LA DIASPORA DELLA DIASPORA

Il destino degli Arb�resh� (Albanesi d�Italia) pi� volte esuli in cinque secoli di storia

 

di Alfredo Frega

 

Una comunit� dispersa due volte - Popper insegnava a diffidare delle teorie �cospiratorie�degli accadimenti sociali. Anche don Milani, il quale per� ai responsabili dell�indipendente convergere di pi� linee d�azione verso un medesimo risultato negativo amava riconoscere �l�aggravante della buona fede�.  Probabilmente non c�� stato un cervello unico capace di progettare lo scardinamento delle comunit� neogreche e albanesi nel Sud d�Italia. E tuttavia � impressionante l�analisi accurata dei fattori convergenti che hanno portato a ci�. La diaspora degli Albanesi nelle regioni del Sud d�Italia in et� rinascimentale d� luogo in questo dopoguerra a un processo di sfaldamento e dispersione. La diaspora della diaspora. (Tullio De Mauro, rubrica �Il paroliere�, L�Espresso dell�11 febbraio 1990)

 

               Per introdurre l�argomento che, in questa sede, possiamo solo effettuare una breve riflessione, abbiamo voluto citare De Mauro che segnala un interessante libro �La diaspora della diaspora. Viaggio alla ricerca degli Arb�resh�, curato da Mario Bolognari, edito nel 1989 dalla ETS ed. di Pisa, che raccoglie contributi di economisti, demografi, storici, sociologi e ricercatori (Mario Brunetti, Domenico Cersosimo, Francesco Altimari, Pino Siclari, Cesare Pitto, Graziella De Ciancio e Attilio Sabato) i quali �hanno studiato ed analizzato la dispersione delle comunit� albanesi dalle loro sedi iniziali alle grandi citt� italiane e ai paesi stranieri�.          

                  La storia � stata alquanto crudele con la popolazione di quel piccolo ma strategico lembo dei Balcani: l�Albania. A seguito dell�occupazione ottomana della seconda met� del 1400, avvenuta dopo una resistenza leggendaria di 25 anni guidata dall�eroe nazionale Giorgio Castriota �Skanderbeg�, centinaia e centinaia di albanesi lasciarono la patria per rifugiarsi in quelle terre italiche d�oltre Adriatico, accolti dagli Aragonesi. L�eroe albanese pi� volte venne incontro al re di Napoli, combattendo e sconfiggendo gli Angioini con i suoi fedeli soldati albanesi. I profughi ed anche parte dell�esercito albanese si dispersero nei feudi della Sicilia e dell�Italia centro-meridionale (Sicilia, Calabria, Basilicata, Puglia, Campania, Molise e Abruzzo).

                  Agli inizi del secolo scorso un�altra tragedia colp� queste popolazioni che si erano ben integrate nella nuova patria, dove conservano, ancora oggi, un grande amore per la terra d�origine, la lingua, gli usi e i costumi, il rito bizantino. Altro esodo, altra emigrazione, questa volta per ragioni di lavoro, verso le Americhe (USA, Canada, Australia ed altri Paesi Sudamericani). Dopo la seconda guerra mondiale, dagli anni �50 in poi, ancora un altro esodo, verso le nuove terre promesse europee (Germania, Belgio, Olanda, Francia e Svizzera) e quelle italiane del triangolo industriale (Milano, Torino, Genova).

                  Questi fenomeni, naturalmente, coinvolsero tutti gli italiani. Ma nel Sud d�Italia esso provoc� un drastico impoverimento demografico. In alcuni paesi rimasero solo le donne ed i bambini. Questi aventi epocali hanno da sempre segnato la vita stessa delle popolazioni. Davanti alle miserie lasciate dalla guerra, l�emigrazione � da considerarsi una valvola di sicurezze per quelle famiglie. Con le rimesse, col tempo, per il resto dei nuclei familiari interessati dallo smembramento causato dall�emigrazione, cambi� il tenore di vita e l�aspetto stesso dei paesi. Si costruivano case, molto capienti per l�aspirato ritorno, dopo gli anni di lavoro all�estero. Ma moltissimi sono rimasti nelle terre straniere di lavoro, integrandosi in quelle societ� e diventando inconsapevolmente i nuovi cittadini europei.

                  Comunque, in ogni tempo, i rapporti delle famiglie emigrate con la terra d�origine non furono mai interrotti. La tradizione culturale originaria cambia solo il luogo. Non si dimenticano i dialetti italiani e cos� le lingue minoritarie. Tanto � vero che, in questi ultimi anni, i figli degli emigrati, tornando nel paese d�origine si esprimono oltre che in inglese o tedesco o francese, anche nella parlata locale, perch� questo � da sempre il mezzo di comunicazione nell�ambiente familiare.

                  Le ondate migratorie del dopoguerra, per quel che riguarda il gruppo linguistico italo-albanese e in particolare gli emigrati da Lungro, produssero nuovi insediamenti a macchia di leopardo in Germania, in Francia nel dipartimento di Lione e nel Nord d�Italia nella provincia di Bergamo. Nelle sole cittadine contigue di Callusco d�Adda, Carvico e Sotto il Monte negli anni sessanta si stabilirono pi� di cinquanta interi nuclei familiari, costituendo una vere e propria enclave. Un fatto curioso a Callusco d�Adda, dove uno dei gestori del bar pi� frequentato, dovette suo malgrado imparare ad esprimersi nella lingua arb�reshe.

                  Nel campo religioso, l�attuale vescovo dell�Eparchia di Lungro degli Italo-Albanesi dell�Italia continentale, Mons. Ercole Lupunacci, ha visitato pi� volte alcune localit� dell�Argentina dove nutrita � la presenza di famiglie provenienti dai territori della diocesi bizantina di Calabria. Il comune di Esteban Echeverria, tramite l�associazione emigrati di Firmo, comunit� albanofona della provincia di Cosenza, ha donato il terreno dove, grazie ai contributi della diocesi greca di Lungro, � stata costruita la chiesa di rito bizantino dedicata a S. Giorgio. Lo stesso presule ha, inoltre, compiuto numerose visite pastorali in altri paesi europei dove la presenza di italo-albanesi � abbastanza consistente.

                  E� il caso di evidenziare un aspetto interessante su questi fenomeni migratori avvenuti nelle comunit� albanesi d�Italia, monitorati ed analizzati dagli esperti dell�Universit� della Calabria e condensati nel volume di cui si � detto in apertura dell�articolo. Ci viene incontro, a tale proposito, l�On. Mario Brunetti, attuale console onorario d�Albania in Italia, sostenitore e cofirmatario della famosa legge nazionale 482/99 di tutela delle minoranze linguistiche storiche, quanto scrive su quel libro del 1989. Egli riteneva necessario �dare risposte concrete alle difficili condizioni materiali che pongono le decine di migliaia di emigrati arb�resh� nelle zone di nuovo insediamento. Certamente, in queste zone, le condizioni oggettive di disagio sociale sono comuni a tutti gli altri emigrati, sia essi o meno di lingua albanese. Ma nell�ambito di questo comune destino di sofferenze, l�elemento di particolarit� per gli italo-albanesi nasce dalla peculiarit� del proprio patrimonio culturale e linguistico, vieppi� minacciato, che si somma alle difficolt� pi� generali e che induce a vivere in una condizione oscillante di passivit� o esasperazione. Una risposta da dare, dunque, a problemi reali, spesso drammatici, con la consapevolezza che c�� poco tempo a disposizione proprio perch�, in mancanza di un progetto di trasformazione storicamente progressivo della societ�, la crisi in atto tende a scaricarne i costi sugli elementi pi� deboli ed indifesi, aggravandone le condizioni di disagio materiale e culturale�.

 

Articolo pubblicato su LEM, n. 7/8