e 1866,
ufficiale di Milizia Territoriale, ora capitano a riposo". Da tali notizie si
desume come il TRIFILIO sia stato fra i seguaci di Vincenzo STRATIGO' nei moti
del Luglio 1859; e quindi dei Cinquecento lungresi nel 1860. In questa
spedizione fu insieme col padre Francesco che pur coi suoi 54 anni volle
parteciparvi a suggello del suo passato idi condanne e sofferenze.
A Pasquale TRIFILIO venne affidata una delle cinque compagnie della Legione
lungrese fino alla Battaglia del Volturno.
Incorporato nell'Esercito Italiano nel 18° Regg/to Fanteria, fu inviato nei
Reparti incaricati della repressione del brigantaggio, dopo il 1864 e fino al
1866 fece parte dei Battaglioni mobili e con questi partecipò alla III' Guerra
di Indipendenza. As-
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segnato alla Milizia Territoriale rientrò in Lungro e fu assunto nella miniera salifera dello Stato. Morì nel 1903.
GIUSEPPE SAMENGO
Nel 1750, dalla natia Genova tre fratelli di una facoltosa famiglia ligure
vennero a Lungro, perché le solo nel 1811 passò allo Stato. Il contraente era
Antonio Samengo. Gli altri due si chiamavano Luigi e Pasquale. Antonio sposò in
Lungro una Margherita Molfa e ne ebbe Francesco- Saverio, il quale sposato con
Rosa Ferrari da Frascineto ebbe ben otto figli. Quinto, per ordine di nascita fu
Giuseppe, che venne al mondo nel 1825. A S. Demetrio compì brillantemente gli
studi classici e venne avviato alla laurea in Diritto a Napoli.
L 'orientamento politico appreso nel Collegio di S. Adriano in S. Demetrio
Corone, lo indusse a cercare nella Capitale amici ed ambienti liberali. Poco
prima dei fatti del 15 Maggio 1848, era rientrato a casa dopo l'esame
preliminare alla laurea e pertanto la rivolta lo trovò in Lungro.
Formatosi il Comitato Rivoluzionario egli ne fece parte. Per questo, nel 1849,
venne arrestato sotto l'accusa di cospirazione e di istigazione alla
rivolta. Non raggiunto da prove venne scarcerato. Ritornato a Napoli gli fu solo
permesso di conseguire la laurea e subito dopo gli venne ingiunto il rientro al
paese di origine senza neanche il benestrare per l'esercizio della professione.
Nel 60 si arruolò nella Legione dei 500 e attribuitogli il grado di Capitano, fu
messo a capo di una delle cinque Compagnie e partecipò quindi alla Battaglia del
Volturno.
Il Governo unitario 10 volle Magistrato e raggiunse il grado di presidente
della Corte di Appello.
Negli anni di residenza obbligatoria in Lungro ( 1854 -1860) fu collaboratore
del Giornale « IL CALABRESE » di Castrovillari scrivendo di argomenti letterari,
filosofici, scientifici.
Morì a Roma il 1904.
VINCENZO STRATIGO'
I precedenti guerrieri e non ignobili della famiglia da cui nacque, si ritrovano
in un documento del 13 Novembre 1533
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conservato nell'Archivio della Real Camera Summaria » in cui ~ foglio 42 si legge che il RE ( Carlo V°) informato dal Principe di Melfi, Andrea DORIA del valore dimostrato contro i Turchi dagli STRATIGO', Antonio Demetrio, Giovanni e suoi germani: sia nell'assedio che nella presa della Città di Corone, e informato altresì delle condizioni di miseria in cui erano piombati dopo l'abbandono della cara terra e il passaggio in Italia, li armava cavalieri e assegnava loro una somma di 70 ducati annui ed altri privilegi, compreso quello di stabilirsi liberamente nel Regno (di Napoli) e di avere terre e case in Puglia e in Calabria. Gli Stratigò sono dunque tra quelli albanesi venuti in Lungro nell'ultima fase delle migrazioni (prima metà del secolo sedicesimo). Li troviamo, da quell'epoca, ininterrottamente, fra le persone, più in vista. Abbiamo già parlato di un Angelo, medico autore di una monografia di CEPHALOGIA; e di un Luigi sacerdote, professore a Cosenza e Cassano. -Nel 1822 nacque Vincenzo, figlio del magistrato Angelo e della nobildonna Matilde Mantile. Come gli altri figli di famiglie cospicue fu inviato agli studi nel Collegio di S. Demetrio Corone e, compiuti gli studi classici, alla Facoltà di Diritto in Napoli. L 'insofferenza del carattere, in una al fascino delle nuove idee sociali, fecero di lui uno dei più ardenti e non sempre prudenti cospiratori.
La Polizia borbonica, prevenuta maggiomente contro gli studenti di Calabria dopo l'insurrezione del marzo 1844, non tardò a notare che Vincenzo Stratigò era pericoloso e lo tenne d'occhio. Nel 1848, subito dopo i moti del 15 Maggio lo rimpatriò coattivamente a Lungro interdicendogli l'ulteriore residenza a Napoli.
Vincenzo STRATIGO' giunse in tempo per partecipare alla resistenza di Campotenese e Monte Sant'Angelo.
Sfuggì alla repressione giudiziaria ma dopo il processò che fruttò la condanna di DAMIS, TRIFILIO, MARTINO e altri, venne colpito dal provvedimento di domicilio coatto e destinato a Badolato. E il padre Angelo venne trasferito da Tiriolo a Muro Lucano dove infieriva il colera che lo trasse a morte nel 1855. Nel fermento ideologico del decennio, Vincenzo Stratigò che era sopratutto poeta, accolse la mistica mazziniana di Dio e Popolo e condivise la tesi socialista di Pisacane di portare la rivolta dalla elaborazione ideologica della borghesia alla rivo-
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luzione attiva delle masse popolari.
Intanto a Lungro disertata e percossa dalle conseguenze della rivolta della primavera del 1848, semina le sue idee man- tenendo vivo il clima rivoluzionario; Usava per la propaganda, la cospirazione segreta, gli scritti ad amici, i versi in italiano è in albanese. Nel 1852 una laude popolare in onore di S. Elia, la cui festa ricorre in luglio, veniva cantata dalla massa dei fedeli durante la processione del Santo, la cui immagine lo rappresenta armato di spada e in atteggiamento guerriero. Per tutta risposta le autorità, che apprezzarono le chiare allusioni politi- che dell'inno, vietarono la processione negli anni seguenti fino al 1860. E non sappiamo quanto quei versi abbiano influito a determinare il domicilio coatto dello Stratigò. Il 16 Luglio 1859, alle notizie che giungevano dei fatti di Magenta e di Varese, Vincenzo Stratigò, fatto radunare, ad opera dei suoi fidi Pietro Irianni, Cesare Martino ed altri, in una Piazza di Lungro, molto popolo, lo arringò incitandolo alla rivolta. Le conseguenze, come abbiamo altrove detto, furono gravi, ma dei promotori del moto tutti sfuggirono all'arresto, mentre i loro familiari ne subirono le conseguenze. La sessantenne madre dello Stratigò, donna Matilde Mantile, poco dopo scriveva al figliuolo latitante: « io sono nelle prigioni di Lungro insieme ad altre donne i tuoi fratelli godono e cantano nelle prigioni di Cosenza con i fratelli di Agesilao Milano ».
Nel luglio dell'anno seguente, quando il Comitato insurrezionale Centrale di Cosenza ordinò la mobilitazione e in Lungro si organizzò la schiera dei 500, Vincenzo Stratigò fu messo a capo di una delle cinque compagnie e inoltre fu nominato commissario politico della formazione.
A Napoli in piazza S. Francesco (non ancora del Plebiscito) arringa il popolo assieme con padre Gavassi. Al Volturno non smentisce se stesso.
Incorporato nell'Esercito, nel 1864 lo troviamo membro del Tribunale di Guerra per la repressione del brigantaggio in Basilicata. A Lagonegro dove risiede, fonda scuole e promuove opere sociali tanto che il Consiglio Comunale, il 27 maggio 1864, gli conferisce la cittadinanza onoraria. Nel 1866 è capo di Stato Maggiore del generale Durante. Poco dopo però resta disgustato dalla boria degli Ufficiali di carriera che mal vedevano l'a-
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scesa dei colleghi garibaldini, A mensa, un giorno, insofferente per l'ennesima provocazione di un Ufficiale Savoiardo, gli lancia piatto in faccia e si dimette.
Tornato a Lungro riprende gli studi sulla questione del Mezzogiorno, sull'evoluzione del proletariato e continua a poetare. Nel 1867, dopo i fatti di Mentana, che avevano riaccese le polemiche sulla questione romana, indirizza a Garibaldi versi come questi: « Avanti! Avanti! Pallido e ardito battagliero di Mentana, ferito dal" piombo delle Sante Chiavi! ».
Come aderente al movimento socialista, subisce perquisizioni alle quali risponde con scritti di protesta. Ma a questo punto il nostro compito è di rimandare i curiosi a consultare quel che scrissero di Lui il Prof. Alberto Straticò nella « Letteratura Albanese » (Hoepli 189(, ), Cesare Lombroso nel suo « In Calabria » (Catania 1892). Il Prof. Giuseppe Ferrari nella «Storia della Letteratura Albanese » dell'Università di Tirana, nonche tanti. altri, su giornali e riviste del suo tempo e fino ai giorni nostri.
Morì in Lungro il 29 settembre 1885.
CUCCI Pasquale
Nato nel 1816 o 1817, mancano dati precisi, ma si sa che fin dal 1844 era dei più attivi cospiratori, tanto che era impiegato dalla « Setta » di Lungro. per mantenere collegamenti e comunicazioni con le dipendenti filiali dei paesi vicini e, a volte, con quelle direttive di" Cosenza e s. Demetrio. -Dopo il 1848, avendo partecipato alla resistenza, di Campotenese, dovette darsi alla latitanza. Gli anziani ormai scomparsi, con frase concisa e caratteristica della lingua albanese, raccontandone le avventure di fuggiasco, lo indicavano come uno che aveva « fatto Costituzione ».
Mori nel 1867, cinquantenne appena; pochi anni dopo che aveva partecipato alla rivoluzione del 60.
LECCADITO Angelo
Aveva circa 35 anni quando partecipò alla spedizione del 1860 con la schiera dei lungresi. -Ma l'episodio che più lo fa