VINCENZO BORRESCIO

Nacque a Lungro il 18 maggio 1927 da Antonio, salinaro, e  Benedetto Rachele,  casalinga.

Nel 1945 conseguģ  il diploma di insegnante elementare presso 1'Istituto Magistrale "G. Carducci" a Roma.

Iniziņ a scrivere versi ( versi popolari per l'autore) sin dal 1938 e, sporadicamente, qualche poesia.

Le sue idee di sinistra lo portarono ad  iscriversi al Partito Socialista Italiano. Nel PSI  ricoprirą incarichi politici non solo a Lungro ma anche a livello zonale e provinciale.

Nel 1956 fu eletto Sindaco di Lungro.  "Tale carica pubblica- scrive l'autore- mi fece conoscere meglio i bisogni della povera gente".

Nel 1965  favorģ la formazione di una Giunta di Centrosinistra, con  Sindaco Angiolino Bellizzi, che realizzņ,  grazie anche al contributo di Giacomo Mancini, una lunga serie di

opere pubbliche che innalzarono il livello economico- socio-culturale dell' intera comunitą.

Nel 1978 venne eletto come rappresentante della Provincia in seno al Consiglio d' Amministrazione dell'Ospedale di Lungro.

Dura la sua posizione nei confronti di Tangentopoli: " Le note vicende di Tangentopoli - scrive -hanno provocato nel mio intimo effetti devastanti, perchč ho sempre creduto nella purezza e nella bontą degli ideali del Socialismo Democratico e Liberale. Purezza contaminata e irrimediabilmente distrutta da una consorteria che, dopo aver rubato e corrotto tutto, continua, purtroppo, a dominare incontrastata il P.S.I. e a lordarlo. Questa gang politica, che non si vergogna degli scempi commessi, non si sente ancora nell'obbligo di andarsene via dal P.S.I., Partito dei tanti martiri noti e ignoti, che hanno dato la loro vita o speso tutta la loro esistenza per l'emancipazione dei lavoratori".

Nel 1992 pubblicava il suo primo volume di poesie, "POEZI ARBĖRESHE" (poesie italo-albanesi) a cui faceva seguito  nel 1994 il secondo, "POESIE ITALIANE E POEZI ARBĖRESHE"

Morģ a Lungro il 4 novembre 1995

 

Fra le tantissime poesie degne di essere pubblicate, ne abbiamo scelto 4, ognuna con una motivazione diversa.

 

 

RENIE FASHIZMIT (8/4/1944)


Gomari samarin pruar ,
fashizmit i pren dy duar.
Mi gjirizesh fuqit bore
ē'kur lirin neve na nzore.
Krimb dheu qe Mussolini.
Soējallistra ē 'jin ' e prini?
Leni draprin dhe martielin
e bashkofeni me vangjielin.
Njėzet e dy viet kan shkuar
dhe gjithė krishtert nėng kan harrruar!
Kur lu e vrat Matteottin,
kini zgavuar vetim gropin.
Roft ajo ditė e bekuar
ē'ka fashizmi na ka liruar.

CADUTA DEL FASCISMO


L 'asino il basto ha rovesciato,
al fascismo hanno tagliato le mani.
Topo di fogna le forze ha perso
da quando la libertą ci hai tolto.
Verme della terra fu Mussolini.
Socialisti che cosa aspettate?
Lasciate la falce ed il martello
e unitevi con il Vangelo.
Ventidue anni son trascorsi,
e tutti gli individui non hanno dimenticato!
Quando avete ucciso Matteotti,
avete scavato da soli la fossa.
Viva quel giorno benedetto
che dal fascismo ci ha liberato.

 

 

KROJ GARDILLIT (15/2/1946)


Gardill, tė mirė ujit ti e ke,
sa mė rron dita ti ke hje.
Fabjuni, kur tė shef, qindron
pėrse ujit tėnd keq dishiron;
ndallandyshja, tetedyza,
fallėveta edhe thėllėza,
gtifsha, borsi, gjithė zogjt tė din,
vjin e pin pse ujit tėnde ngrin.
Kur ėshtė e difet nga kpurdhar
qindron ket ti se ujit kat mar .
Nga vurdunar kur ėshtė mesditė,
prėzė tij ha bukin se ka et.
Zhurmėri krojt dhe paqe malit,
t'ju lavdėronj s'i gjėnj unė fjalit.
Mbase mė dukej njė magji
per tė ngosja kėt lakmim.

FONTANA DEL GARDILLO


Gardillo, buona l'acqua tu ce l'hai,
per tutto il giorno tu godi l'ombra.
Il colombaccio, si ferma
perché l'acqua tua tanto desidera.
La rondine, la cinciallegra,
il beccafico anche la pernice,
la gazza ed il fringuello, tutti gli uccelli ti conoscono,
vengono a bere perché l'acqua tua č fresca.
Quando sta facendo giorno ogni fungaio
si ferma da te per attingere acqua;
ogni boscaiolo, a mezzogiorno,
vicino a te mangia il pane perché ha sete.
Mormorio della fontana, pace montana,
per decantarvi non trovo parole.
Mi ci vorrebbe una magia
per soddisfare questa bramosia.

 

 

TATA IM SALLINAR (1/2/1992)


Ca herė shkonja net pa gjumė
kur tata im kulej shumė
sepse, pėr ftohtėsin dhe vapėn,
kish pasur ethem me bronkitėn,
ē'kur u kish bėn sallinar.
Ai nxirnej krypėn ē'ish si ar
pėr Ungrin dhe katundet prėzė.
pėr dyzet vjet punoj nėn dhe,
por shurbinej me hare
pse fitonej buk pėr ne.
Mund binej shi, breshėr dhe borė
se nga menatė venej nd'at "vėrė".
Isha kraturė, nėng e dinja
se hipnej gjithė ato brinja;
dirsinej shumė, i ri o plak,
kur bėnej ftohtė o edhe vapė.
Lodhia i rėndonej gjithė gymtyrėt
kur, pėr tetė orėt, ngjeshnej gurt.
Kur ai murgu lėnej punėn
lagnej me diersėt edhe xhipunėn;
nga dita hipnej njėmije kėmbė shkallė:
kthehej mė i vdekur se i gjallė;
ajėri miniersė ish shumė i rėndė,
ai prirej nė shėpit mė kėmbė,
njerim sa e muar pensionin
pse u mbiak dhe la salinin.

MIO PADRE SALINARO


Alcune volte passavo notti bianche
quando mio padre tossiva molto
perché, per il freddo e il caldo,
aveva avuto la febbre con la bronchite,
da quando era diventato salinaro.
Egli estraeva il sale che era come oro
per Lungro e i paesi vicini.
Per quarant'anni lavorņ sotto terra,
ma faticava con molto piacere
perché guadagnava il pane per noi.
Poteva piover, grandinare o nevicare:
che ogni mattina andava in quella tana.
Ero bambino, non sapevo
che ogni giorno saliva erte;
sudava molto da giovane e da vecchio,
quando faceva freddo oppure caldo.
La stanchezza gli appesantiva tutte le membra
quando, per otto ore, maneggiava pietre.
Quando quel poveretto lasciava il lavoro,
bagnava con sudori anche il gilč;
ogni giorno saliva mille gradini:
rientrava pił morto che vivo;
l' aria della miniera era viziata;
egli tornava a casa a piedi,
fino a quando prese la pensione
perché invecchiņ e lasciņ la salina.

 

 

KARNIVALLI UNGRIS (febbraio 1949)


Kremėton Ungra njė KarnivalI
i vetim dhe orixhinall.
Atė c'e bėfet ket ky katund,
neng pėrfitaset mos gjikun.
Karnivall je si njė grua
ē'i pilqen gjithėve edhe mua;
vijn letinjėt ka katundet
dhe, se tė t'shof, nganjė tundet.
Duket dreq si Rio qo Ungir,
kush vien gjėson njė endir:
arganeta, karramunxa
gjegjen ka bregu dhe ka konxa,
ka qenga e ka taverna,
ka kastieli, ka justerna;
viershe edhe kėndime nga shėpi
pajtonen, gjegjen me ligri.
Kanamellet e kulėndrat
i shtien nusevet dhėndrat;
ndir pulleset, ndir shėpit
argėtofen gjithė shoqėrit.
Karnivelt pin, han dhe gjėjin
shėbise tė mira ka do kindrojin.
Gra, burra, vajza e trima
bredhjin njera sa i zė fryma;
han saucica, supirsata
pėr tri ditė e pėr tri nata.
Hyn me kreshmėn melankonia
kur karnivalli del ka shėpia.
Nga njė menatet mbijdet ndė shėpi,
atė ē'e ka ndė zėmir unė e di.
Nėng jam i zoti tė thom, oj malI,
shkėlqimin ē'e ka ki karnivall.

CARNEVALE LUNGRESE


Festeggia Lungro un carnevale
unico e originale.
Quello che si fa in questo paese,
non succede in nessun luogo.
Carnevale sei come una donna
che piace a tutti anche a me;
vengono i forestieri dai paesi
e, per vederti, ognuno si muove.
Sembra come Rio questa Lungro,
chi viene realizza un sogno:
organetti, cornamuse
si sentono al brego e alla conza,
in piazza e al corso,
al castello, in via cisterna;
versi e canti in ogni casa
s'intonano, si sentono con allegria.
Caramelle e confetti
gettano alle fidanzate i fidanzati;
nei palazzi e nelle case
si divertono tutte le comitive.
Le maschere bevono, mangiano e trovano
cose belle ovunque si fermano.
Donne, uomini, fanciulle e giovani
si divertono fino all' affanno;
mangiano salsicce e soppressate
per tre giorni e per tre notti.
Subentra con la Quaresima la malinconia
quando il carnevale finisce.
Ognuno la mattina si ritira a casa;
quello che ha nel cuore io lo so..
Sono incapace a dire, amore,
lo splendore che ha questo carnevale.