CAPO II.

 

SOMMARIO

1. Gli Albanesi tra gli Stradiotti concorrono alla scacciata di Carlo VIII dall'Italia - 2. Combattono contro la lega di Cambrai, primi rovesci - 3. L'armata veneta s'ingrossa con altri soldati e marinai albanesi, sostiene lo assedio di Padova. 4. Dissensi tra il papa Giulio Il e il re di Francia - 5. I Veneziani tentano di riprendere Verona - 6. Rottura di guerra tra il Papa e Ludovico XII avvenimenti di Bologna, gli Albanesi distinguonsi a Gradisca, alcuni restano prigionieri del Francesi - 7. Gastone di Foix assalta Brescia, disfatta del Contarini gli Stradiotti si salvano – 8. Giornate di Ravenna, il Cardinale dei Medici prigioniere degli Stradiotti - 9. Alleanza franco-veneta contro i Tedeschi, e gli Spagnuoli; battuta dal Cardova - 10. Sforzi dei Veneziani onde nutrire la guerra; fazione contro i Tedeschi con perdita degli Stradiotti - 11. I Francesi uniti con i Veneziani; progressi della guerra in Lombardia; fine della lega di Cambrai - 12. Drappelli di Albanesi riacquistono Urbino alla casa Della Rovere - 13. Alcuni loro capitani si distinguono nella battaglia di Pavia. Gli Stradlotti della Repubblica prendono servizio con altri potentati.

 

1.

Gli Albanesi di tutte le regioni di tutti i tempi non pervennero mai al grado da fondarsi una storia propria, in quelle degli altri un posto meramente secondario talvolta occuparono; in fondo allo abbassamento in cui erano caduti è ancor molto se il nome loro confuso nelle guerre combattute in Italia di tanto in tanto comparisce: la lotta che per lunga età dalle alpi all'adriatico dilaniando la penisola per la cupidigia degli stranieri sempre invidi della sua rinomanza e delle sue ricchezze, gliene porgeva le occasioni. Mentre quelli nel mezzogiorno dibattevansi fra gli artigli di un feudalismo diverso nella forma da quello donde erano usciti, gli altri dagli occhi sempre conversi alla Repubblica di Venezia e su i regi della stirpe aragonese in preferenza con questi se la diedero; però non crediamo sortire dal nostro proposito toccando le guerre e per l'una e per gli altri sostenute, riproducendo le parole testuali degli scrittori, i quali tra il novero dei combattenti con ispecialità gli Albanesi nominarono. Per far collegare le gesta di quei soldati di ventura, e trovare la ragione di quanto fecero in drappelli alegati, talvolta in opposte file, ci si conceda che in questo capo con i fatti loro anche degli altrui sorvolando dicessimo, quantunque le sian cose già per altre storie note.

Quando la Repubblica si collegò con USssunl Cassan re di Persia per combattere i Turchi nei mari di Asia (1472) «gli Stradiotti, dice il Sismondi, cominciavano allora a formare una parte essenziale degli eserciti veneti, perciocchè avevano costretti i Greci a riprendere le abitudini guerriere. Erano questi Stradiotti cavalieri di lievi armature, non d’altro muniti che di scudi, di lancia, e di spada, invece di corazza essi portavano le vesti foderate con molta e compatta bambagia per ammorzare i colpi nemici; velocissimi erano i loro cavalli e reggevano al corso lunghissimo tempo. Il vigore del cavalli fece presto conoscere il merito della nuova milizia, la quale dimostrossi pregevole anche per parte dei cavalieri. Fra gli Stradiotti quelli della Morea, e fra questi quelli del circondario di Napoli, furono i più pregiati, e presero il nome dal vocabolo greco che significa soldati» (1). Che fra gli Stradiotti vi fossero stati molti Albanesi lo si rileva dal Comin. Egli dice: « Gli stradiotti sono gente vestita a piedi e a cavallo come i Turchi salvo la testa dove non ànno il turbante, (cosi allude ai cappellotti già al servizio di Spagna) gente dura e dormono all'aria tutto l'anno, essi e i cavalli. Erano tutti Greci venuti dalle piazze che i Veneziani ci ànno; gli uni da Napoli di Romania in Morea, gli altri di Albania verso Durazzo, e sono i loro cavalli buoni e tutti di Turchia. I Veneziani se ne servono molto e si fidano, e sono prodi uomini e molto molestano un campo quando vi si mettono» (2). I servizi dagli Stradiotti renduti alla Repubblica se non contribuirono integralmente a costituirla forte qual'era divenuta da primeggiare in Italia, e stare a fronte dei più potenti Stati di allora, certo furono essi che delle Tenete armate incussero il maggior timore.

Colle aspirazioni di Carlo VIII re di Francia sul reame di Napoli abbiamo veduto come in Albania gli animi sollevaronsi per opera di Filippo di Comines, dello Arcivescovo di Durazzo, e di Arianite. Allora i Veneziani, i Milanesi, il Papa Alessandro VI, gli Spagnuoli gli contrastarono il passo, e tra le altre milizie dei confederati vi era un corpo di cavalleria di cinquemila soldati, di cui una metà Stradiotti di oltre mare al soldo dei Veneziani fatti venire dalla Macedonia, dallo Epiro e dal Peloponneso e anche d’Albania, i quali sostennero la battaglia data il dì 6 luglio 1495 in Fornovo, piccolo borgo alle falde degli appennini presso al fiume Taro nel Ducato di Parma (3). Così nel tempo istesso che i partiggiani del re Carlo promettevano di sollevare l'Albania, un corpo di Albanesi contro di lui combatteva. I Francesi già soccombevano a fronte dello oste collegata, e di maggior numero «erano pure in tal qual modo atterriti vedendo l’armatura e l'inusitata maniera di combattere degli Stradiotti» (4). Ma quando costoro potevano far decidere la sorte della guerra in quella vece la compromisero, imperciocchè «gli Stradiotti mandati ad assaltare i carriaggi dei Francesi, dice il Guicciardini, cominciato senza difficoltà a mettersi in preda (e attendendo a condurre chi muli, chi cavalli, chi altri arnesi di là del fiume) non solo

 

(1) Eγρxτioήc M. A Sabellici dec Ill. Lib. IX. f. 211 Sism. Stor. delle Repub. Ital. Cap. 82. p. 709. Prato. Guicciard. stor. d'Italia Lib.II. Cap. III. p. 100. Prato. Palmerio Lib. I. pag. 14.

(2) Com. Memorie.

(3) Pouq. Voy. en Grec. Tom. III. p. 283.

(4) Sism. Stor. delle Repub. Ital. cap. 96. p. 116.

 

 

 

quell'altra parte degli Stradiotti che era destinata a percuotere i Francesi per fianco,  ma quelli ancora che già erano entrati nel fatto d'armi vedendo i compagni suoi  ritornarsene negli alloggiamenti carichi di spoglie, incitati dalla cupidità del guadagno si voltarono a rubare i carriaggi. L'esempio dei quali seguitando i cavalli e i fanti uscivano per la medesima ragione a schiere dalla battaglia» (1). Rimasta indecisa la vittoria i francesi poco dopo se la batterono, gli Stradiotti inseguironli fino ad Asti, ed avvenne la ritirata di Carlo VIII dall’Italia(2).

Come a scacciare questi, a rimettere sul trono di Napoli Ferdinando II di Aragona cooperarono. Imbarcati sulle galee venete guidati da Antonio Grimani di conserva con gli Spagnuoli, e i seguaci aragonesi venuti da Sicilia a sfrattare Napoli, e le altre città occupate, presero nel maggio di quell'anno la città di Monopoli difesa da grosso presidio francese. «Il Grimani per eccitare il coraggio e la cupidigia degli Stradiotti, che aveva condotti da Corfu, promise loro il sacco della città se la prendevano di assalto. La città fu presa e trattata barbaramente, l'Ammiraglio veneziano potette a stento salvare la vita alle donne, ed ai fanciulli che si erano rifugiati nella Chiesa» (3). Di tanta barbarie invero non sapremmo dire se il vitupero spetti più a chi comandava o a quelli che ubbidivano.

Una dello più belle fazioni fu certamente quella combattuta in Atella di Basilicata, in dove stava chiuso lo esercito francese. I Veneziani vi spedirono il Marchese di Mantova con settecento uomini di armo, altrettanti Stradiotti e tremila fanti pagati dal re Ferdinando a molto caro prezzo; lo disfecero, a la sorte del regno si decise ritornando agli Aragonesi (4).

L'anno appresso la Repubblica veneta spiegò la sua protezione per quella di Pisa contro ai fiorentini, i quali avevano p,reso ad osteggiare la indipendenza concessale dal re Carlo VIII. Ludovico Sforza Duca di Milano detto il Moro dapprima si era dato con i Veneziani, poi di accordo con Alessandro VI propose allo imperatore Massimiliano di scendere con i Tedeschi in Italia; i Veneziani, per non rimanere isolati vi aderirono, e per queste complicazioni la guerra da qualche tempo viva prese più forze di quanto i fiorentini prevedevano, essendo accorsi a pro dei Pisani uomini arma,ti da Lucca Milano Genova Siena e anche tedeschi e francesi. Più di tutti spaventarono gli Stradiotti al numero di ottocento condotti da Giustiniano Morosini (5). «Questi barbari soldati, scrive il Sismondi, che si erano renduti formidabili a tutta l'Italia, che avevano più volte fatto testa agli uomini di arme francesi, e che avevano dato a conoscere tutto quanto poteva valere la cavalleria leggiera, empierono in breve tutta la Toscana del terrore delle loro armi. Il 23 giugno 1496 fecero irruzione in Val di Nievole, passarono sotto monte Carlo, e avendo trovato resistenza a Buggiano presero quella terra, la saccheggiarono ed arsero, del pari che Steggiano, facendo provare ai Fiorentini quanto grande sventura fosse quella di un popolo giunto al sommo della civiltà, crhe venliva assalito da soldati appena usciti dalla barbarie» (6). Di quanto giovamento

 

(1) Guicciard. stor. d'Ital. Lib. II. Cap. IV. p. 107.

(2) Comines Mam. Lib. VIII, Cap. 5. - Sism. Op. cit. Cap. 96. pag, 104, 115, 119

(3) Sism. Op. cit.. Cap. 97. pag. 132 - ,Jovi llist. Tom. III. pag. 80  Guicciard. Stor. I.  Pag-116 - Bembi Hist. ven. Tom. III. Pag. 47.

(4) Jovi Hist.. sui temporis Lib. IV. pag. 132 -Guicciard. Op. cit. Cap. III. P. 161- Sigm. Op. cit. Cap. 97 pag. 144, 149.

(5) Guicciard, Stor. III. pag, 167 - Scipione Ammirato Lib, XXVII. pag, 230 - Jovì Hist.. Lib. IV. Pag. 143.

(6) Stor. delle Repubb. Ital. Cap. 98. pag. 155.

 

 

lo arrivo degli Stradiotti fosse riuscito ai Pisani lo si rileva puranche dalle parole stesse del Segretario fiorentino « La qual venuta, ei disse, fece che ai nostri parve pericoloso lo stare a Calci, e perchè gl'inimici non se ne valessero, lo disfeciono, e levatisi da Monticchio, si ritirarono a ridosso al Ponte ad Era, parendo loro quello alloggiamento più forte, e da potere aspettare di essere più grosso» (1).

I Veneziani per far che nè lo Imperadore tedesco già pervenuto in Italia, nè il Duca di Milano avessero occupato Pisa vi mandarono Annibale Bentivoglia loro condottiero con centocinquanta uomini d'arme, e poco dopo nuovi Stradiotti, e mille fanti (2). Grandi premure facevano i Fiorentini presso dello Imperadore a fin di scacciare i Veneziani; ma nulla ne ricavarono, onde si rivolsero poi (1497) al re di Spagna e al Papa, promettendo di unirsi anche essi contro ai Francesi, purché loro fosse restituita Pisa. Il Senato meno per la importanza di quella città che per essersi impegnato a difenderla, ne fece una quistione di onore, ma simularono i sospetti, e la poca fiducia nei fiorentini addimostratisi già di parte francese; laonde i soldati veneti e stradiotti non ne sortirono che quando avvenuta la morte di Carlo VIII, il Duca di Milano persuase il consiglio dei Dieci di sospendere le offese, e i Fiorentini  obbligavansi di pagare, si disse, ottantamila durati in dodici anni, componendo in una tal qual maniera le interne libertà dei Pisani (1499) (3), La quale composizione spiacque a tutti, nè rimosse il proponimento della Repubblica fiorentina più forte d'impadronirsi della pisana più debole.

 

2.

 

(1509) Le guerre intanto colle loro disfatte e colle loro vittorie, i frequenti trattati amicando e rivalizzando i reggitori dei diversi Stati non furono mai bastevoli a conservare la pace d'Italia. Quando sembrava che la montata al trono di un nuovo re, la esaltazione di un' altro gerarca supremo della Chiesa avesse potuto arrestare le aspre tenzoni, allora suscitavansi più tanto le smanie d'ingrandimento, le gelosie, le armi, i timori.

Dopo gli avvenimenti del regno di Napoli maggior pericolo correvano i popoli costituiti a libero reggimento. La Repubblica di Venezia usciva appena da una guerra disgraziata collo Impero turco; abbiamo veduto quanti gravosi patti accettò, qual dura condizione fece all'Albania (1503), e poiché credevano di colpirla nella sua depressione il Papa Giulio II in un momento di sdegno, Luigi XII chiamato pure Ludovico re di Francia, cui Genova e Milano ubbidivano, e per terzo Massimiliano Imperadore di Germania, e re de' Romani (tuttochè da particolare trattato si trovasse legato con i Veneziani ad una tregua di tre anni) combinarono contro di lei la famosa lega di Cambrai, dando pure a credere che contro del turco fosse rivolta; indi a poco lo stesso Ferdinando il cattolico re di Aragona e di Napoli per velleità sua, e dalla perfidia altrui vi fu trascinato. Quando nella capitale della Contea di Cambresis posta sulla shelda i collegati avevano già fissato la spartizione dei possedimenti, che intendevano di togliere alla Repubblica, cioè a dire alla Santa Sede Cervia, Faenza, Ravenna, Rimini, Imola, Cesena; alla casa di Austria

 

(1) Macchiavel. Framm. Stor. pag. 311,

(2) Guicciard. Stor. d'Ital. Lib. III. cap. IV, pag. 169.

(3) Idem Idem Lib, IV. cap. III. Pag. 222.

 

 

Roveredo, Treviso, il Friuli; allo Impero Padova, Vicenza, Verona; al re di Francia Brescia, Bergamo, Crema, Cremona, la Ghiara d'Adda, e tutte le dipendenze del Ducato di Milano; al re di Spagna e di Napoli Tranni, Brindisi, Otranto, Gallipoli, Mola, Polignano, allora dicevamo il Papa se ne pentì. Lui che per il primo aveva pronunziata una parola contro i barbari invasori, poi dalla irascibilità sua con questi si unì a buttare i semi di quelle strane teorie, che dovevano tramutare le ingiuste pretese nei cosi detti imprescrittibili diritti.

Non avendo ancora sottoscritto il trattato non sarebbe stato alieno di eluderlo, purché i Veneziani lo avessero accontentato dandogli le città dal trattato assegnategli. Per conseguire l'occulto intento v'interpose quel medesimo Arianite Costantino da qualcuno chiamato Cominates, il quale aveva assunto come si disse, la tutela dei figli della Marchesina di Monferrato. Questo profugo Albanese di cui più volte si è occorso di far parola, alla morte del re Carlo VIII nel 1498, dall'abbiatico suo Guglielmo IX, era stato scacciato dal principato, e presso del Papa si ritrovava (1). Il Cominate tenne segrete pratiche con Giovanni Badoero ministro della Repubblica, il Consiglio dei Dieci fu di tutto informato, ma prevalendo il parere di Domenico Trevisani non accettò la indegna offerta; preferì la guerra, e con grande apparato di forze vi si preparava, sapendo pure di dover combattere le armi dei collegati, e le censure ecclesiastiche le più terribili di quante fino allora dal Vaticano gli si erano scagliate. Militavano per la Repubblica più che quarantamila fanti e cavalieri; tra questi milleottocento Stradiotti (2); tutto lo esercito veniva comandato da un Nicolò Orsini Conte di Pitigliano scelto a Capitano generale, con lui altri capi chiari già per condotta di negozianti e per conoscenze militari. Primo ad assalire doveva essere il re di Francia, a cui più premeva d'impossessarsi delle città in Italia, e perchè sospettava che gli altri si dassero indietro, non pretermise tempo a scendere sulla Ghiara d'Adda con venticinquemila uomini compresi mille svizzeri e molti pazzi di artiglieria. Dal grande numero dei combattenti la Repubblica si attendeva i più favorevoli resultati, e li avrebbe ottenuti se in guerra la prevalenza delle forze decidesse la vittoria. Sicuri di ciò i Generali veneti perderono molto tempo a discutere sul piano strategico; non si erano puranco intesi l'Orsini e gli altri capi quando Chaumont duce delle schiere Francesi passò l'Adda presso Cassano nel di 15 a.prile 1509. In Treviso stava Giustiniano Morosini provveditore degli Stradiotti, Vincenzo Naldi e Vitelli di città di Castello colla valorosa infanteria levata in Brisighella terra della Romagna, i quali credendo di avere a fronte un piccolo numero di Francesi mandarono dugendo fanti e alcuni Stradiotti per respingerli: In quella vece furono dessi respinti fin sotto le mura della Città; i Francesi vi puntarono tosto i cannoni, gli abitanti spaventati la costrinsero ad arrendersi (8 maggio 1509) il Provveditore con gli altri due Capitani e mille fanti restarono prigioniori, solamente dugendo Stradiotti salvaronsi colla fuga (3), Poco dopo Treviso restò scoperta, i Veneziani in pena di non aver fatta alcuna resistenza la sottoposero al sacco, e al fuoco, iniziando cosi la guerra dai non preveduti,  

 

(1) Sim. Stor. delle Repubb. Ital. cap. 105 pag. 333, 391. 

(2) Murat. Annal. d'Ital. Vol. VI. pago 34. Prato - Sism, op. cit. Cap. 105 p, 335 -

Daru Hist. de Venice fa ascendere gli Stradiotti a duemila (Vedi Liv. XXII. Pag. 360 Bruxelles).

(3) Guicciardini Stor. d'Italia Lib. VIII. Cap. II, pag. 430, 431, 432 - Sism. Stor, della Repubb. Ital. Cap. l05 pago 337.

 

   

e mal commessi atti di ferocia e di barbarie, Vendetta inutile, perocché vicino all'Adda in Vailade nel dì 14 dello stesso mese fu combattuta la prima battaglia molto accanita sanguinosa, in cui i Francesi ebbero il disopra, e approfittandone tre giorni dopo giunsero a Caravaggio; occuparono Bergamo poi Brescia, Crema, e i Veneziani indietreggiando fino a Peschiera a Verona fecero che lo Chaumont s'impadronisse di tutte le città; che nell'atto di Cambrai alla Francia erano state assegnate. 

Correndo dietro ai primi trionfi gli altri confederati spedirono a conquistare la parte loro, e non con gran difficoltà, quale prima quale dopo vi riuscirono. Ingrossando la guerra la Repubblica precipitava, le sue milizie avevano sofferto gravissime perdite, sostenevansi appena dentro Ravenna; e poiché guardare si dovevano da qualche assalto di frequente perlustravano il terreno. In una delle loro sortite un Giovanni Greco capitano degli Stradiotti rimase prigioniere di un Giovanni Vitelli capitano dello esercito ponteficio; prudenza volle di abbandonare quella città, tutti scuorati quanti erano pei Veneziani ritiraronsi tra Morghera e Mestre (1).

 

 

(1) Guicciardini Op. cit. Lib. VIII. Cap. II. Pag. 440 - Sism. Op. cit. Cap. 105 p. 342.