Il
racconto è stato pubblicato sulla rivista "Il Calabrese" in sue
parti: la parte prima il 30 giugno 1844 e la parte seconda il 15 luglio 1844
DIANA
Parte
prima
Sorge nel campo un colle tutti dipinto di bianchi
fiori,
Sopra quel colle Garcia de Silva posò vicino il
cinghiale
Alle falde della collina alcune giovani che sarchiavano
i
-Fischiano le cave scorze de' salci, i fanciulli dan
loro fiato
"Un raggio di sole era posato nel figlio di De
Silva; ma ivi
"La sua mano è robusta contro i tori: il piede
leggiero appresso i cervi; la sua gloria negli alti palagi, e la
nobiltà nel
"O! perchè son nata io una donna timida, senza
forza? O patria mia, gl'infedeli hanno abbattuto le tue gioie, ed
io morrò
-A queste parole corse al giovine di cuor tempestoso il
rossore
Ma all'improvviso le donne lasciarono il canto e con
pavida
Garcia
de Silva immobile ancora, teneva gli occhi nel moro che venia da sezzo altissimo
tra tutti, in aureo vestito. Ma non il moro guardava egli sibbene la vergine che
sedevagli in groppa
-Lo hanno
ingannato gli occhi? era dessa ...Diana dal cinto scarlatto... dalla vita
delicata ...e a lui mostravasi agitando nella mano il fazzoletto ...O! era dessa
...Rapita ...e quindi portata all'ultima banda del mondo, deposto il contegno,
ella sazierebbe di sè alcun villano straniero -A questo pensiero gli s'invelenì
il sangue, tremandogli le membra. Ruinò per la pendice: sotto i rimbalzi si
franavano gli orli scoscesi e dietro a lui cadevano polverosi.
Allora
la vergine in groppa al cavallo, che lieta lo aveva invocato, come lo vide
accorrere si sentì morire d'un tremito del cuore, e bianca la fronte: figlio di
signora, diceva al moro, così possa tornare a tua madre e alle sorelle,
rattieni questo destriero che mi scuote il sangue. Già le arene del campo mi
rotano sotto gli occhi come un serpente. Vedo giorni indorarsi e notti imbrunare
sotto la tramontana che agita le stelle lontane, allumate. Rattieni questo
cavallo che mi scuote il sangue; perch'io venga con mente serena in questo
disonore: anche la Terra sente, quando le piove da sopra. O figlio di Signora,
rattieni, sin ch'io allarghi la cinta e si di sfoghi questa vertigine, e poi farò
come a te piace.
Mo: Crudele
anima posata in tanta beltà di occhi e di braccia candide, tu studi con tue
parole a disgiungermi da' miei; perché il tuo amasio arrivi e ti soccorra. Io
guidai eserciti e conquistai mari e città: te ora rapii per desiderio d'un ora
oziosa. Che adunque m'inebbri di piacere in questi occhi, e poi, col tramonto
del dì, passi anche l'amore. Scese e, avvoltole il braccio pel fianco, la
trasse di cavallo. Idalgo, ella gli disse, non toccarmi. Tu non mi ami come
dici; e un affetto grande mi lega a quel cavaliero invitto fra gli uomini: che
tu mi rispetti e pur mi tema, io ti dico.
Dia: Avanti a noi odo tuonare i moschetti: che là tu
vada, o giovine di forte cuore: io son sola con quel signore in questo mondo, e
ci odiano ancora. Ch'io ti sia raccomandata; abbi pietà
Ma egli era sordo; e colei, pari a rosa a cui passa su
per le foglie la tramontana, ti traeva un'oime! quando la madre di Dio le mandò
il suo fedele.
Dia: De Silva, uccidine, coprice sotto terra e resta felice.
Gar: O vincitor delle donne, il fucle tuona e l'anima con sue colpe si
dilegua senza doglia. Ecco il gitto, che si serbi contro gli uccelli innocenti:
ma tu saziar devi, o Moro, questa spada, di gemiti e di sangue.
-Se la superbia delle parole o la tema sia maggiore in
questa terra ognor vinta, io non so: rispose il crudo Moro, traento la daga.
Combatterono come due tori, frangevansi i dumi, si
smuovevano le pietre sotto i loro piedi; cadevano nelle paludi, avendo tutti e
due le mani insanguinate. Diana prostrata in ginocchi dispiegò l'anima umile
avanti a Dio; e pregava sinchè, per segreta via, gli rifulse nella mente come
una grazia, e udì allora. Mi hai ucciso!. ...ti perdono...
Presta, leggiera venne su la prossima altura e vide al
declivio caduto il Moro e appoggiato al braccio, smorto, che da ferita larga nel
fianco e profonda sino alla vita allagava il suolo; guatando il misero quel
sangue che più non era suo. Ella diè un grido di pietà e, trattosi 'l velo,
lo porse a Garcia, affinchè fasciassegli la piaga. Al ferito spuntò una
lagrima -Per me fate una preghiera, mentre altro non mi giova. Ebbi una
sorella,che sciogliesse le chiome quando io sarei morto; Vantisana.
Già, declinato il sole, ogni traccia del mattino
azzurro ed allegro era sparita da' fiumi stagnanti e dal cielo affocato e
biancastro. "Andiamo" e mesti si avviarono i due giovani, meditando la
caduta di cento principi assorti in quella guerra Poi infrescandosi il raggio e
purificandosi sopra i monti tornava anche ne' lor cuori una placida serenità.
Gar: Mancò, per poco, o Diana, e lasceresti
figli tra
i forestieri, lì, pe' nuovi costumi e i nuovi affetti, dimenticata de' primi
conoscenti.
Dia: E sì tosto che uscita io fossi ove non è
castiglia, non mi sarei morta io?
Gar: Allora devi essermi grata.
Dia: Ma la colpa era tua, che non ci aiuti da sì gran
tempo.
Gar: Via, Diana: che mi vuoi? Non istetti da parte per
codardia: ma per una fanciulla che ad uno sguardo abbatte
molti
Ella arrossita e sorridendo alzò la fronte. E tanta è
sua
Gar: Vento che umido si asciutta da sè pel cielo la
donna
Dia: Di queste o d'altre che tu dica, o cavaliero, non
ti
Gar: E mi vedrai...
Diana fè la bocca ridente, ma a quel sorriso il
giovine non
bianchi cani scesero latrando verso il giovine.
Richiamateli,
Intanto Consuelo era tornato la sera in Toledo, atteso
alle
mense si sparse la gioia: nè Diana obliata era in
tanta festa;
Parte
seconda
A lei aveva il cielo reciso il fato, in compenso delle
grazie che prodigolle. Là, ov'ella dormiva fra due donne, Garcia ne udiva il
lieve respiro e non trovava loco, e inasprito malediceva alla sì gran pace
delle stelle, delle pecore e delle balze. Che si struggesse pure, ma lontano
dalla trista bellezza che gli tolse ogni vanto!... Ed ella si agitava lieve
assai nella mestizia e nel sonno. A mezzanotte una bianca luna splendeva sopra i
corpi delle pecore che sonnolente chiudevano gli occhi: e latrati improvisi le
scossero. Uscì in mezzo del cielo una fiaccola, il luogo degli astri fu pieno
di luce, quasi perchè uom mirasse come quei lontani avevano vita; e la terra si
discoperse con un manto
novello, manto che la diceva sorella di luoghi
immortali. E in quel mondo creato allora Diana dalla spigliata persona portò
con gioia il suo amore pari a uccello che da terra levi le penne, e volse al
giovine i semplici occhi. Egli indurato il cuore e freddo il volto guatava e
sentia piacere della beltà che appariva.
Cantavano le allodole e uscì l'alba salutata. Il
giovine inviatosi solo andava a grandi passi verso la città. Vedeva ne' monti
bandiere e cavalli: le prime foglie vestivano i cerri come una verde polvere, e
sopra i cerri svolazzavano grigi sparvieri; alle ombre sedevano gli spaguoli di
occhi neri. Sublimato da quella vista e dalle parole che udiva per istrada ei
venne in capo alla piazza; e vide nel fondo i seggi del Senato, nel mezzo la
gioventù che vestiva le armi, e biancheggiare in giro i veli delle donne.
Tinto d'un bel rossore contemplato dalle madri e dalle
vergini stette avanti al senato. Per gioia ai vegliardi scapparono le lagrime: e
pianse anche il giovine di pentimento allorchè in mezzo al plauso de'
concittadini fu scelto a duce delle schiere. Dopo mezzodì presero lieti la via
della montagna: la polvere si alzava come nebbia, e pari a nube spiccavasi un
presentimento in coloro che dovevano morire per la Fede. Mille pensieri si
volgevano nel cuore di Garcia De silva, poi come da un mare le naufragate tavole
sorgeva da quei pensieri la immagine di Diana; lo precedeva con le bandiere, con
lui dormiva.
Corsero tre notti dopo che i cristiani, giunti per
lunghe strade presso un fiume ampio e quieto, si erano all'alba trovati di
rincontro a genti infinite attendere sbadatamente. Pareva quelle attendere altri
o un gran duce conveniente a cento principi;
e non uscivano dal campo. Quando poi i fuochi si riallumarono all'aura mattinale del quarto giorno fu portato in mezzo al campo
un elmo ed uno scudo con lo stemma del pavone; e si fecero gran
pianti: e lasciate le tende, speranzosi di vendetta si sciolsero verso il campo castigliano. Sventolarono la bandiere; i tamburi i
cavalli assordarono il giorno; tremava il lido sotto le ere confuse, e la morte faceva nascere il desiderio della morte. Il sole
ascendeva, ed estinti molti o stanchi o feriti, i più prodi furiavano soli
sopra l'orrore del sangue: e allora il braccio di de Silva fu un fulmine. Grondante di sudori, bello più che un
uomo ci restò alfine contento tra i suoi sopra il campo sgombero e silenzioso: cui lasciarono al lungo ronzio delle mosche affolate
su i cadaveri.
Imbrunava il sabato precedente la domenica delle palme, e
portava la nuova per tutta la Castiglia, furonvi canti e gioia. Ma in Toledo vecchi, giovinetti e matrone co' bamboli in braccio,
scesero nella piazza: le prudenti ancelle portavano vino pane e dolci frutta; e sopra il convito della gente parolante, il suono
delle campane pareva voce del cielo. Indi all'armonia delle cetre le madri altere, le fanciulle di guancia arrossita danzavano
all'ombra: tu diresti: Questi spiriti separati or non formano che un solo vento. Diana, il capo cinto d'un linleo velo ricamato a
fiori, e gli occhi trono d'una gioia ampia come il mare che non si accoglie tutto in uno sguardo, fu levata a danzare con la
moglie di Consuelo. Allora questa infiammata nel volto e sussurrante tornò nel suo posto. Ma la seconda che fu invitata non si
mosse pure, e piena di stizza. Come? disse la moglie di Consuelo no ...ed io? son io forse una reietta de' mori? Pregna gli occhi
di pianto Diana si fece strada in mezzo alle donne immote; e le sue cugine e le zie appresso a lei aprirono la turba fluttuosa.
La notte piovve dirottamente, e le gronde bagnarono per tre
giorni le strade: la giovinetta assisa al focolare ricamava smorta nel viso un velo nuziale. Vi effigiava l'oceano che
inghiottiva sparsi vascelli, e una donna che vi cadeva dentro da alta torre; e altrove una camera con nidi di rondini alle sue travi, e
sul pavimento una testa scarmigliata con occhi chiusi.
La madre: Ma che fai o figlia?. Ahimè!... come mai una sposa
metterà questo in capo?
Dia: Il capo delle fanciulle è un mondo vivo di diverse pazzie
Al mercoledì, quando gli uccelli si appollaiavano nei
sambuchi, giunse nelle case l'esercito di de Silva e il palagio di lui come il cielo con la luna, festeggiava, aperte le porte, la gioia
della madre del cavaliero. Volavano nella danza le giovani d'occhi invidiosi e di grata voce,
compagne a Diana. Colei levò 1a lucerna, affacciando dalla finestra della sua camera da letto.
Nelle selve lontane dagli uomini e rimaste alle fiere senza leggi, nelle stelle rade e pure poneva debolmente l'immagine
inficata del suo Garcia, e guardava alla porta di lui e alla loggia che stavan di fronte. La festa si estinse avanti l'alba e ella
estinse la lucerna e si addormentò col suo desiderio senza fortuna.
Allorchè destossi, il suo parlare era fievole e caduto, come
le parole che si dicono vicino la bara ove biancheggi il morto.Sonata la messa del santo sepolcro, si pose la veste di gala, un
velo candido liscio sul capo, e come immemore di tutto andò in chiesa. In quell'ora andavano rovesciati i fiori degli altari, si
spegnavano le candele e i sacerdoti
deponevano il ricco vestito.
Tramutata, contemplata da tutti uscì poi fuora
ritirandosi.
dileguossi; e appresso come, surta la tramontana,
fuggono le nubi
Venne l'ora che i fanciulli corsero le strade evocando
i cittadini a' Vespri; e andarono e si chiusero nelle
chiese. Ella sola rimasta nelle case vide Garcia solo passare nella
strada dipindo di tristezza e a sè chiamollo. Venne ad aprirgli
la porta
Dia: Vedi, Garcia, come riposa in questa sera il mondo
in seno
Sentì stirarsi le braccia e fattosi colonna della mano
al volto, la fronte le divenne bianca come un foglio di carta
pel dolore: le venne fuora un gemito, una lagrima.
Gar: Diana non piangermi se tant'odio della gente
contro te
Dia: Tu non ci avesti colpa; soltanto dimenticami come
sposa.
Le tornò nel volto quasi intatta la beltà lieta del
tempo suo
Stanca entro il cuore si piegò sopra l'imposta, il
giovine le
Dia: Più non mai per me tornerà il caldo: sentomi
nelle vene
Gar: O infelice! e debbo io crederlo?
Dia: Il dì ch'è passato or non tornerà più...
Nascono in Toledo altre fanciulle, Diana è logorata come il velo che
coprivale
Chi potrà dire con parole l'ondeggiare dell'oceano,
dica de
Gar: O! dopo te sorella mia, comincerà la storia mia
Diana aperse gli occhi con la solita dolcezza -Garcia,
io vado con la credenza che ci vogliamo bene ...o tu statti
bene ...
Le cadde il capo sopra le spalle, e le trasfigurò il
volto. Il
Girolamo De Rada