Tommaso MAROTTA
CONTRIBUTO CRITICO
E DI LOTTA POPOLARE REGIONALE
CONTRO IL PROGETTO DELLA REGIONE CALABRIA
DI SOPPRESSIONE DI
PRESIDI OSPEDALIERI PERIFERICI
(Territorio e salute; costi economici; costi umani e costi sociali; diritti umani e del cittadino malato; etica della persona e della personalit�; megastruttura ed effetti di disumanizzazione, in uno alla impossibilit� oggettiva di qualsivoglia controllo dal basso e al primato della cultura del totalitario e del denaro)
Narrano le cronache di questi giorni in quel di Lungro, del Mezzogiorno d'Italia, Calabria, che la Giunta Regionale calabrese ha formulato un Piano Sanitario Regionale dove si prevede la "chiusura" (cos� si dice, ma noi non abbiamo avuto l'opportunit� di leggere quel "Piano") di molti ospedali periferici, fra i quali quello di Lungro.
A margine del "Piano" e di tanti "si dice", riteniamo giusto e doveroso formulare alcune riflessioni.
Vi �, ci pare, l'esigenza che le popolazioni di tutti i territori degli ospedali, dei quali (come si dice) il PSR formula l'ipotesi di "chiusura" e anche degli ospedali non a rischio, sia periferici che non, conoscano il Piano, onde avere piena consapevolezza sia delle ipotesi ivi formulate, sia delle motivazioni poste alla base di dette ipotesi.
E a tanto dovrebbero provvedere le istituzioni politiche, dando del "Piano" la massima diffusione.
Occorre conoscere per deliberare.
Ed occorre deliberare non una delibera di Consiglio Comunale e basta, anche se atti politici del genere hanno certamente il loro peso specifico e la loro funzione, ma una critica giusta e bene argomentata, nel basso, cio� da parte della gente, e nelle istituzioni politiche, al PSR e da condurre avanti fino in fondo, e se � necessario, con una mobilitazione di massa, oltre e ben oltre il territorio nel quale gravita l'ospedale di Lungro.
Dicevamo: di tutti i territori e di tutti gli ospedali detti, perch� diversamente, si rischia di ridurre un problema regionale ( con ovvi riflessi a livello nazionale), a problema meramente locale e del tutto avulso dalle problematiche della salute sul piano regionale e nazionale, e ognuno procedendo per conto proprio e a ruota libera: niente di pi� dissennato, demagogia a parte! Perch� il rischio non � soltanto quello di una polemica senza consapevolezza delle sue supposte ragioni sia ideali, sia morali, sia sostanziali, e quindi "debole" sotto l'aspetto della partecipazione democratica alla discussione del problema, ma � anche e soprattutto quello di offrire a tecnici e politici che hanno formulato il PSR, la prova della sua validit�, in luogo di indurli al suo riesame, alla luce di adeguati argomenti critici.
Intendiamo dire che se di "Piano Regionale" si tratta, e non "comunale "e non "mandamentale" o "circondariale" ( attingendo alla vecchia nomenclatura delle circoscrizioni giudiziarie ), e non limitato al territorio di una ASL, se cos� �, � a livello regionale che il Piano va esaminato e discusso e dove ingiusto, contrastato, e non gi� a livello locale o addirittura "etnico", come da parte di qualcuno si fa (viene da ridere se non ci fosse di che piangere!, nulla avendo a che vedere la salute con qualsivoglia supposta etnia o peculiarit� storica o antropologica).
La salute � problema universale, se in tutto il mondo soffre l'uomo di ben note, o meno note, patologie, e in uno, della sua limitatezza, e non soffrendo affatto, gli italo-albanesi, di patologie specifiche delle vicende storiche degli albanesi profughi dalla loro patria, per effetto della invasione ottomana di tanti secoli addietro, e quindi della loro remota e peraltro cos� sbiadita connotazione etnica, nell' ambito del processo di omologazione planetaria.
Diversamente ragionando, a parte tutto, si finirebbe, per ragionare da razzisti, e da lombrosiani, bench� senza dirlo e senza saperlo, patetiche nostalgie a parte.
E se cos� �, si tratta allora di coinvolgere nell' esame e nella discussione del Piano, tutte le popolazioni di tutti i territori degli ospedali calabresi interessati.
E ancora: se cos� �, allora, bravissimo quel leader politico o quel partito o movimento politico che riuscir� a "regionalizzare" il problema, superando ogni tentazione localistica. si ripete. non soltanto errata e improduttiva. ma controproducente!
Ci� detto in via di principio, pur non conoscendo noi il Piano Regionale, ma conoscendo abbastanza la logica che oggi pi� che mai domina la politica sul piano mondiale, e cio� la logica economicistica (pi� che dell'economia tout court) e dell'efficentismo (pi� che della efficienza), ci permettiamo di aggiungere qualcosa di nostro, sul piano sostanziale, alle nostre riflessioni sul piano metodologico.
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Orbene, vi sono, riteniamo, tutte le ragioni per presumere che il Piano Regionale sia stato formulato, appunto, alla luce di quella logica e basta, per quanto in termini di nomenclatura politica d'uso, si qualifichi di "sinistra" la Giunta Regionale calabra.
-Diceva Emmanuel Mounier che lui la parola "sinistra", riferita al politico, la scriveva sempre tra virgolette, con tutto il rispetto che il grande filosofo del cattolicesimo militante aveva per i movimenti politici cosiddetti "di sinistra", pur dissentendo nettamente dalla dottrina filosofica da cui essi traggono origine storica e motivazione ideologica-.
E se la nostra presunzione, con tutto il rispetto nei confronti della Giunta Regionale, � vera, vuol dire che essa ha formulato il Piano, prescindendo o tenendo comunque in scarsa considerazione alcuni fattori estranei a quella logica, e ben oltre, riflettendo essi l'umano e l'esistenziale e non il mero economico-finanziario.
In primo luogo, la natura del territorio calabrese.
Natura generalmente aspra ed impervia, e molto differente, per esempio, da quello pugliese o da quello lombardo, dotazioni infrastrutturali a parte.
Non ha considerato la Giunta Regionale, crediamo, e con il massimo rispetto da parte nostra (per parlare del territorio gravi- tante attorno all'ospedale di Lungro, ma solo esemplificativamente, perch� il discorso, ripetiamo ancora e fino alla noia, � regionale), non ha considerato la Giunta, dicevamo, cosa significhi, per esempio, per un ricovero di urgenza, con ovvie implicazioni, in ospedale, raggiungere da S. Donato di Ninea o da S. Sosti o da Mottafollone o da Acquaformosa o da Firmo o da Altomonte, l'ospedale di Castrovillari o, peggio ancora, quello di Cosenza, invece che quello di Lungro o quello di S.Marco Argentano, valutati la natura corografica del percorso e quindi i tempi di percorrenza; e analogamente, bench� ad altri effetti, meno drammatici, e in tale caso socio-culturali ( epper�, in senso sociologico, e non gi� minietnico!), in caso di ricovero ordinario in ospedale, di una persona ammalata, specie se di et� avanzata, e peggio ancora, se si tratti di patologia/e da lungodegenza.
In tali casi, forse, i programmatori regionali non hanno valutato cosa significhi quello spostamento per il sofferente e per la di lui famiglia e per i suoi amici.
E ci�, sia in termini di costi di spostamento, sia in termini di disponibilit� di tempo, sia per i suoi effetti sul piano psico-sociologico.
In tali casi, infatti, i conti tornerebbero ancor meno, e non soltanto sul piano finanziario, per quel malcapitato e per la di lui famiglia, specie se di condizioni povere! E lo sfortunato, specie se anziano, risulterebbe, tutto sommato, parcheggiato in un contesto sociale e territoriale cos� diverso dal proprio. E quindi (se uno si intende poco poco di psicologia e di effetti psico-patologici dello status territoriale e sociale sulla persona, specie se affetta da qualche patologia), e quindi, dicevamo, certamente a rischio di insuccesso delle stesse terapie prestategli.
E ancor pi� gravemente, ci pare non abbiano tenuto conto i formulatori del Piano Regionale cosa possa significare, in caso di prestazioni da routine, come analisi di laboratorio o radiologici o altro del genere, spostarsi da S. Sosti o da Mottafollone o da S. Donato di Ninea oda Acquaformosa, o da Firmo oda Altomonte a Castrovillari o, peggio ancora, a Cosenza, anzi che a Lungro o a San Marco Argentano; e gravissimamente, non abbiano tenuto conto, essi, cosa possa significare quello spostamento per un dializzato, con implicazioni e costi e rischi incalcolabili, se per tre volte ogni settimana, a giorni alterni, egli � costretto a spostarsi da casa sua, con un tran-tran che � destinato a durare per tutta la sua vita, gi� compromessa dalla sua patologia, e s'immagini con quale delizia, per sottoporsi per quattro ore, al trattamento di emodialisi, con un totale di sei ore di cos� grave disagio, ed anche di sofferenza, fra viaggio di andata, trattamento, e viaggio di ritorno a casa, e per il tempo necessario per coprire quel percorso mediamente di 40/80 chilometri (80/160 A.R.), e per met� percorso cos� disagevole e in territorio collinare o di montagna (d'inverno, ancora maggiore delizia! Non avrebbero dovuto rifletterci i programmatori?) e quell'ultima parte del viaggio, assai pi� disagevole e caratterizzata da ancora maggiore sofferenza, perch� con in corpo tutti i noti effetti del trattamento stesso!
Non auguriamo certamente a nessuno, e nemmeno ai programmatori del Piano, naturalmente! , di passare per questa sofferenza!
Ed inoltre: quante le famiglie che dispongano di mezzo di trasporto e presso le quali vi sia qualche familiare disposto e disponibile e in grado di accompagnare il dializzato per quel percorso, ed in definitiva, impiegando una giornata sana di tempo, sottraendola al proprio lavoro e ai problemi della propria casa e della propria famiglia o ai propri studi se giovane studente?
E i costi finanziari per le famiglie dei dializzati ?
Hanno previsto i formulatori del Piano, quali detti costi ?
E hanno riflettuto essi, se per caso, la loro stessa valutazione, anche a prescindere dall' extrafinanziario di cui s' � detto, non debba essere prioritaria, rispetto alla valutazione sui e dei costi pubblici di esercizio delle strutture sanitarie periferiche, secondo loro da sopprimere?
Che se poi quella:valutazione dei costi per le famiglie non � prioritaria, allora, quanto meno, la Regione dovrebbe dotare i paesi interessati, di mezzi pubblici di trasporto specifici, una specie di ospitalbus, come � per gli scuolabus all'interno dei singoli territori comunali.
E il personale delle attuali strutture, secondo il piano regionale sopprimende?
Che ne sarebbe?
Anch' esso, ci pare ovvio, sbattuto di qua e di l�, sradicato dal proprio territorio e dal proprio posto di lavoro, e dagli stessi propri rapporti sociali e professionali, e a danno delle loro famiglie e della stessa loro professionalit�, costruita lungo il corso di tanti anni in un determinato ambiente di lavoro integrato, con conseguente dispersione di tutto un patrimonio tecnico e sociale che appartiene agli addetti e alla collettivit� in uno.
Da quanto detto, emerge quindi che dando attuazione al Piano di cui si tratta, i costi finanziari di esercizio delle strutture sanitarie sopprimende, usciti dalla porta, rientrerebbero dalla finestra, appunto, in termini di costi umani e sociali a carico della societ� tutta: strutture e societ� civile in uno! Perch� relativamente ad un servizio pubblico, la nota formula econometrica "costi/benefici", ovviamente non pu� riguardare solo i costi finanziari, ma deve riguardare anche i "costi umani", e quindi sociali, includendo quindi fra i costi, i sacrifici e i disagi delle famiglie e della societ�, anche quelli della sofferenza psicologica, e non soltanto di quella fisica; e analogamente, quanto ai benefici, non soltanto gli effetti positivi del servizio prestato all'utente, ma altres� i suoi effetti positivi sulla societ� nel suo insieme.
Ed in definitiva, perch� non conta nulla, non pu� contare nulla una qualsivoglia economia finanziaria, in termini di minor costo di esercizio di una struttura di produzione di un servizio pubblico (Scuola, Sanit�, Giustizia) e nel nostro caso, la salute, a cospetto del "costo uomo". E questo, anche sotto l'aspetto del rapporto umano medico/paziente, dentro le strutture, perch� anche la bont� di quel rapporto, non gi� essenziale, ma essenzialissima, indefettibile, anche agli effetti degli esiti della terapia, e quindi dell' evolversi al meglio della condizione di salute del paziente, e persino della sua involuzione, dipende dalle dimensioni della struttura, e quindi dagli spazi di sua governabilit� democratica, e quindi di controllo dal basso da parte della societ� civile e della societ� politica. E ci� perch� quanto pi� � piccola la struttura, purch� a livelli compatibili di efficienza, tanto pi� il "valore uomo" ( chi lo misurer� mai, dal momento che esso sussiste anche quando l'uomo fisicamente non c'� pi�?), tanto pi�, dicevamo, il "valore uomo" � assicurato, conforme l' ordine non meccanicistico, ma razionale della Creazione.
Ond'�, che, alla luce di tutto ci�, non rappresenta alcunch� una economia finanziaria, a cospetto di tanta diseconomia in caso di difetto di considerazione per il "valore uomo".
Un bel "risparmio" davvero! Anzi, tutto sommato, in gergo comune, non secondo le istituzioni della scienza economica: un vero "guadagno" !
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Per non parlare dello sperpero di un cos� consistente patrimonio immobiliare, effetto di oculate scelte politiche di tanti anni addietro, cio�, per ricordarlo agli smemorati in mala fede, del primo centro-sinistra degli anni 60 e del Ministro della Sanit� e poi dei Lavori Pubblici Giacomo Mancini, e 1'uno e l'altro, all'epoca, additati al ludibrio delle masse in buona fede e ignare, da parte dei demagoghi di Lungro, ed oltre, ad un tempo duri epuri e maestri di clientelismo, che di quelle strutture seppero poi ben profittare!
Ironie e tragicommedie della storia!
Quel patrimonio, allora valutabile in parecchi miliardi di lire dell' epoca, nel tempo non si � svalutato, come in genere � di qualsiasi capitale mobiliare e talvolta anche del patrimonio immobiliare, ma si � progressivamente rivalutato, per via dell'apporto di professionalit� degli addetti, spesso anche prestigiosi; per cui, non � ammissibile che ora venga degradato a struttura, tutto sommato, di "fiera testimonianza" di formale attenzione della classe politica alla salute pubblica (le cosidette "case della salute" di cui sentiamo parlare), per poi, col tempo, essere convertito in chiss� che cosa: magari in "carceri di massima sicurezza" o in strutture parapenitenziarie, di detenzione domiciliare o altro.
Chi scrive, da operatore del Foro, ha tutto il fondato timore che per la strada intrapresa dai formulatori del Piano, mutatis mutandis, si verificherebbero gli stessi disastrosi effetti che si sono verificati con la sciagurata riforma delle tradizionali strutture e circoscrizioni giudiziarie. Il concetto di "riforma" sottintende generalmente un melius, ma cos� non � stato affatto! Ed il tutto, in danno della stessa Giustizia come Idea del Giusto, come "valore" non da econometria, ma da Ideale Politico e Morale (a parte l'abnegazione dei soliti differenziati, fino al sacrificio della propria vita!).
Abbiamo, rectius: hanno allontanato la Giustizia dal popolo, e ne hanno reso l' amministrazione pi� difficile; ne hanno aumentato i costi sulle spalle della gente, e dei poveri soprattutto; e non parliamo, per carit�!, di tempi tecnici, quanto all'amministrar Giustizia!
Non � bastata, e non poteva bastare, la Corte di Strasburgo, come non basta certamente l' attuale legislazione teoricamente riparatoria di tanti ritardi, anch' essi valutati con una rudimentale metodologia, tra l'econometrico e il presuntivo e il discrezionale. Tanto pi� che, sia per ci� che riguarda il "privato", sia per ci� che riguarda il "sociale" e il "politico", i danni che quei ritardi producono sono assolutamente irreparabili, e sono essi di per se gravissima ingiustizia, perch� non sono monetizzabili la sofferenza, l'angoscia dell'attesa, i rinvii di anno in anno (appena l'altro ieri si procedeva a giorni o a mesi e perfino ad horas!) e la frustrazione e, perch� no?, L'indignazione quotidiane e inevitabili degli onesti. Ed il tutto, anche per gli spazi che si offrono a imbroglioni e faccendieri di ogni ordine e grado, quando la Giustizia non funziona e nei tempi giusti, risultando cos� vano ogni tentativo riparatorio, appunto, soltanto tentativo, e peraltro cos� pallido e non poche volte ridicolo, da parte di una societ� e di un potere fondati su una concezione scristianizzata, blasfema e aziendalistica della vita. Da cui i ben noti e cos� gravi effetti criminogenetici e di immoralit� e di cattiveria cos� diffuse, anche dentro le istituzioni, ivi incluse le pi� sacre, e quindi di svilimento della vita, come dimostrato anche da certa recente legislazione patria in tema di "bestemmia in luogo pubblico", di "atti osceni", di "turbamento di funzioni religiose", di "manifestazioni oltraggiose verso i defunti", e di "droga", e da certi orientamenti giuriprudenziali in tema di "pornografia" (questo nuovo "oppio dei popoli", come la definiva Augusto Del Noce).
Orbene, se cos� �, vi sono tutte le pi� ampie ragioni per ritenere che per quella strada indicata dalla Giunta Regionale calabrese, sopprimendo i piccoli presidi sanitari nel territorio, mutatis mutandis, si verificherebbero analoghi effetti a danno del valore Uomo", sotteso sia alla funzione "Giustizia", sia alla funzione "Salute" (nonch� alla funzione "Scuola").
E non dovrebbe si affacciare altres� il timore che, soppressi i piccoli presidi, le megastrutture, a parte quant'altro detto egli effetti di congestione, risulterebbero del tutto ingovernabili, e quindi sottratte a qualsivoglia forma di controllo dal basso, ed infine, come ultimo effetto, ulteriore affermazione del primato della "cultura del totalitario" e del denaro?
Un tutto, in realt� un unicum, gi� in atto in questa nostra societ�: una societ� asociale", come diceva quell' altro grande del cattolicesimo europeo che fu, ed �, Jacques Maritain.
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E se tutto questo � vero, una mobilitazione, di massa, cio� di tutte le realt� locali interessate al problema, ed anche oltre, � esattamente quel che occorre. Le ordinarie forme di protesta non servono a un bel niente, e specie se di singole popolazioni di questo o quel paese, ed ancor meno le iniziative di ristrette �lites, pur accreditando loro le migliori intenzioni ed escludendo velleit� e strumentalismi demagogici e di carriera.
Quella mobilitazione, fra l'altro, rappresenterebbe anch'essa di per se un valore, perch� rappresentativa di una pregevole consapevolezza critica di massa e di uno spirito di solidariet�, a sua volta, non gi� fiera liturgia, ma fattore determinativo di una aggregazione sociale, sotto forma di vero soggetto politico che non potrebbe non essere esaudito, per quanto giustamente dovesse rivendicare a tutela di diritti e di interessi comuni.
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Un'ultima notazione, lasciata volutamente in ultimo, mentre doveva essere svolta essa nella prima parte del nostro scritto, perch� attinente non al merito del Piano Regionale, ma al metodo di discussione sul medesimo e di contestazione delle scelte errate e per quanto errate che vi sono sottese.
Per la dimensione che il problema di cui parliamo riveste, una dimensione non di fiera politica strutturale o infrastrutturale, ma che investe la persona umana, e non solo quanto ai suoi diritti inalienabili, quale il diritto alla salute, ma come "etica della personalit�", la chiesa cattolica calabrese e le altre chiese operanti in Calabria, a nostro sommesso avviso, non possono n� ignorare il problema di cui parliamo, n� disinteressarsene.
Vi �, fra le altre, per quanto a noi noto, una Chiesa Pentecostale a Saracena e vi � una chiesa evangelica a Firmo, ed altre chiese o sedi di quelle chiese sono operanti altrove in Calabria.
Anzi: dovrebbero esse precedere il mondo politico promuovendo la conoscenza del Piano Regionale nell'ambito del territorio delle Diocesi e delle Parrocchie interessate, e stimolarne il dibattito e il confronto con la Giunta Regionale.
E analogamente i laici, bench� non politicamente impegnati, e non solo le gerarchie e i pastori, dovrebbero assolvere il proprio ruolo, sia autonomo, sia di stimolo alle gerarchie.
O nei Vangeli non si parla altres� di ammalati e di malattie del corpo, oltre che di malattie dello spirito?
O non abbiamo. nella stessa storia di Questo paese. intendiamo dire "di Lungro". oltre a tante abusate leggende. illustri e mai sufficientemente celebrati esempi di lotte di popolo, con paartecipazione anche di uomini di chiesa?
O non abbiamo tantissimi altri esempi di lotte di popolo su scala nazionale o regionale. con la partecipazione di uomini di chiesa e di istituzioni laiche a carattere religioso, per problemi del genere o analoghi ?
Infine: a nostro parere, occorre coinvolgere nel problema istituzioni specifiche che operano su tutto il territorio nazionale e a livello locale, quali i cosiddetti "Tribunali per i diritti del malato" (dei quali, per incidens, chi scrive, negli anni 80 promosse la costituzione di una sezione proprio a Lungro, e se ne parl� all'epoca, anche sulla stampa), e quindi la ONLUS "Cittadinanza Attiva" con sede in Roma via Flaminia, 53, 00176, nonch� la ONLUS "Medicina Democratica -Movimento di lotta per la salute" -, via Venezian, l, 20133 Milano.
Gli indirizzi dei "Tribunali per i Diritti del Malato" che operano in Calabria sono rilevabili su internet.
E ci�, riteniamo, occorrerebbe fare subito, proprio ad evitare che il problema assuma dimensioni e forma di lotta politica e sociale di popolo, ed anche di piazza.
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Infine: giusto come insegnamento, e non soltanto come promemoria: allorquando, tanti e tanti anni addietro, si pose per Lungro il problema della chiusura della salina di Stato, qualcuno sosteneva che il problema non era ne inventato ne pretestuoso, per cui andava affrontato con seriet� e con realismo. E ci sono atti scritti e articoli sulla stampa dell' epoca, a ricordarlo a quanti tanto danno fecero allora e in seguito ( e per la pi� parte irreparabile), al paese, optando anche a tale proposito per la demagogia, e associando alla demagogia, quelle che quel "qualcuno" definiva allora "passeggiate romane", tutti a rimorchio, l'uno con l'altro, e con inutili ed altrettanto demagogiche lagnanze e proteste al potere, altrettanti cahiers de dol�ances (ben noti alla storia trita e ritrita della falsa "questione meridionale"), ai quali il potere centrale non poteva prestare ascolto, appunto perch� senza costrutto.
Orbene, non .ripetiamo lo stesso banale errore di allora, con sostituzione agli organi del potere centrale, quelli del potere regionale.