Scoperta
una porta dell�antico castello di Lungro insieme al ritrovamento di un
prezioso reperto
Il castello di Lungro torna alla lucedi
Nicola Bavasso
(articolo
pubblicato sulla rivista Apollinea
n� 6
Novembre- Dicembre 2003)
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Nelle
mie escursioni adolescenziali improvvisate insieme agli amici d�infanzia t�
Shin Llirit, mi piaceva esplorare le gjitonie pi� lontane del paese e visitare,
con particolare predilezione, quell�agglomerato
di case che si erge sulla parte nord-occidentale della citt�: Bregu. Per noi
bambini che trascorrevamo le giornate estive tra il labirinto di vie del centro
storico ed i proibiti sentieri immersi nei castagneti t� Piruk�s, Bregu
costituiva una impegnativa passeggiata alla quale tuttavia non rinunciavamo. La
maggiore attrazione di quel gruppo di nidi umani arrampicati sulla montagna, era
una particolarissima costruzione sormontata da un grande arco riempito dalla
mano dell�uomo con pietre, malta e cemento che a noi sembrava una galleria.
Suggestionati dal fascino di quel posto, giocavamo con la fantasia che ci
spingeva cosi tanto da farci pensare che quella enorme volta fosse un residuato
di qualche ferrovia un tempo in auge in paese. Nessuno, neanche i gjitoni t�
Bregut che interrogavamo ogni qualvolta andavamo a visitare quel versante,
riuscivano a darci spiegazioni precise su quella costruzione. �E� una casa
molta antica� ci dicevano e nient�altro.
Spinto da una antica curiosit�, da un�attrazione magnetica per quella
�galleria� qualche mese addietro, sono tornato, con una certa frequenza, a
visitare i luoghi suggestivi dell�infanzia che ora, da adulto, sembrano
miniature in confronto al ricordo relegato nella mente per tanto tempo e
assumono aspetti e dimensioni ridottissime.
Ho osservato con attenzione quell�arco che aveva riempito i miei occhi
da bambino, ho appurato la maestosit� che ancora oggi conserva, ho seguito le
case che fanno da cornice a quella porta gigante, le particolari tipologie
architettoniche di quel sito e mi sono soffermato ad osservare attentamente
l�impianto ottagonale di una poderosa costruzione
non del tutto rifinita. La curiosit�, l�intuizione e la mia innata
voglia di scavare nella storia, mi hanno portato ad investigare su testi e
fotografie alla ricerca del famoso castello di Lungro,
annoverato solo nella toponomastica cittadina e da molti considerato
completamente distrutto. La poderosa costruzione non del tutto rifinita � stata
la chiave di volta delle mie ricerche. In quella abitazione appartenente ad un
concittadino domiciliato a Roma, ho
trovato la testimonianza inequivocabile che stavo cercando. Dopo aver invano
scrutato la casa in ogni suo centimetro, nelle cantine, nelle stanze e nei
bassi, ho trovato in un balcone,
l�autentica testimonianza del castello di Lungro miracolosamente scampata
all�oblio della storia: una pietra tufacea a forma di trapezio
raffigurante il castello, con relativo impianto stellare e stemma
baronale. Tale reperto,
discretamente conservato, testimonianza preziosissima del castello di Lungro, ha
aperto le finestre della mia ricerca e cosi le tessere del mosaico che andavo
ricostruendo hanno assunto contorni
sempre pi� definiti. Con l�ausilio di una cartolina del 1950 circa, sono
risalito effettivamente alla reale posizione dell�edificio baronale che
coincide perfettamente con il sito dove ancora
oggi si erge una delle porte del
castello. Quella maestosa �galleria� senza nome e storia, dopo le
suggestioni dell�infanzia, oggi trova la sua risposta: � una delle porte del
castello feudale di Lungro. L�attendibilit�
di tale scoperta che assume un notevole valore storico, � suffragata anche da
una importante citazione storica di Domenico De Marchis, non presa in
considerazione n� dagli studiosi del passato
n� da quelli contemporanei.
Nel
1531 su iniziativa del barone Pescara di Saracena, signore del casale Lungrium
negli anni 1531-1537 venne dato
avvio ai lavori, su un punto strategico della citt�, per la costruzione di un
poderoso castello che eretto su un promontorio di riferimento, dove
probabilmente gi� esisteva un edificio baronale, e da dove era possibile
controllare sia l�accampamento albanese, le
gjitonie, sia le numerose scorribande dei nemici, costituiva per il signore
proprietario la principale vedetta militare oltrech� la propria dimora
abituale. Il castello di Lungro non
esercit�, tuttavia, le sue funzioni strategico-militari per molto tempo. Anzi
gi� nel 1538, da come ci fa notare il De Marchis nel suo Breve Cenno
Monografico-Storico del Comune di Lungro dato alle stampe nel 1858, venne
acquisito dai signori di Altomonte che dopo aver riconquistato i diritti sul
territorio e utilizzato la dimora feudale come posto di vedetta, ritennero
proficuo adibirla ad abitazione civile rendendo un privilegio a qualche famiglia
particolarmente fedele ai signori proprietari. E dibattendo sull�origine del
nome Lungro>Ugros >Ungrum lo stesso De Marchis testimonia l�esistenza di
un edificio baronale sulla sommit� di un�altura:
�
�ed allegando a sostegno
di tale asserto l�esistenza sul casale di un antico castello sedente a lembo
di un�erta prominenza oggid� tutta coverta di olivi, e di cui il tempo edace
ha serbato pochi ruderi, e dei scrollati
rottami di fabbrica, certo segno di un feudale edifizio. Per� questo
vago supposto non incontra l�appoggio documentale, n� forte sostrato nella
tradizione, ed io avr� opportunit� di osservare tra non guari, che lo
scomparso Castello fuvvi eretto dal Pescara duca della Saracena, allorch� nel
1531, addivenne signore del Casale di Lungro�.
In
realt� le tipologie architettoniche del castello erano evidenti anche ai tempi
del De Marchis � si notano chiaramente nella gi� citata cartolina postale dove
si evidenziano soprattutto le due porte del poderoso fabbricato che si erge
sulla parte pi� alta dell�agglomerato urbano.
Sicuramente
sui bastioni del castello e sullo stesso impianto dell�edificio, vennero
costruite altre tipologie di abitazioni. Gi�
alcuni anni dopo, vennero apportati cambiamenti
considerevoli alla struttura che mutarono
sostanzialmente l�aspetto del manufatto.
Lo
stesso autore nella citata opera, parla dell�atto di alienazione,
registrato il 20 gennaio del 1716 da
parte di D. Francesco Pescara duca di Saracena
a favore della casa Spinelli principi di Scalea dei fondi e dei diritti
del territori di Lungro e dello stesso palazzo baronale.
Dal
sito contraddistinto da aspre balze e dominato dal promontorio centrale
che oggi viene denominato monte Petrosa, l�edificio feudale costruito
tenendo conto della esposizione solare e garantendo protezione sul versante
settentrionale e su quello nord-orientale, venne eretto su di un contrafforte
molto difficile da raggiungere anche dal versante sud-occidentale.
La
porta del castello, ancora oggi facilmente individuabile, si erge sul punto pi�
alto del centro urbano. Le tipologie
architettoniche del castello di Lungro (volte a botte, impianti a base
ottagonale), del resto, sono ancora evidenti in alcune abitazioni del versante
sud occidentale del Brego. Dall�individuazione della porta e analizzando
attentamente il reperto si pu� risalire a importanti elementi che testimoniano
l�attendibilit� dei ritrovamenti. Il
bassorilievo con la corona baronale � affiancato a destra da uno schizzo
stellare delle mura entro le quali era circoscritto il paese mentre al centro
del reperto si evidenziano le porte della costruzione sormontate dalla montagna.
Oggi dalla porta del castello si domina
tutto il centro storico e
all�orizzonte si scorge un magnifico panorama
che partendo dalla maestosa Piana di Sibari si allunga ad est
fino al Golfo di Corigliano per raggiungere sul versante sud-ovest i rilievi
della Sila Greca.
Ora
quella porta che per tanti anni � rimasta li silenziosa, senza che nessuno la
notasse o parlasse di lei, senza che la storia registrasse la sua presenza, si
riappropria della sua secolare importanza e consegna le sue vestigia
all�attenzione dell�archeologia calabrese .
Dal canto nostro ci auspichiamo che gli organi competenti si attivino ad effettuare tutte le verifiche del caso
per riportare alla luce un sito che per quasi cinque secoli � rimasto
avvolto nelle tenebre della
lascivia umana.
Il
magnetismo di quel sito e di quella �galleria� che da bambino mi portava ad
allontanarmi dalla mia famiglia, ora trova una spiegazione: � il richiamo delle
radici, la incontrollabile curiosit� storica che dal profondo dell�animo mi
ha spinto ad aprire il libro della memoria, quella stessa curiosit� storica che
oggi purtroppo e da troppo tempo, non riesce a mordere i lungresi, i figli di
quei ungirnjot� protagonisti di pagine indimenticabili di lotte, sofferenze,
scontri, conquiste e rinunce, quei lungresi che hanno scavato a mani nude nelle
viscere della terra per il riscatto sociale e l�emancipazione delle classi
deboli.
A
noi figli di questa nobile terra di salinari, tocca tenere accesa la fiaccola
della memoria storica che qualcuno vorrebbe spegnere.
Solo la memoria storica che � consapevolezza delle proprie radici, oggi
pu� guidare le nuove generazioni lungresi ad impossessarsi del proprio glorioso
passato e rivalutarlo come fattore di sviluppo e arricchimento.
PROVE DI UN ANTICO CASTELLO A LUNGRO di Eugenio Marigliano (Articolo
e foto apparsi anche sul quotidiano la
Provincia Cosentina dell�11 dicembre 2003
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Il rinvenimento di tracce di un antico castello feudale a Lungro, raccontato da Nicola Bavasso. L�autore del ritrovamento (studioso di storia lungrese e collaboratore di questo giornale), nella sua testimonianza, fa apparire la ricerca come una sorta di presentimento.
Fin
da bambino, infatti, era solito raggiungere con gli amici t�
shin Llirit (del quartiere S. Elia) la
confinante gjitonia Bregu (rione Brego), espressione in quel tempo sconosciuta
di qualcosa che negli anni diverr� sempre pi� chiaro.
�Spinto
da un�antica curiosit�, da un�attrazione magnetica per quella
�galleria�, qualche mese fa � racconta Bavasso - sono tornato a visitare i
luoghi suggestivi dell�infanzia che ora sembrano miniature in confronto al
ricordo relegato nella mente per tanto tempo. Ho osservato quell�arco che
aveva riempito i miei occhi da bambino, ho appurato la maestosit� che ancora
oggi conserva, ho esaminato le tipologie delle case nate attorno a quella porta
gigante e ho osservato l�impianto ottagonale di una poderosa costruzione�.
Quel che da bambino sembrava l�entrata di una galleria ferroviaria, una struttura massiccia dai contorni pronunciati e ancora ben definiti nonostante il trascorrere di centinaia d�anni, si trasforma oggi in un inequivocabile segno di un antico castello, portando la ricerca del Bavasso pi� in profondit�, fino a una piacevole e fondamentale sorpresa.
La curiosit�, infatti, lo spinge a un controllo minuzioso dell�area interessata, a scrutare luoghi, oggi diventati abitazioni o locali di ogni genere, ma secoli addietro spazi vitali di un castello che dominava l�odierna Lungro; non irrilevante, sempre a riguardo, l�osservazione di una vecchia cartolina ritraente la Lungro di mezzo secolo fa.
Proprio
durante uno dei suoi sopralluoghi fa capolino un�antica pietra, su cui
continuavano a essere ben impressi dei segni, decisivi per arrivare a precise
conclusioni.
�Ho trovato � dice Bavasso - relegata in un angolo, una pietra tufacea a forma di trapezio raffigurante il castello con impianto stellare e stemma baronale. Tale reperto, discretamente conservato, testimonianza preziosissima del castello di Lungro ha aperto le finestre della mia ricerca e cos� le tessere del mosaico che andavo ricostruendo hanno assunto contorni sempre pi� definiti�. L�autore della ricerca trova anche il conforto di un�opera del De Marchis (Breve Cenno Monografico-Storico del Comune di Lungro del 1858), nella quale si cita un edificio baronale costruito sulla sommit� di un�altura, dominata dal monte Petrosa, garantita da protezioni naturali su tutti i versanti. Il brano del De Marchis, che Bavasso cita, fa menzione di come, gi� al suo tempo, le condizioni fossero a dir poco precarie: �oggid� tutta coverta di olivi, e di cui il tempo edace ha serbato pochi ruderi, e dei scrollati rottami di fabbrica, certo segno di un feudale edifizio.
Per�
questo vago supposto non incontra l�appoggio documentale, n� forte sostrato
nella tradizione, ed io avr� opportunit� di osservare tra non guari, che lo
scomparso Castello fuvvi eretto dal Pescara duca della Saracena, allorch� nel
1531, addivenne signore del Casale di Lungro�.
Di
facilmente individuabile, ahi noi per�, a distanza di cinque secoli rimane
poco: la porta del castello, alcune volte a botte e impianti ottagonali di poche
abitazioni. A Nicola Bavasso l�onore di avere recuperato uno spicchio di
memoria per tutti gli Ungirnjot� (Lungresi) di oggi e di ieri.
�Ora
quella porta che per tanti anni � rimasta l� silenziosa, senza che nessuno la
notasse o parlasse di lei, senza che la storia registrasse la sua presenza, si
riappropria � conclude lo studioso lungrese - della sua secolare importanza e
consegna le sue vestigia all�attenzione dell�archeologia calabrese�.
Alla
fine, infatti, l�orgoglio per una ricerca risoltasi positivamente si unisce
alla speranza (vana?) che un ritrovamento simile possa avere una qualche
considerazione in quanto a tutela.