MONS. GIOVANNI MELE,

PRIMO VESCOVO DELL�EPARCHIA DI LUNGRO

Giovanni Giuseppe Capparelli

 

  

Il 10 febbraio 1979 moriva a Lungro Mons. Giovanni Mele, primo vescovo dell�eparchia di Lungro. Sono passati solo trent�anni dalla sua morte, eppure sembra di ricordare un uomo di cui si � persa la memoria.

Chi fu Mons. Mele? Non � una domanda retorica. Pochi hanno avuto la fortuna di conoscerlo bene, e queste poche persone sono quasi tutte passate a miglior vita. Poche notizie su di lui sono state tramandate, e sono quasi sempre notizie marginali, spesso fantasiose.

Per apprezzare l�importanza dell�opera del vescovo Mele � necessario conoscere la realt� ecclesiale delle comunit� del sud Italia che conservavano il rito bizantino-greco agli inizi del XX secolo, per confrontarla con quella odierna.

Oggi, per alcuni versi, innegabilmente, la situazione � migliorata, ma il rigore nelle scelte di fondo, la prudenza e l�attento discernimento non bisogna trascurarli, se non si vuole tornare indietro.

Osservatori dell�epoca, dopo avere visitato le comunit� di rito bizantino-greco, hanno scritto resoconti dove emerge tutta la gravit� della situazione ecclesiale.

La �chiesa� italo-albanese di allora non aveva nulla orientale: gli abiti dei chierici erano gli stessi dei latini; l�istruzione dei pap�s era approssimativa, conoscevano poco o punto il greco e il rito; nelle chiese tanti altari, nessuna aveva l�iconostasi; la comunione era distribuita solo sotto la specie del pane; i sacramenti dell�iniziazione cristiana venivano amministrati alla latina; molti del popolo non sapevano neppure fare il segno della croce alla greca; nessuna immagine di tipo orientale, ma numerose statue di legno, intagliate nei paesi stessi, o di carta pesta.  Le funzioni religiose erano un ibrido rituale, conseguenza di oltre quattrocento anni di influenze e, talvolta, imposizioni degli ordinari latini.

Si pu� ben dire che nelle comunit� albanofone dell�Italia peninsulare il rito bizantino-greco stava per scomparire. A nulla erano valse le accorate petizioni che illuminati chierici italo-albanesi, per secoli,  avevano rivolto alla Santa Sede.

Agli inizi del XX secolo anche la Curia Romana si persuase che la situazione per i fedeli di rito bizantino-greco sarebbe peggiorata sempre pi� �con sommo danno della carit� cristiana e pericolo della stessa Fede cattolica�.

Per porre rimedio al decadimento del rito bizantino-greco lo stesso papa chiese alla Sacra Congregazione di Propaganda Fide la soluzione del caso. Nella riunione plenaria del 19 novembre 1917 la Congregazione, decise di suggerire al Sommo Pontefice di costituire una diocesi di rito bizantino-greco. Il pontefice pose lo stesso interrogativo all�appena istituita Congregazione per le Chiese Orientali. L�11 febbraio 1919 nella riunione plenaria della Congregazione all�unanimit� si ritenne potersi dare esecuzione all�erezione della nuova diocesi di rito greco di Calabria.

L�eparchia di Lungro venne istituita da papa Benedetto XV il 13 febbraio 1919 con la bolla Catholici fideles.

Eretta l�eparchia, era necessario provvederla del suo ordinario.

La Santa Sede aveva gi� un nome cui affidare il governo della diocesi. Infatti nel 1912, quando mor� Giovanni Barcia, l�ultimo vescovo ordinante del Collegio di Sant�Adriano, la Curia Romana chiese ai vescovi nei cui territori erano ubicati i paesi italo-albanesi di rito bizantino-greco nell�Italia peninsulare, il nome di un sacerdote che avrebbe potuto prendere il suo posto. Solo il vescovo di Cassano, Mons. Rivetta, present� un sacerdote, molto giovane: �Ci ho un parroco che per umilt� di sentire, per illibatezza di vita, per amore allo studio e per scrupolosa diligenza nell�adempimento di tutti i suoi doveri pastorali, si potrebbe proporre a modello di tutti gli altri, greci o non greci. Ma � troppo giovane. Non ha ancora compiuto ventotto anni�. Era Giovanni Mele.

Il giovane sacerdote era nato ad Acquaformosa il 19 ottobre 1885. Trascorse i suoi primi anni nel paese natio, mentre si avvi� agli studi presso il seminario di Cassano Ionio, e li concluse nel Pontificio Collegio Greco di Roma: �Gli anni pi� belli della mia vita� diceva Mons. Mele. Qu� studi� dall�ottobre del 1899 al 7 giugno del 1908, quando fu ordinato sacerdote da Mons. Lazzaro Mladicof, un vescovo bulgaro.

Resistette alla tentazione di recarsi a Costantinopoli, presso il patriarcato Ecumenico e rimanervi, e di perfezionarsi negli studi a Roma e insegnare.

Il vescovo di Cassano Jonio Mons. Pietro La Fontaine lo fece concorrere per la vacante parrocchia di Civita. Vinse il concorso, e dallo stesso vescovo fu nominato parroco del piccolo paese italo-albanese. L� svolse il suo ministero dal 1908 al 1913, fu poi chiamato a Lungro, dove resse la parrocchia dal 1913 al 1919.

L�eparchia di Lungro era stata istituita da poco, quando il 10 marzo 1919 primo vescovo fu nominato Mons. Giovanni Mele, che prese possesso della nuova diocesi il 5  giugno 1921 allorch� il re d�Italia Vittorio Emanuele III dette il regio exequatur alla Bolla Pontificia.

Da quel giorno ebbe inizio l�episcopato di Mons. Mele che con lavoro serio, diuturno, con un programma a lungo respiro, con obiettivi fissati sin dalla istituzione della eparchia, ha mutato il corso della storia ecclesiastica delle comunit� arb�resh�.

Nella biografia di Mons. Mele non troveremo fatti eclatanti o eroici, non � stato perseguitato, non � stato rinchiuso nella carceri, non � stato martirizzato, troveremo, invece, atti e azioni che evidenziano come Mons. Mele ha vissuto la sua vita di sacerdote prima e di vescovo poi, facendo ci� che il suo stato, il suo ministero gli imponevano. � stato un grande sacerdote e un grande vescovo perch� ha svolto il suo ministero con saggezza, con prudenza, confrontandosi con i suoi confratelli nel sacerdozio e con la Santa Sede avendo come unico obiettivo la salvezza delle anime e il recupero e la salvaguardia del rito.

Per molti, soprattutto per quelli che l�hanno conosciuto nella sua vecchiaia, Mons. Mele sembrava indeciso, invece sia la sua indole, sia la situazione oggettiva che giornalmente doveva affrontare nel governo della giovane e complicata diocesi, avevano fatto maturare in lui un�idea di governo della chiesa particolare che ha precorso i tempi, che ha anticipato i tempi. Non decisioni calate dall�alto, ma confronto, collegialit�.

Nella sua prima lettera pastorale scritta nel 1919, rivolgendosi ai sacerdoti, chiede il loro aiuto nel governo della chiesa particolare: �A voi tutti poi io, misero e nullo come sono, sar� gratissimo se non solo con le opere, ma altres� coi vostri consigli mi vorrete aiutare nell�arduo compito che mi � stato affidato; e vi sar� pure assai grato e riconoscente delle vostre cortesi riprensioni, se vedeste ch�io manchi in qualche cosa o che non mi comporti come mi dovrei comportare.�

Il lavoro che attendeva Mons. Mele non era semplice. Ci� che pi� gli premeva era l�organizzazione della comunit� diocesana nelle sue strutture e nello spirito. Mons. Giovanni Stamati nell�omelia pronunciata in occasione dei solenni funerali di Mons. Mele mise in rilievo proprio questo aspetto, diceva: �Se, infatti, esisteva un comune denominatore tra i paesi italo-albanesi: origine etnica con tutto il patrimonio che ad esso si riferisce e rito greco-bizantino, tuttavia fino allora, se si eccettua il Collegio di S. Adriano in San Demetrio Corone, istituto di formazione del clero e dei laici, ed alcune associazioni a carattere culturale e politico, non c�erano mai stati organismi a vasto raggio per la formazione di un tessuto comunitario�. Prima sfida formare una comunit�.

Il secondo problema che Mons. Mele dovette affrontare fu quello di purificare il rito e di dare uniformit�,  almeno esteriore, alle pratiche religiose. Mons. Mele a seguito della sua prima visita pastorale che fece in tutti i paesi dell�eparchia, a dorso d�asino o di mulo, nel 1922 pubblic� una lettera: �Disposizioni al clero�. � una lettera, oggi, poco conosciuta, ma � uno degli atti fondamentali della storia dell�eparchia di Lungro. In questo scritto Mons. Mele analizza la realt� e propone le correzioni da adottare immediatamente, vi sono contenute tutte le impostazioni che hanno determinato la sopravvivenza del rito bizantino- greco nei paesi italo-albanesi.  

Grande impegno profuse Mons. Mele per eliminare varie forme di ibridismo rituale e per dare uniformit� alle celebrazioni con la stretta osservanza dei libri liturgici. Fece rimuovere molti altari laterali presenti nelle chiese, favor� la costruzione delle iconostasi e l�erezione degli altari secondo il rito bizantino-greco.

Per mantenere i collegamenti fra il centro diocesano e le varie comunit�, in un�epoca in cui erano difficilissimi gli spostamenti, Mons. Mele gi� nel 1919 scrisse la prima lettera pastorale, a cui seguirono altre a cadenza annuale fino al 1967, salvo poche eccezioni.

Dal 1925 inizi� a pubblicare anche il Bollettino Ecclesiastico diocesano.

Organizz� la curia anche materialmente restaurando l�episcopio e le strutture ecclesiali.

Si adoper� perch� in ogni paese si avesse la casa canonica e l�asilo. Chiam� per la gestione degli asili e per la catechesi del popolo le suore basiliane Figlie di Santa Macrina che, nel 1931, aprirono la loro prima casa ad Acquaformosa.

Mentre sin dal 1917 le Piccole Operaie dei Sacri Cuori erano presenti con una loro casa a San Demetrio Corone.

Grande attenzione la rivolgeva anche alla creazione in ogni paese dell�Azione Cattolica. 

Sempre avendo come obiettivo la purificazione del rito anche in comunione con le altre realt� di chiese di rito orientale esistenti in Italia, l�eparchia di Piana degli albanesi e il Monastero esarchico di Grottaferrata, Mons. Mele unitamente al cardinale Luigi Lavitrano, vescovo dell�eparchia di Piana e all�archimandrita di Grottaferrata, Isidoro Croce, organizz� il Primo Sinodo Intereparchiale, che venne celebrato a Grottaferrata nel 1940.

Il suo attaccamento alla specificit� dell�eparchia di Lungro rispetto le altre diocesi lo dimostra il fatto che Mons. Mele nei verbali della Conferenza Episcopale Calabra sottoscriveva sempre con la clausola: �in quanto compatibile con il rito greco�.

Prese parte al Concilio Vaticano II.

Padre Vincenzo Matrangolo, quando qualcuno gli chiedeva chi era stato il vescovo Mele, rispondeva con una semplice frase: �Era l�uomo giusto del libro dei Proverbi�.

Ed in effetti Mons. Mele in tutte le espressioni della sua vita � rimasto fedele ad una coerenza spirituale e materiale evangelica.

Era un uomo di fede, di fede genuina e profonda. Spesso invitava ad abbandonarsi alla Provvidenza, uno dei suoi detti preferiti era: �Cercate il Regno di Dio e la sua giustizia e le altre cose vi saranno in aggiunta�.

Mons. Mele era un poeta e scrittore fecondo. Diceva di scrivere le poesie non a scopo estetico, ma a scopo didattico e morale.

Nelle sue poesie emerge il suo anelito verso il divino, tutto in lui � protensione verso Dio, abbandono nell�infinita misericordia del Padre Celeste.

Leggeva nella natura, come in un libro, la mano creatrice di Dio, le stelle, il sole, le piante, i fiori erano considerati come segni e vie che portano a Dio.

Oltre alle poesie scriveva testi di argomento teologico, preghiere e pensieri spirituali.

Era un uomo di preghiera e di ascesi. Sua convinzione era che la preghiera � esaudita quando � accompagnata dalla mortificazione e dal sacrificio. Assicurava che la vita cristiana � l�unica via che porta alla felicit� e gi� su questa terra.

Chi lo ha conosciuto dice che mai dalla sua bocca � uscita una parola di critica verso chicchessia.

Egli era un uomo molto umile. In occasione del suo ottantesimo anno disse: �Ho fatto quello che la mia debolezza e la Grazia divina mi hanno permesso�.

Predicava la povert� e la viveva. Frugale nel mangiare, si racconta che si riscaldava vicino al fuoco un quarto d�ora dopo pranzo e un quarto d�ora la sera.

Era un uomo di grande coraggio.

Durante il periodo fascista non and� a votare alle elezioni a lista unica, perch� considerava tali elezioni non libere. A seguito di ci� il segretario del fascio di San Demetrio Corone imped� alle scuole di festeggiarlo in occasione della visita episcopale di Mons. Mele.

Era un uomo con grande senso della giustizia.

Si preoccupava delle condizioni sociali dei suoi fedeli, in tempo di guerra e di carestia raccomandava ai negozianti e ai commercianti il giusto prezzo, inveiva contro gli speculatori ed il mercato nero, invitava i ricchi ad essere generosi con i poveri, e al padrone di dare la giusta mercede all�operaio.

L�11 ottobre 1966 comunicava alla Santa Sede le sue dimissioni  per raggiunti limiti di et�. Il 24 aprile 1967 la Santa Sede accoglieva la sua richiesta, pur consentendogli di conservare la titolarit� della diocesi fino alla sua morte.

Mons. Mele moriva il 10 febbraio 1979 alle ore 12,45. Al suo capezzale nel momento del trapasso c�erano l�Amministratore Apostolico Mons. Giovanni Stamati, suo successore, il nipote pap�s Vincenzo Matrangolo, padre Giordano Caon, suo segretario, e la sorella Maria.

Il 25 giugno 1981 le sue spoglie mortali furono traslate dal cimitero di Lungro alla Cattedrale dove riposa in pace.

Il vescovo Stamati, nell�orazione funebre che lesse durante i funerali di Mons. Mele, ha messo in risalto il carisma peculiare del suo predecessore, disse: �Fu l�uomo di pace, alla quale era portato dall�inclinazione profonda del suo cuore. Pace nella verit�, nella giustizia. Non fu per� un debole e seppe ergersi con coraggio in difesa della religione e della giustizia. In questo senso non fu uomo di compromesso. Non si pose per� mai come elemento di divisione ed il suo impegno costante � stato di realizzare nella sua diocesi ci� che proclama la liturgia, che clero e popolo uniti in Cristo �potessero lodare Dio con una sola voce ed un solo cuore��.