L�IDEA DI UN MUSEO ITALO-ALBANESE

di Costantino Belluscio


L�idea l�ho sempre conservata nel mio animo, anche se finora non ho potuto realizzarla soprattutto per la cecit� del complesso dei pubblici poteri.

Mi riferisco all�idea di un Museo che raccolga, fin che ci sia tempo, la memoria della partecipazione degli italo-albanesi all�Unit� d�Italia.

La prima volta che ci ho pensato � stato quando ho scoperto in un�angolo della casa materna il cappello gallonato,la camicia,le ghette,i fregi,i cinturoni del mio bisnonno, il garibaldino Vincenzo Stratig� da Lungro.
Egli,con un infuocato discorso tenuto nella piazza principale del paese ,incit� alla ribellione contro i Borboni e invit� i lungresi ad unirsi a lui per congiungersi alla colonna garibaldina quando,proveniente dalla Sicilia,fosse transitata a Campotenese.

Inseguito dai gendarmi ,per qualche giorno si era dato alla latitanza,mentre la madre Matilde Mantile,che si era rifiutata di dire dove si fosse nascosto il figlio,fu arrestata e internata per 6 mesi a Castel dell�Uovo di Napoli.
All�appello risposero in 500 lungresi che a Campotenese furono accolti dal generale Domenico Damis,altro lungrese che aveva seguito Garibaldi da Quarto e che poi fu eletto Deputato al Parlamento italiano.

Perch� diede la disponibilit� all�avventura garibaldina quasi un ottavo della popolazione di Lungro ? Il bisnonno,da quello che mi hanno raccontato gli anziani,aveva fama di essere un affascinante oratore che usava la retorica quasi fosse un giocattolo. Ma da questo a convincere 500 abitanti su 4.000 circa ,ci corre. Ci dovevano essere ben altre motivazioni per convincere tanta gente a partire spontaneamente per una guerra, da cui puoi anche non tornare.

Gli italo-albanesi,fino all�ingresso nelle case italiane della televisione nel 1954, rispetto al resto della comunit� nazionale,sono rimasti sostanzialmente isolati nei loro paesi appollaiati nelle pieghe di monte della Calabria,della Basilicata,delle Puglie ,del Molise e della Sicilia conservando gelosamente i loro usi e costumi,la loro lingua e le loro tradizioni e, perch� no,la necessit� collettiva di difesa e di reazione in caso di offesa.

Nella mia casa paterna ho trovato un editto borbonico che vieta agli italo-albanesi di portare gli speroni e di andare quindi a cavallo perch� dopo ogni azione giudicata contraria alla legge avrebbero potuto fuggire.
Gi� questo sta ad indicare che gli italo albanesi venivano considerati dai governanti come una specie a parte da cui eventualmente guardarsi. Una opinione,questa,che si ripercuoteva anche nella difficolt� nel trovare lavoro e ad aprirsi col resto della comunit�.

Con l�unit� d�Italia ciascuno sperava che tutto ci� potesse avere termine e che ,con la vittoria di Garibaldi,finalmente si potesse aprire un periodo di progresso e di benessere generalizzati.

Ad unit� conclusa per�,gli italo albanesi,come molti meridionali,manifestarono tutta la loro delusione in vario modo,non esclusa la rivolta specie per la introduzione della tassa sul macinato,con il taglio dei boschi pi� significativi che venivano utilizzati per realizzare tramezzine al servizio delle nascenti ferrovie dello Stato, con azioni repressive di massa che coinvolgevano la intera popolazione.

Il bisnonno frattanto,nominato sul campo capitano del nuovo esercito italiano e Presidente del Tribunale militarizzato di Lagonegro,dopo l�insediamento si trov� a giudicare suoi vecchi commilitoni,molti dei quali erano stati da lui convinti a partecipare all�epopea garibaldina. Si erano ribellati alla delusione.

Il Presidente del Tribunale non resistette a lungo alla sofferenza di giudicare, perch� raggiunti da gravi accuse della gendarmeria ,suoi conoscenti che riteneva invece fossero persone per bene, e dopo qualche mese si ritir� a Lungro dove scrisse di getto una poesia dal titolo �Il proletario�,in cui sottolineava che la povera gente,quale che sia il corso degli eventi storici,rimane sempre tale.

Nel 1968,il regime comunista albanese di Enver Hoxa,in un Paese in cui la lingua era essenzialmente parlata,tribut� al mio congiunto grandi onori tra cui la intitolazione di strade,scuole,con l�apposizione di un busto all�Universit� di Tirana.

Mi convincevo sempre pi� che era necessario fissare in un Museo la memoria di una partecipazione,di una motivazione, dei risultati ottenuti soprattutto per verificare se le speranze siano state appagate o deluse.

Fu una convinzione che si � andata consolidando a Rogliano quando mi � capitato di consultare documenti riferibili al Colonnello Morelli. Ai proprietari terrieri della Valle del Savuto che temevano per i loro beni dalla vittoria di Garibaldi,egli,radunandoli a casa sua,fece un discorso analogo a quello del Gattopardo palermitano. �Dobbiamo cambiare perch� non cambi niente.�

Morelli spieg� che se gli agrari si fossero opposti all�avanzata garibaldina aprendo sottoscrizioni o quanto altro,i vincitori si sarebbero certamente vendicati. Viceversa se avessero manifestato il loro gradimento all�unit� d�Italia,una volta che tale unit� si fosse realizzata,essi avrebbero potuto continuare a dettare legge.
Questo stava a testimoniare quanta ragione avesse avuto mio bisnonno a scrivere �Il Proletario�.

Ma accanto alle delusioni ci sono stati anche momenti esaltanti racchiusi nelle memorie di casa Milano o Mauro,per non citare che alcuni soltanto,esempi di un autentico eroismo che gli italo albanesi potranno testimoniare con la loro partecipazione al processo di unit� italiana, quasi a provare che i 30 mila albanesi dei tempi di Skanderberg approdati nel Sud d�Italia quando gli italiani erano complessivamente 5 milioni,si sono completamente integrati nel tessuto della nazione italiana,meritando per questo il riconoscimento della loro specificit� che non significa tentativo di abbandono,ma rispetto per quello che sono stati e che sono oggi nella comunit� nazionale.

Ecco perch� un Museo. Ecco perch� lo vedrei oggi prima che le memorie si dissolvano con l�incedere impetuoso di anni di pragmatismo esasperato che ci fanno dimenticare sotto la coltre di polvere delle nostre soffitte i valori e quelle storie,a noi ancora note, che li hanno sorretti e giustificati.

Chi sa che la benemerita Fondazione della Cassa di Risparmio di Calabria e Lucania ,proseguendo nella sua lodevole opera di valorizzazione del nostro passato,non ci pensi�

 

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