VALENTINO DE FRANCO

 

Nato ad Altomonte nel 1920,  ha vissuto per la maggior parte della sua vita a Lungro (dal 1945 in poi). Era conosciuto da tutti come "Kanxhëlieri" ossia cancelliere, la professione esercitata. E' morto a Lungro  l'11 marzo del 2002

Ha pubblicato:


LA MIA VOCE (1966)
VELE DI CARTA (1968)
U PATRI DU MIEDICU (1974
BRAELLO (1977)
NATO DUE VOLTE (1977)
PENSIERI IN VERSI (1987)

VERITÀ E VECCHIE FAVOLE  (1988)
IL PARROCO DI NOCI (1993
LA FIABA DI MATTO E TITTI (1999)

LA FAMIGLIA GIRAFFA (2000)

Autoritratto

 

PREFAZIONE

La conferenza sull'alcolismo, tenuta a Lungro nel decorso mese di settembre, mi ha riportato alla memoria un'altra conferenza sullo stesso tema che un illustre professore di neurologia tenne nel gennaio 1958 in un paese della nostra provincia e che si concluse come non avrebbe mai pensato il conferenziere, ne tanto meno il sindaco che l'aveva fortemente voluta. Per evitare eventuali, possibili risentimenti, anche se da quella data sono passati più di quarant'anni, chiamerò quel paese con il nome fittizio, Vinarello, così come darò nomi di fantasia alle perso- ne che vi presero parte. Di quella conferenza e dei fatti che la precedettero e la conclusero, mi parlò a suo tempo il ragioniere Franco Leale, un caro amico oggi non più fra noi, ch'era stato per molti anni segretario comunale di Vinarello e lo era ancora nel 1958. Oggi quella curiosa vicenda mi piace riesumare e raccontare a chi avrà voglia e tempo di leggerla, e se la lettura lo distrarrà piacevolmente, ringrazi in cuor suo soltanto il mio caro amico scomparso.

 

Lungro, 1° ottobre 1999

V. D. F.

 

VINARELLO: la conclusione di una passatella:

tutti all'"olmo".

Vinarello nel 1958 contava tremila e ottocento abitanti dei quali mille e cinquecento uomini, esclusi i bambini. Non c'erano cinema e non vi era giunta ancora la televisione. Buona parte degli uomini conosceva un solo passatempo, quello di ritrovarsi tutte le sere nelle ventotto cantine del paese per giocare a carte e concludere ogni partita con la passatella. Più brevi erano le partite, più numerose le passatelle; più ostinati i così detti "padroni" e "sotto" nel voler lasciare qualcuno all'"olmo" (che voleva dire a bocca asciutta), e più abbondanti erano le bevute. C'erano tra i Vinarellesi delle vere e proprie "spugne" che riuscivano a tracannare uno, due e perfino tre litri di vino con lo stesso piacere e la stessa semplicità con cui uno di noi beve un bicchiere di acqua fresca in una giornata afosa. E che soddisfazione quando il "padrone" lasciava all'"olmo", non solo gli avversari di turno, ma perfino il "sotto" !

 Non vi dico il godimento del "franco", di colui ch'entrava nel gioco senza pagare la sua quota per l'acquisto del vino, e tuttavia la sorte lo favoriva e diventava "padrone". A quel punto, se il fortunato "franco-padrone" si sentiva arida la gola e decideva di bersi tutto il vino che gli stava davanti, un litro diviso in quattro bicchieri, la procedura per raggiungere l'intento era scontata. Fingeva di intestardirsi nel voler dar da bere a uno degli avversari del " sotto " perché questi gli imponesse il dilemma "O bevo prima io o bevi solo tu!". S'è così, rispondeva il "franco padrone", fingendo d'esservi costretto suo malgrado, bevo solo io." E in pochi minuti il litro di vino passava dai quattro bicchieri nel suo spugnoso ventre. (pagg.9-10)