E' stato ristampato nel maggio 2008, presso la Tipografia Masino di Lungro, il volumetto "La Miniera di Salgemma di Lungro" del dott. Ambrogio Martino.  La ristampa è stata curata dal figlio Geppino Martino.

P R E S E N T A Z I O N E

Negli ultimi tempi, si é riacceso un notevole interesse per le vicende della miniera di salgemma di Lungro. Questa volta, a trent’anni dalla  chiusura dell’impianto, è stata l’Amministrazione Comunale ad assumere

iniziative di carattere non solo celebrativo, ma pratico e politico, unendo

il risveglio delle memorie all’attualità dei gravi problemi di dissesto geologico che incombono sulla cittadina.

Conferenze, dibattiti, manifestazioni pubbliche condivise dai comuni vicini, una mostra di cimeli e documenti, hanno destato interesse nei media e nella gente.

Sull’onda di tutto ciò, e nell’intento di accrescere la bibliografia sull’argomento, si ripropone un opuscolo scritto da Ambrogio Martino ed edito nel 1926.

L’autore, classe 1899) che, dopo l’esperienza bellica in Albania si era laureato in Scienze Agrarie presso l’Università di Portici nel 1924, in poche pagine espone la storia della miniera, i suoi aspetti geologici, quelli tecnico-lavorativi ed umani, nonché le lacune riscontrate sulla sicurezza nel posto di lavoro, oltre che la sua importanza della miniera nell’economia della zona.

L’opera, di taglio scientifico oltre che divulgativo, ebbe a suo tempo un certo successo e, probabilmente, fornì ad Ulderico Tigani, che aveva visitato Lungro in quell’anno, molti elementi tecnici e storici per il suo articolo apparso su un mensile del TCI nel 1927 (riportato in parte da Pasquale Grande ne

Il Quotidiano di domenica 9 dicembre 2007).

Il dottor Martino, innamorato di Lungro e della sua lingua, e, naturalmente, dell’agricoltura, esprime anche delle considerazioni sui giovani, purtroppo valide anche oggi e, in un’analisi socio-economica, non manca di sottolineare che la salina, produttrice di un tutto sommato facile benessere per la cittadina, aveva avuto però il difetto di allontanare la gente dall’attività agricola come fonte alternativa di lavoro proficuo, in un territorio ove alcune coltivazioni potevano usufruire di condizioni climatico-ambientali estremamente favorevoli.

In definitiva, un testo breve, con qualche veniale refuso ma fra i più completi sull’argomento.

Sotto certi aspetti moderno, anche se inevitabilmente datato nei riferimenti all’allora vigente regime, peraltro limitati all’attività professionale vissuta di persona dal giovane agronomo nelle Cattedre Ambulanti di Agricoltura e nella cosiddetta Battaglia del Grano.

Possono sembrare retorici l’entusiasmo, la fiducia ed il lirismo dell’autore allorché parla della terra e dei suoi prodotti, della Patria e della famiglia.

Ma, siamo nel 1926, e in un ex ragazzo del ’99 sono giustificabili slanci che noi, ahimé !,oltre ottant’anni dopo, forse non riusciamo a permetterci.

 

Lungro maggio 2008

Geppino Martino