GIROLAMO DE RADA (1814-1903)

 

Nato nel 1814 a Macchia Albanese da una agiata famiglia, il De Rada fu subito avviato dal padre, sacerdote di rito greco bizantino e parroco di Macchia, agli studi dei classici latini e greci. Il giovane De Rada frequentò il ginnasio presso il Collegio italo-greco San Adriano di San Demetrio Corone, dove dimostrò una innata predilezione per i classici antichi e per i Grandi della letteratura mondiale di ogni tempo. Questi studi affinarono notevolmente l'innata tendenza alla creazione artistica: ancora studente, compose un poemetto epico a tema albanese, in lingua italiana dal titolo "Odisse".

Terminati gli studi liceali trascorse un anno sabbatico a Macchia, prima di dedicarsi agli studi universitari. Questo si dimostrò un periodo di fondamentale importanza sia per l'aspetto esistenziale, che per quello artistico del De Rada. Affinò gli studi di cultura orale albanese compilando una raccolta di canti tradizionali raccogliendoli dalla viva voce delle donne delle comunità arbëresh limitrofe.

Sul piano esistenziale, il De Rada, fu colto da un appassionato, quanto contrastato amore per l'avvenente figlia di un contadino di Macchia. Cosi come nella sua più importante opera, "Milosao", l'enorme differenza sociale non consenti ai due giovani amanti di coronare il proprio sogno, ed il Poeta stesso ricorda nella sua Autobiologia come la dolce ritrosia ed il candore della bella fanciulla gli ispirarono la storia dell'amore contrastato tra Milosao, figlio del despota di Scutari, e una bella popolana.

Alla fine del 1834, il De Rada si iscrisse all'Università di Napoli per compiervi gli studi in Giurisprudenza. Nella capitale del Regno portò a termine la sua prima opera, ed iniziò una valida collaborazione con la prima rivista letteraria del meridione, Omnibus, diretta dall'italo-albanese Vincenzo Torelli di Barile.

Nel 1836, a causa di una grave epidemia di colera che aveva investito la capitale del Regno, il Poeta fece ritorno nella natia Macchia, dove rimase per circa due anni. All'inizio del 1839 fece ritorno a Napoli dove, fece da precettore presso la nobile famiglia del duca Spiriti. Durante questo periodo compose alcune pregevoli opere e numerosi studi. Nel 1848 fondò il giornale L'A1banese d'Italia, primo organo di stampa albanese, con il quale si prodigò notevolmente per la diffusione delle idee liberali ed in difesa dei diritti sociali e della giustizia nel Regno.

Proprio a causa delle sue idee politiche anti-borboniche, di li a poco, fu costretto ad allontanarsi definitivamente dalla capitale, ed a cercare rifugio e conforto nel proprio villaggio.

Iniziò, in quest'ultimo periodo, una grande attività promozionale (sia dalle colonne del suo giornale, che con conferenze, scritti e contatti personali), per l'affermazione dei diritti del popolo albanese e per la rinascita politica e culturaLe dell'antica madrepatria, ancora soggiogata dall'ormai anacronistico dominio ottomano.

Oltre all'attività politica, il De Rada si prodigò notevolmente anche sotto il profilo strettamente letterario, trovando nuovi impulsi creativi, sia negli studi di albanologia, che in quelli di carattere storico e, soprattutto, quelli di ampio respiro artistico. In merito agli studi albanologici, la produzione più importante, per tutto il mondo albanese, è senza dubbio stata la sistemazione definitiva e la riedizione dell'opera etnologica "Antichità della Nazione Albanese" del 1864, che divenne un prezioso strumento di lavoro e di comparazione per tutti gli etnologi che seguirono.

In un forte crescendo, l'Autore diede alle stampe una vasta produzione: 1865 la raccolta di canti tradizionali "Rapsodie d'un poema albanese"; nel 1869 fu la volta della "Grammatica albanese" (edita con il nome del figlio Giuseppe); nel 1872 uscì il primo libro dell'opera che più lo ha impegnato, lo "Scanderbeccu i pa-faan" al quale seguirono il secondo ed il terzo libro nel 1873, il quarto nel 1877, il quinto ed ultimo nel 1884; nel 1882 fu la volta del saggio in lingua italiana "Quanto di ottimo vivere sia negli Stati rappresentati" .

Nello stesso periodo, l'impegno del De Rada fu rivolto costantemente ed attivamente a favore della causa nazionale albanese. Il suo giornale, Fiamuri i Arbrit (Il vessillo dell'Albania), fu il primo organo di stampa a denunziare i nefasti giochi delle diplomazie europee e a schierarsi contro gli accordi che queste avevano appena raggiunto con il Congresso di Berlino riguardo alla spartizione del territorio dell'Albania, ridotta, come affermò lo statista austriaco Metternich, a mera espressione geografica" .

Il De Rada gridò con sdegno contro la logica spartitoria superpotenze politiche europee e dell'imperialismo serbo, facendosi portavoce della mortificazione del popolo albanese, che si vedeva (ancora, dopo secoli di dominazione e di vessazione), soggiogato e diviso.

La vigorosa opera e l'instancabile impegno politico, lo portarono al concepimento di un'opera di vasta portata storica, la Sofonisba. In essa viene ripercorsa la dolorosa storia del popolo albanese, fin dai tempi più antichi.

Nel 1895, ad opera del De Rada, fu indetto il "I Congresso Albanese", (tenuto a Corigliano Calabro), al quale parteciparono le massime personalità albanesi. I convenuti, alla fine dei lavori congressuali, furono d'accordo di formulare un piano politico in difesa dell'Albania e dell'albanesità ed il concepimento di un primo alfabeto unificato.

Nel 1897 il De Rada si recò a Roma per partecipare ai lavori del XII Congresso orientalista, al quale portò un notevole contributo con una relazione dal titolo "Caratteri della Lingua AIbanese nell'età preistorica".

Nel 1889 fu riabilitato all'insegnamento e gli fu affidata la cattedra di Lingua Albanese presso il Collegio San Adriano che tenne fino agli ultimi giorni della sua esistenza e che si dimostrò importante fucina  per nuove generazioni di giovani intellettuali arbëresh.
La vita del De Rada è stata sempre caratterizzata da un notevole fervore per la creazione artistica, per il recupero della cultura atavica e per l'autodeterminazione della madrepatria, pur se tale impegno lo costrinse a grandi sacrifici di carattere prettamente economico. A ciò si aggiunse una, come in un tragico gioco, la tragedia familiare: la prematura e contemporanea morte della moglie (la bella Maddalena Melicchio) ed i loro quattro figli. Si spense a San Demetrio Corone nel 1903, solo pochi anni prima che Ismail Qemal Bey Vlora sventolasse il vessillo di Scanderbeg sull'Albania libera, vedendo coronati, grazie al grande impegno del De Rada, i suoi sogni di autodeterminazione.