CENNI SULLA MINIERA DI SALGEMMA IN LUNGRO

di Giovanni Bellavite (parte 1^)

 

TAVOLA 1

TAVOLA 2

PREFAZIONE

La coltivazione della miniera di salgemma in Lungro è stata sempre molto dispendiosa, e rilevanti somme di denaro furono perdute nell'attuazione di costosi progetti, o non riusciti od abbandonati.

La predilezione dei calabresi per questo sale da un lato, e considerazioni d'ordine politico dall'altro, questa miniera costituendo la principale risorsa di Lungro, decisero sempre l'amministrazione, ad onta del costo del prodotto, a continuarne l'esercizio.

Scopo della presente memoria e dei relativi disegni annessi è di far conoscere quanto è noto sul passato di queste escavazioni, previo qualche cenno sul giacimento, che, secondo il parere di illustri geologi, è uno dei più importanti; di dire alcun che sui progetti che ebbero o non ebbero esecuzione; di descrivere sommariamente i recenti lavori eseguiti, non solo per ottenere maggiore economia, ma anche per migliorare le condizioni degli operai trasportatori, i quali ignudi ed ansanti su per piani inclinati e lungo ampie caverne dovevano portare sul dorso i materiali d'escavo, facendo ricordare i dannati di Dante ed infine dare qualche ragguaglio sull'escavo, sulla produzione e sul costo del sale.

Lungro, 22 novembre 1883.

                                      Il Direttore

                                   Ing. GIOVANNI BELLAVITE.

 

 

I.

Cenni preliminari sulla miniera e sul paese di Lungro.

 

Addossata ad una delle ultime giogaie subappennine verso il Jonio giace la collina nelle cui viscere s'insinuano con vario andamento gli escavi della miniera di salgemma di Lungro, prima del 1850 detta di Altomonte.

Quella collina, mentre col dorso si congiunge senza interruzione alla detta giogaia, sui fianchi è frastagliata da valloni che formano il letto di altrettanti torrenti. Uno di questi, anticamente detto della distruzione, e che passa in vicinanza del fabbricato esterno della miniera (Tav. I), si unisce più verso mezzogiorno agli altri torrenti più importanti che si scaricano in quello più grande detto Fiumicello, influente dell'Esaro. Verso tramontana la stessa collina è chiusa dal fiume torrentizio Tiro che si riversa nel Coscile.

La soglia del cancello della miniera è a metri 404.30 sul mare. A circa tre chilometri verso NE si trova Lungro, abitato da albanesi rifugiativisi nel secolo XV; è capoluogo di mandamento, appartiene al circondario di Castrovillari ed alla provincia di Cosenza; si trova a 39°, 41', 9" di latitudine settentrionale, ed a 13°,51',24" di longitudine orientale dal meridiano di Parigi, ed è a metri 600 sul livello del mare.

Gli operai della miniera, in numero di circa 430, sono quasi tutti lungresi.

 

II.

Natura geologica del giacimento di salgemma.

 

Il deposito di salgemma nel quale è aperta la miniera si trova compreso, secondo competenti geologi, fra le argille scistose dell'eocene superiore, mentre il cappello della fillade che contiene il salgemma apparterrebbe alle formazioni plioceniche.

La presenza in molti punti della provincia di Cosenza e di Catanzaro di argille di color plumbeo e di sorgenti salate fa supporre che grandi masse di salgemma debbano trovarsi in detti luoghi; però, più importante ancora del giacimento di Lungro, sarebbe quello, in molti punti scoperto, che si trova nel territorio di Cotrone e propriamente nelle vicinanze di Spinello.

Ritornando al giacimento di Lungro, già coltivato su d'una superficie di circa tredici ettari, esso si compone di letti o strati di sale alternanti con strati di argille salate e di marne nelle quali riscontransi spesso delle amigdale di gesso anidro talvolta grosse quanto una noce.

Gli strati di sale e di argilla (barde) sono sensibilmente paralleli per ogni fascio; alcuni sono verticali, altri sono inclinati fino a 45° verso NE, e come si scorge dalla sezione schematica della parte del giacimento conosciuta (Tav .II), gli strati tendono verso est a scostarsi gli uni dagli altri, onde, mentre il primo verso mezzogiorno, per più di 500 metri di lunghezza su cui fu intaccato, si è trovato in direzione da ovest ad est, gli altri si scostano fino a che l'ultimo degli strati nuovi incontrati assume una direzione quasi normale alla suddetta.

Recenti escavi di ricerca dimostrano che una ricchezza considerevole s'incontrerà a NNE ed eguale e forse maggiore a SO: Gli strati verso mezzogiorno s' incontrarono in alcuni punti quasi bruscamente, di guisa che dal masso cretoso e duro, difficile a disgregarsi all'azione dell'acqua e ricco delle accennate amigdali di gesso anidro, si passa al sale bianco purissimo; quelli al contrario verso nord cominciando dal grande fascio detto Provvidenza offrirono sul principio delle digitazioni che, osservate in un escavo fresco, danno l'idea di una intarsiatura bizzarra di sale fra la creta, quasi senza gesso, facile a disgregarsi anche semplicemente coll'umido; nel masso poi sono costituiti da tante bolle o vesciche aventi sino a 30 centimetri di diametro e composte di sale per ordinario bianchissimo e di struttura spesso bacillare con riempiture di creta che qualche volta non è quasi salata.

Nel citato deposito di Spinello consimili digitazioni costituiscono la parte superiore del deposito. Tenuto conto del sollevamento che dev'essere qui avvenuto e del contorcimento di questi fasci, è a ritenersi che anche qui tali digitazioni costituissero in origine la parte superiore orizzontale dei medesimi. A queste digitazioni fanno seguito ammassi di sale nero, inquinato di creta, ma non tanto però da perdere del tutto la trasparenza, ed accettato quindi senza veruna difficoltà dai consumatori. Dopo l'alternarsi per alcuni metri di tali strati irregolari di sale nero e di creta salata e lucente apparisce d'ordinario il sale bianco.

Questo fatto si constatò, come fu detto, verso il nord e nella regione superiore; eguale disposizione si trovò da metri 220 di profondità in giù: si potrebbe quindi desumere che al disotto di metri 220 dall'imboccatura del pozzo Galli (metri 205 sul livello del mare) il giacimento non continui e che lo spessore del medesimo si possa misurare fra le due digitazioni normalmente alla direzione ed all'inclinazione degli strati. Siccome però vi sono indizi che fanno credere all'esistenza di un altro potente fascio che si troverebbe prima d'incontrare il grande banco di gesso terroso e granuloso che si vede all'esterno verso sud-ovest, così non può precisarsi lo spessore del deposito, che finora supererebbe già i  100 metri.

 

III.

Qualità del salgemma comune.

 

Questo deposito offre due principali qualità di sale per consumo e sono: sale di color bigio affumicato con aspetto untuoso, compatto, opalino e cristallino, detto volgarmente sale cervino e sale bianco semitrasparente di aspetto umido. Vi è pure, ma in pochissima quantità, salgemma cristallino a frattura e sfaldatura cubica, trasparente, che si può lavorare come l'alabastro.

Altre distinzioni potrebbero farsi come: sale rosso-arancio che trovasi qualche volta ai lembi del deposito, e sale verde che si trova in luoghi bagnati da acque di scolo dei cantieri antichi. Per la durezza si distingue pure in duro e formico, cioè friabile, per pressioni subite che provocarono un principio di disgregamento nelle molecole; quest'ultimo non si spedisce che in grossi blocchi : le schegge infatti si ridurrebbero in minutissimi pezzi che non si accettano dai consumatori, mentre è sale purissimo.

Il sale comune suddetto è di una particolare purezza, come lo dimostra l'analisi seguente dell'illustrissimo professore signor Bechi:

 

Acqua.                

Materie insolubili   

Solfato di soda.    

Solfato di calce

Cloruro di calcio

Cloruro di sodio 

Cloruro di magnesio

Totale

  0.021

  0.044

  0.140

  0.006

  0.015

  9.769

  0.005

10.000

 

Questo salgemma, sciolto nell'acqua, evaporata poi all'aria aperta ed al sole, cristallizza in cubi di colore bianco di neve opaco, come in certe saline di sal marino, mentre una soluzione di detto sale, evaporata a contatto della barda del deposito nell'interno della miniera, cristallizza egualmente in cubi di aspetto vitreo e trasparenti, in tutto simili ai cubi di salgemma cristallizzato, che trovansi spesso fra il salgemma comune a cristallizzazione confusa.

Da ciò si può dedurre che il sale a cristallizzazione cubica dipenda da evaporazione dell'acqua infiltratasi tra i crepacci nella massa del sale comune, o fra il sale e la creta, mentre pel salgemma comune che lo racchiude, se proviene dall'evaporazione, essa sarebbe avvenuta ad un grado di calore molto elevato, ed in condizioni ben differenti da produrre diversità di cristallizzazione.

Il sale di questa miniera si consuma in Calabria ed in una piccola parte della Basilicata; da qualche anno se ne spediscono piccole quantità in Lombardia per la salagione del formaggio e del burro.

Evaporata mediante il fuoco una soluzione di questo sale col 2.50 per cento di cloruro di calce cristalizzato, si ottiene un sale che può servire per la salagione del burro, in quanto che i cristallini bianchissimi, anche dopo molto tempo, non aderiscono fra loro, per cui non si deformano come avviene col sale ottenuto senza il cloruro di calce, che presto si ammassa, e che per poter essere adoperato deve sottomettersi alla pestatura e quindi alla deformazione.

 

IV.

Sui lavori antichi e recenti della miniera.

 

L'escavo del salgemma dal giacimento di Lungro deve risalire ad epoca remotissima, e presenta naturalmente tre stadi, cioè: 1° l'escavo del minerale a giorno, 2° l'escavo sotterraneo mediante puntellate e gallerie d'accesso, senza seguire però alcuna regola d'arte, Tali puntellale erano parecchie, come appare dagli avanzi che le alluvioni mettono allo scoperto, e giusta la tradizione e le scarse memorie storiche, ognuna apparteneva ad un proprietario distinto. Uno dei più potenti sarebbe stato il conte di Bragalla (anno 1145), come si desume da quanto riferisce l'Ughelli nel tomo nono della sua Italia Sacra, parlando di una certa quantità di sale che il detto conte assegnava sulla propria salina al monastero di Acquaformosa: 3° l'ordinamento amministrativo dato alla salina per parte del Governo, quando fu costituita in una miniera governativa sotto il regno di Gioacchino Murat nel 1811.

Del primo stadio, cioè dell'escavo a giorno, per quanto mi consta, non vi sono memorie. Plinio soltanto fa menzione dei cristalli balbini (così chiamati dal nome dell'antica Balbia, oggi Altomonte) si hanno però molti fatti che fanno testimonianze di quegli scavi. Tale sarebbe quello di aver trovato in molti punti nell'interno degli scavi recenti, e ad una certa profondità dalla soglia attuale del portone d'ingresso, il masso salifero, con l'impronta dalle picconate insieme a masse di creta e terreno vegetale con radici, ricoprenti avanzi di utensili come manichi di attrezzi, scale, recipienti, ecc., seppelliti dalle materie che dovevano trovarsi all'orlo superiore della frana prima che se ne determinasse il movimento. L'altro fatto è l'avvallamento che si riscontra fra il Cozzo delle Belle Donne e la collina di San Leonardo; quel vuoto in antico non doveva esistere e doveva essere la parte superiore del giacimento che lo riempiva, poiché a qualche metro d'escavo nel recente allargamento del Pozzo Galli in un punto elevato di metri 20, sulla soglia del portone d'ingresso, si è trovato il masso salifero, ed una piccola sorgiva di acqua salsa proveniente da una piccolissima fonte superiore la quale lambisce qualche avanzo di strato salifero, per uscire salata in un punto più elevato del pozzo suddetto. Ed il giacimento infatti che scendeva da OSO, dirigendosi verso ENE doveva nelle parti superiori, e quasi a giorno, in epoche remote, essere fertilissimo.

Del secondo stadio, ossia della lavorazione mercé gallerie sotterranee vi sono tracce nelle antiche puntellate, che si riscontrano in parecchi luoghi, e ciò rimonterebbe appunto al 1145.

Mancano poi del tutto notizie particolari sul fatto del passaggio di proprietà delle saline dai privati al Demanio.

Un primo ordinamento amministrativo l'ebbe questa salina nel 1811. Prima di quest'epoca essa era data in affitto dal Governo per determinata somma da versarsi al Tesoro, ed il sale si vendeva alla salina stessa; il personale si componeva di un cassiere, incaricato di percepire il danaro, di un pesatore addetto alla misura del genere ed al registro di controllo, di un portinaio e di pochi guardiani del paese per la vigilanza, tutti eletti dal locatore stesso.

Nel 1811 si pensò a dare alla miniera un ordinamento tecnico per migliorare lo stato deplorabile in cui era caduta per la barbarie dei tempi passati e per la nessuna regola d'arte nella sua lavorazione.

Prima si costruì il fabbricato esterno, di men che modeste apparenze, e si formò una direzione speciale composta di un direttore, un controllore, due commessi, vari pesatori, un ingegnere, ed un custode alla porta, affidandone la sorveglianza alla guardia doganale.

Narra l'ingegnere Gregorio Galli nella sua memoria su questa ,salina che prima nel 1811 e poscia nel 1814 vi fu inviato il mineralogista signor Melograni, ispettore generale delle acque e foreste, onde provvedere alla regolarità degli escavi; le sue proposte furono di fortificare i punti deboli, allargare i luoghi angusti, regolarizzare l'andamento dei tagli e finalmente aprire un pozzo verticale ed un cunicolo orizzontale per lo scolo delle acque (Tav. I).

Questo progetto, per quei tempi razionale ed efficace, non fu eseguito, e l'escavo continuò specialmente in profondità in guisa che, nella stagione in cui le pressioni atmosferiche interna ed esterna tendono ad equilibrarsi, le fiamme dei lumi si spegnevano, e la respirazione difficile degli operai rendeva il lavoro quasi impossibile. Il progetto suddetto fu modificato in seguito dall'ispettore signor Thomas, forse pel molto tempo. e la grande spesa che richiedevano i lavori progettati dal Melograni; la modificazione consisteva nell'aprire due cunicoli, l'uno verticale a guisa di pozzo, orizzontale l'altro in modo che si congiungessero non nel punto più basso d'allora (detto galleria fossa inferiore) situato a metri 160 circa dal portone, ma alla metà della miniera, cioè alla galleria sopracielo.

Le acque delle gallerie inferiori, e le materie da estrarsi si sarebbero trasportate a schiena o con macchine. L'ispettore Thomas, benché non ottenesse l'immediata approvazione del progetto modificato, migliorò la miniera allargando i passi angusti, e consigliando l'escavo orizzontale.

Fu mandato in seguito a dirigere lo stabilimento il direttore dei dazi indiretti signor Lamannis, il quale, esaminati i progetti precedenti, propose l'adozione del progetto del signor Thomas, che fu approvato il 31 dicembre 1823 (Tav, I). E per eseguirlo fu nel 1824, a richiesta del Ministero delle finanze, per ordine del Ministero della guerra, spedito in Lungro l'ufficiale del genio signor ingegnere Gregorio Galli su menzionato, con incarico di determinare il punto esterno che corrispondeva verticalmente al centro della galleria sovracielo, e di coadiuvare in pari tempo l'esecuzione dei lavori straordinari.

Dalla memoria, ch'egli ha poi pubblicata nel 1828, si rileva che venne a Lungro nel 1825, rilevò la pianta interna ed esterna, e fece le livellazioni delle gallerie. Questi si possono considerare veramente i primi rilievi fatti nella miniera, non potendosi tener conto della pianta del geometra Lucente, eseguita nel 1812, perché essa è piuttosto un abbozzo che un esatto lavoro geometrico.

Compiuti questi lavori preliminari necessari, e trovato il punto della montagna corrispondente al sopracielo (Tav. I), risulta dalla detta memoria che il giorno 5 marzo 1825 fu dato principio all'escavo del progettato cunicolo verticale a sezione quadrata con metri 2.08 di lato. La parte superiore fu rivestita con quadri di legname di quercia sostenenti dei tavoloni fino a metri 17.68 di profondità, da dove, facendo capo il masso salino, l'escavo fu proseguito da picconieri; a metri 36.40 si cominciò a sentire il difetto dell'aria respirabile, e si riparò mediante un mantice a soffio continuo.

Nell'inverno del 1826, essendo sopraggiunte pioggie dirotte, furono danneggiati i quadri superiori di rivestimento, e la stessa mezza costa nella quale si cavava il pozzo screpolò e minacciava franare. A questo serio inconveniente, si riparò con fortificazioni e catene. A metri 4.5 di escavo fu incontrata un'antica galleria, e per tutta la sua altezza di metri 5 fu la canna del pozzo rivestita di legname come la parte superiore. Alla profondità di metri 81 dall'imboccatura il pozzo sbucò nella galleria sopracielo il 13 settembre 1827, ad ore 7 della sera, in guisa che la durata dell'opera fu di anni due, mesi sei e giorni otto.

Poche notizie si hanno delle vicende di questa miniera dal 1828 fino al 1842, epoca in cui per la intelligente solerzia del direttore Fava fu migliorata l'amministrazione, ed istituita una cassa di risparmio per gli operai; fu nel maggio di detto anno che l'ingegnere Morrone rilevò di nuovo i piani della miniera; e siccome prima d'allora tutti i materiali escavati si portavano all'esterno, fu per consiglio suo che si cominciarono a consolidare le gallerie col lasciare nell'interno quelli di rifiuto, facendo scale e muraglie a sostegno degli sterri che si collocavano. Da quest'epoca la parte tecnica dell'esercizio fu più curata, essendovi stato destinato un ingegnere. Se non che l'amministrazione generale, per un malinteso interesse, aveva adottato il sistema di affidare questa salina a direttori reggenti, i quali altra mira non avevano che di conseguire un ribasso sul costo del sale in confronto all'amministrazione precedente, unico e sicuro mezzo per ottenere la stabilità del posto, e procedere nella carriera. In conseguenza di ciò abbandonata ogni regola d' arte nell'escavo, l'opera dell'ingegnere era resa frustranea, anzi, in molti casi, messo l'ingegnere medesimo nello stato di dover sostenere lotte ed attriti per almeno impedire che fosse compromessa la solidità dei lavori; quindi immensi vuoti, rare colonne, che spesso venivano in seguito tagliate, e siccome nelle parti basse la fertilità si pronunciava considerevolmente, grandi escavi inclinati che rendevano, com'è naturale, più difficile il trasporto ed anche l'aerazione specialmente in estate.

Eccitata dalle relazioni dei direttori di quando in quando l'Amministrazione generale del cessato Governo voleva riparare con progetti di lavori ai mali che infine da essa avevano origine ; e così nel 1856, per incarico della suddetta Amministrazione generale, il colonnello del genio signor Germanico Patrelli compilò un progetto per un nuovo fabbricato esterno da erigersi in un punto diverso e per un cunicolo inclinato (Tav. I).

Questo progetto sotto la direzione dell'ingegnere Taiani si cominciò ad eseguire; il cunicolo inclinato egregiamente costruito, e pel quale, mediante un maneggio a cavalli, dalle gallerie poste a metri 150 doveva salire il materiale, fu escavato per metri 70: il fabbricato si era elevato fino al primo piano; la strada che doveva congiungere la vecchia colla nuova salina esterna già era prossima a compiersi, quando, per motivi che non bene si conoscono, i lavori, dopo qualche anno dal cambiamento di Governo, furono sospesi.

Sul valore intrinseco di questo progetto dirò soltanto che, dal punto di vista dell'aerazione, il cunicolo, situato a metri 53 sotto l'ingresso antico della miniera avrebbe, per questa importante differenza di livello, agevolato la corrente d'aria in modo da doverne anzi regolare e moderare la circolazione; quanto al resto, dovendo il fabbricato erigersi sui lembi del torrente che sbocca nel Fiumicello, e sotto un terreno ripido e franoso a metri 300 circa a SO del fabbricato attuale, il luogo prescelto era troppo angusto per le operazioni che vi si dovevano compiere, troppo soggetto ai miasmi in autunno, troppo esposto agl'impeti del sottoposto torrente. Quanto poi alla trazione del materiale il maneggio a cavalli poteva bastare per la fertilità della miniera in quei tempi, e per le materie che si escavavano allora.

Dopo che fu abbandonato questo progetto cominciò la sottrazione dei materiali da parte degli abitanti vicini, finché, stabilitosi nel 1866 di rinunziarvi definitivamente, l'attuale Direzione generale delle gabelle permetteva nel 1870 di demolire il cunicolo incominciato, ricavandone legnami e materiali. E così si è perduta un'opera, che era già costata lire 70,000.

L'abbandono definitivo però di questo progetto fu dovuto agli studi fatti su di esso e sulla miniera dall'egregio ingegnere signor Pellati, dei quali ebbe incarico sul finire del 1863; studi che condussero poi alla compilazione di un nuovo progetto. Le parti più salienti di questo erano l'escavazione di un nuovo pozzo verticale con imboccatura a livello del pianterreno del fabbricato esterno; la sezione doveva essere rettangolare con rivestimento di legname per metri 30, e doveva essere diviso in due scompartimenti uno per l'aerazione, e l'altro per l'estrazione del minerale con macchina a vapore; di più un fabbricato esterno, allargando quello che esisteva, dove si sarebbero fatte a giorno le operazioni di scarto e scheggiatura.

Si era valutato che tali lavori importassero lire 105,000, mentre il costo del completamento dei lavori del progetto Patrelli era valutato dal detto ingegnere a lire 130,000.