CAPO III.

 

SOMMARIO

 

l. Arrivo dei Coronei -2. Privilegi loro concessi -3. Indipendenza ecclesiastica ottenuta dai Greci nel Veneto, invece gli Albanesi greci sono assoggettali agli ordinari latini -4. Primo esempio di accordo coi naturali -5. Sono ammessi gratuitamente nel collegio greco in Roma -6, Alcuni paesi abiurano al proprio rito, si lalinizzano -7. Drappelli di Albanesi negli eserciti europei -8. Arrivo degli Albanesi in Chieuti -9. Prepotenze baronali in Lungro- 10. Proposta di erigere un collegio nelle Calabrie, e di un vescovo di rito greco -11. Lo s'impianta in S. Benedetto Ullano- 12. Stefano Rodotà suo fondatore -13, Deputazione di un prirno Vescovo greco - 14, Regole per la giurisdizione episcopale -15. Arrivo degli Albanesi in Picherni,
 

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(1532-1534) Collo aggregamento del regno di Napoli al trono di Spagna qualche giovamento gli Albanesi pur ne ricavarono. Guidavano appunto le sorti quel potente monarca sopra i cui stati mai non tramontava i sole, allorquando pervennero in Italia gli Albanesi Coronei dal nome dei popoli Coromnei dell. Asia che abbiamo da bella prima fatti osservare soggiogati da Nino, e posti vicino all'Armenia e all'Albania caucasea. Oltre che questa città era occupata dagli Albanesi pervenutivi negli antichi tempi, altri vi traslatarono quando nel decimo secondo secolo i Latini cominciarono ad invadere l'Albania. Essendo stata occupata dai francesi nel 1205 fu da questi ceduta ai Veneziani (1). Alternando tra il potere dei Latini e dei Greci gli Albanesi dibatteronsi nelle contese fra i Despoti, e segnatamente dei due fratelli Paleologo, i quali per ambizione di regno, abbiamo riferito quanto concorsero a precipitare le sorti del Peluponneso. Travagliata dalla ingordigia maomettana nel 1460 il governatore Matteo Assan bonariamente diè la città a Maometto II. Costui non avendovi rimasto alcun presidio i Coronei si restaurarono sotto la Repubblica di Venezia, e per qualche tempo quasi inavvertiti vi restarono fìno all'ultima guerra, quando vedendo la resa di Zunchio, e precipitar gli eventi spontanei si diedero al gran Sultano prima che forzata l'avesse colle armi, sicchè nel 1500, Baiazzet secondo fece occupare la città.
 

(1) Pouq. Voy. Tom. VI. p. 59.
 

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Non pertanto giunse anche per essa il momento del riscatto, perciocchè declinato il potere dai Veneziani onnipotente era diventato in Italia quello di Carlo V. Rotta in breve la guerra alla Turchia la flotta dello Imperadore comandata da uno Andrea Doria solcava i mari della Grecia; gli Albanesi di Corone aprirono col Doria segrete relazioni, lo informarono dello stato della piazza, della faciltà di prenderla, ed esibironsi di cooperare dallo interno per farla cadere. In fatti dopo un bombardamento di. tre giorni Corone fu presa e vi si proclamò il governo spagnuolo (1). Ma il possesso non n'era assicurato, poichè il presidio turco si chiuse nella fortezza, e lo indomani accorreva in suo aiuto il Pascià Zadera, con settecento soldati di cavalleria; non però l'accortezza dello Ammiraglio frastornò il tentativo, chè il Doria era uomo di mare e uomo di terra, aveva servito Francesco I di Francia qual comandante della flotta nel mediterraneo, e quando Genova sua patria col Ducato di Milano caddero sotto la potestà francese egli vedendo contro il trattato mettervi un presidio e mal rispettati i diritti dei cittadini, si diede al servigio della Spagna. Lo esperto comandante non fece neppure avvicinare la cavalleria ottomana, pose a terra i suoi marini di conserva con i Coronei l'attaccò e la disfece, onde quelli del presidio si arresero (2).
Il governo della città fu dato ad un Gerolamo Mendozza, ma come era da prevedersi Solimano già apprestava un'armatella per riconquistarla. Sarebbe stata inevitabile la sua caduta se Carlo V non avesse di bel nuovo ordinato allo stesso Doria di difenderla: il Mendozza con i più notabili Coronei avevano domandato questo aiuto per mezzo del vicerè di Napoli Don Pietro di Toledo. Liberati la seconda volta più compromessi sollecitarono lo Imperadore di volerli salvare dalle inevitabili vendette della Porta ottomana, Da. Allora duecento navi mercantili noleggiate dal vicegoverno napolitano salparono per andare ad imbarcare quante famiglie greche ed Albanesi di Corone preferirono di passare nelle provincie meridionali d'ltalia (3).
 

2.


La emigrazione de' Coronei avveniva con men tristi auspici; preparata ed eseguita collo aiuto di un potente governo procurò loro un trattamento ancor più benevole che non agli altri Albanesi venne fatto. Dappoichè succeduto il crollo della sede bizantina i Greci avevano rinvenuto in Italia più che altrove riguardi ed assistenze. In Napoli ebbero uno assegnamento di cinque mila ducati all'anno sul regio tesoro, e altri soccorsi che la grandezza della sventura sapeva ispirare.
 

(1) Troy. Stor. napolit. Tom. V. p. 258. 
(2) Murat. Annal. Anno 1532 p. 165.
(3) Giusiniani Dizion. stor. geograf. del reg. di Nap. Tom. X. Raynal. n° 59. an. 1534. Giovi Lib. 33. Bzovio an. 1534. 

 

Un Tommaso Assan Paleologo nel 1518, vi fondò una parocchia alla orientale, in cui gli Albanesi di questa immigrazione quali osservanti dello stesso rito affiliaronsi (I). Sullo esempio dello esenzioni ai Greci concedute ottennero con speciali privilegi di non pagare i dazi fiscali, e niun diritto regio; di stabilirsi nei villaggi delle Puglie, delle Calabrie, ed in qualunque altro luogo a propria scelta; ebbero assegnate delle estensioni di terre incolte, ed uno appannaggio di settanta ducati all'anno dall'entrate del regno (2). In conseguenza essi non raminghi e poveri come agli altri furono facilitati per allora a coltivare per indi essere adebiti al mestiere delle armi. Alcuni ritiraronsi nell'isola di Lipari, altri preferirono di aggregarsi ai connazionali moreoti della Sicilia, altri si diffusero nelle provincie sul continente: tra questi alcune famiglie affratellaronsi nel villaggio di Barile vicino Melfi, e vuolsi certo che avessero fondati i paesi or conosciuti dai nomi di Maschite (nome Giorgiano), di S. Costantino, di Casalnuovo di Noia nella Lucania, e quello di Farneto nella Calabria citra. Lo stesso Carlo V confermò per gli esulati Coronei le franchigie di già date (3). Tali privilegi furono eccezionali e duraturi tanto che noi anticipando i tempi stimiamo di riferire che vennero postoriormente sanzionati da Filippo III nel 1620, da Filippo IV nel 20 agosto 1672 (esecutoriati nel 25 agosto 1663), e finalmente da Filippo V (4). Tra le altre disposizioni Filippo III permise ai Coronei di asportare le armi in qualunque luogo, fin dentro gli appartamenti del Principe: divennero così le lance spezzate del re di Spagna (5).

Da questi privilegii probabilmente furono esenti dal pagamento dei fuochi anche dopo le revisioni fatte fino al 1659. Comunque la fosse andata i privilegii dei Coronei per lungo tempo goduti resero più odiose le restrizioni agli altri dai vicerè imposte. La libertà di stabilirsi a piacimento in qualunque luogo, le terre loro assegnate, lo appuntamento annuale sulla cassa dello Stato; l'addove i predecessori nulla ottennero, la facoltà di asportare dovunque le armi, nel mentre che nagli altri erasi proibita di andare armati; il nome stesso di cavalieri con cui Carlo V nel suo dispaccio aveva chiamati i Coronei di fronte alla ingiunzione fatta ai connazionali di non potere andare a cavallo con briglie e speroni, comprovano quanto fosse stato diverso il fato dei varii gruppi di uomini appartenenti tutti allo stesso popolo, ed emigrati per la identica cagione.

 

(1) Rodota del Rito greco in Ital. Lib. 3.. Cap. III. pag. 56.

(2) Lo Imperadore Carlo V in una lettera dell'8 aprile 1533 diretta al Marchese di Villafranca Vicerè nel regno di Napoli scriveva: "Illustrissimo Marchese primo nostro Vicerè Luogotenente e Capitano Generale come vedrete per una nostra lettera abbiamo accordato di stanziarsi in cotesto reame ad alcuni cavalieri i quali vengono di Corone e di Patrasso e di quelle comarche, perchè in caso si trattengono finchè si offra in che possono servire; ordinando che loro assegnate qualche villaggio e terre in Puglia o in Calabria o altre parte di cotesto reame, onde a noi sembra possono vivere e mantenersi; e provvederete che siano per ora finchè noi ordineremo altra cosa, liberi di pagamento fiscale, e di qualunque altro dritto, acciò si possano meglio mantenere e che dalla nostra tesoreria di cotesto regno loro si dia, e si paghi in ciascuno anno durante nostro placito settanta ducati di moneta di questo regno"

(3) In un Decreto di Carlo V del 18 luglio 1534, si legge ... et qua civitas ipsa Corone reperitur impraesentiarum in posse Thurcarum gentium, per quod multi Coronenses nostrae Majestati fideles, exules a dieta civitate et privati omnibus bonis quae possidebant, venerunt ad habitandum in presenti regno pro servanda fida et fidelitate... Nos ipsorum supplicationibus tanquam justis benigniter inclinati, precipimus et mandamus vobis omnibus supradietis etcuilibet vestrum, quatenus servata forma pro insertorum Capitolorum, immunitates ibi contentes omnibus Coronensibus in praesenti regno commorantibus ad unguem et inviolabiter osservatis et cxequamini et ipsorum immunitatibus uti frui et candere promittatis...

(4) Vedi le copie autentiche degli atti pei Coronei di Barile presso l'Attuario Antonio Orsini. E per i Coronei di San Costantino presso l'Attuario Innocenzo Marin Peloso.

(5) Nella conferma delle capitolazioni tra i Coronei e i Sovrani si legge: "Item che detti cittadini possono portare le armi per tutti li regni et jurisdictione delle predettc M. M. cesaree, etiam sino dentro la camera dello loro M. M. e loro officiali, siccome gli altri Re passati l'hanno concesso" Con Prammatica poi del 19 agosto 1671 questo privilegio fu abolito.

 

 Queste distinzioni servirono di base a ricostituire In Italia l'aristocrazia albanese; dappoichè i Coronei aderendo il potere si sono compiaciuti dei loro titoli, creando un dualismo colla generalità dei connazionali, i quali avendo più sofferto eransi partiti alla ventura senza protezione, privi di aiuti quando non avevano più lena di combattere, nè più speme di salvare il paese dalla totale caduta. Coloro cui tanta distinzione Carlo V impartiva erano pochi, ma come spesso avviene altri accorrendo dietro agli onori, ed allo splendore della Corte, il numero dei nobili crebbe col tempo. Tra i primarii annoverasi un Nicolo Samuele stabilito in Altamura, il quale in cambio dei beni perduti ebbe il contado di Zuhegl nella Bosnia (1) -Eranvi le famiglie Archiopoli, cui appartenne quel Giorgio, il quale dallo Imperadore Michele Paleologo fu eletto a Prefetto dello Acropoli di Atene, ed a rappresentante nel secondo Sinodo di Lione -E poi un' altro chiamato Nicolò nominato a Cavaliere aurato, i cui discendenti godettero dei favori agli antenati conceduti, e nelle armi di famiglia un'aquila aggiunsero- Vi si annoveravano i Siropoli, gli Stratigò, di cui uno Demetrio Antonio era stato Generale delle schiere del re Carlo V. Gli Altimati, i Cukisi, i Grimolizza, i Mazzucca, i Pancrazio, i d' Amato, i Prete, i Rodotà, gli Spano, i Traggina. Indi a poco dimostrarono di essere Coronei, e quindi la loro nobiltà nel XVI secolo, anche i Virga, i Rada, i Tocci, i Marchianò, gli Skirò. Finite le guerre s'intesero i nomi di guerrieri preclari che posero stanza nei paesi dell'isola e del continente. Un Pietro Emmanuele de Preveta, un Zaccaria Groppa, un Pietro Cuccia, un Tommaso e Paolo Mànese, Pietro e Mercurio Bua, Giorgio e Demetrio Capusimada, un Lazzaro Camilascari, un Blaschi, un Bischettini, un Cesare Vranes discendente da uno dei più fermi capitani di Scanderbegh cui andò attribuita la bella difesa di Croia nel primo assedio portatovi dai Turchi. Collo arrivo dei Coronei non possono dirsi finite le immigrazioni albanesi, più tardi se ne verificarono delle altre che a suo proprio tempo e luogo osserveremo.

 

(1) Append. ad una stor. di Scand. pag.221