INDIRIZZO
DEL POPOLO DI LUNGRO
AL DITTATORE GIUSEPPE GARIBALDI
Essere straordinario, le nostre lingue non hanno parole come definirti; i nostri cuori non hanno espressioni come attestarti la nostra ammirazione. Un popolo intero ti acclama: Liberatore della più bella parte d'Italia!
Eroe di Varese, di Como, di Montevideo, vecchio soldato della Libertà de' due Mondi, finora tu non eri che un uomo; ma dopo l'entrata trionfale in Palermo, il mondo ti dice: Inviato della Provvidenza!
Vieni, Patriarca della Libertà e dell'Indipendenza d'Italia, vieni tra noi. Al suono delle bande musicali, tra nembi di fiori, in mezzo a moltitudini accorrenti da tutte parti entra come Cristo Redentore!
Le tue gesta accennano al prodigio, al miracolo; la fredda ragione non può misurarti; la tua anima sfugge alla potenza analitica delle menti. Solo la fantasia e il sentimento possono parlare convenientemente al tuo cospetto.
Nessun'uomo si levò mai a tant'altezza ove ti pose un cuore sincero ed una abnegazione senza pari. Dal palagio al tugurio il tuo nome risuona come quello di una Divinità. L'oro del ricco e l'obolo dell'operaio si versa indistintamente nelle tue mani. L 'umanità non ebbe un rappresentante più giusto e benefico. Non v'ha angolo della terra che non innalzi voti per te che identifichi nella causa della tua patria quella di tutt'i popoli.
Tu non hai eserciti, perché non sei un conquistatore, il cui passaggio sulla terra è come il soffio del Simoun che non lascia altro che deserti e un vano nome di gloria. Le tue armate sono i popoli e pochi seguaci, devoti alla causa dell'umanità, come Cristo era devoto alla croce. La tua idea è il dritto; la tua spada è la mano callosa dell'uomo che soffre; i tuoi trofei sono le benedizioni delle moltitudini che corrono dietro a te come lave vulcaniche.
Il mondo non ha veduto un trofeo pari al tuo. La storia dirà la cagione e l'origine. Da Palermo a Napoli, per 400 miglia di terreno, tu prosegui il cammino attraversolo sfasciume di una Monarchia potente atterrata dalla tua mano; la strada è ingombra di miserevoli avanzi ch'eccitano la tua stessa compassione. Dugento mila soldati, sbandati, impolverati, dispersi sorgono ritti nel tuo cammino, come tanti trofei- Eppure, in mezzo a tanti monumenti che avrebbero inorgoglito un'uomo, tu passi come Cincinnato!
L'America può vantare un Wasington, la Svizzera un Guglielmo Tell; ma l'Italia, più superba ancora, rammenterà un GIUSEPPE GARIBALDI. I secoli di tratto in tratto producono di simili uomini; ma le loro fisonomie, a seconda de' tempi, prendono delle proporzioni più vaste.
Tra poco schiuderemo il Panteon ai grandi uomini della patria redenta. Accanto a Dante, a Macchiavelli, a Vittorio Emmanuele, inalzeremo la tua Statua e sul piedistallo scriveremo: Spada d'Italia.
Consumasti la vita tra i combattimenti per la libertà de' popoli; logorasti quarant'anni di esistenza tra mille pericoli, e le mitraglie di cento battaglie ti hanno rispettato; ma nel giubilo della vittoria e del trionfo il tuo volto era rassegnato; una tinta melanconica velava le sembianze e il guardo di Leone.
Combattesti accanto a valorosi Francesi su i piani Lombardi; ma il tuo volto era pure rassegnato; la tua pupilla azzurra come l'onda di Nizza piegava obbliquamente al suolo.
L'artista ritrasse sul volto l'interno d'un'anima che combatte e freme... Il tuo genio era irrequieto, indomito. La tua mente non era ancora attuata. Era il pensiero; ma la realtà non giungeva all'altezza de' tuoi concepimenti. Volevi un popolo, nel quale si fosse unificato il tuo spirito; e questa unificazione era: GARIBALDI e L'ITALIA!
La Gioventù Italiana ti lesse in quell'atteggiamento, ti comprese, pianse di rabbia, e perchè? -Perchè il braccio d'Italia potea combattere solo e vincere.
Iddio finalmente ti sgombrò quella nube; ti fortificò nell'unione de' popoli Italiani, te li sparse intorno frementi come idre, e tu allora alzasti superbo la fronte, e il tuo volto brillò scintillante come il Sole d'Italia.
La spada di Calatafimi raggiò allora come quella dell' Angelo sulle porte dell'Eden, e dietro al suo baleno, la voce di Dio tuonava: Cammina, che io sono con te! -Cammina, sono i popoli d'Italia che combattono ai tuoi fianchi!
La voce de' popoli è voce di Dio. -Fu dessa che ti portò sulle ali di foco, di vittoria in vittoria; fu dessa che dall'Alpi a Scilla ti diceva: Cammina!
E il tuo cammino fu seminato da imprese gigantesche, da fatti straordinari.
Palermo ti fece l'apoteosi. Cento ottanta mila abitanti ti chiusero in mezzo come una Statua, e tu, vincitore, a vista delle bandiere estere e de' rappresentanti politici e militari d'Europa che ti stavano scappellati dinanzi, dicesti al mondo: l'Italia vive!
Scendesti nelle Calabrie. I Bruzzi t'affluirono intorno, e nelle pianure di Agrifoglio fecero abbassare le armi a dieci mila soldati, e 12 cannoni e 300 cavalli furono il trofeo del popolo Calabrese.
Napoli ti attende. All'appressarti mezzo milione d.uomini prenderà le armi, e tu entrerai trionfante nelle piazze dell'antica Partenope. Disperderai al vento i frantumi e gli avanzi del nemico d'Italia.
Di là scenderai a Roma. Dall'alto del campidoglio, cinto da tutt'i Popoli d'Italia, imagine e figura sublime della nuova terra, dirai al Mondo: l'Italia è fatta!
Vola, o Uomo del destino, vola. Un'altro passo e l'Italia sarà una! - Un'altro passo l'Italia si assiderà... Regina del mondo -E poi... Polonia, Ungheria e Dio saranno i nostri pensieri!
O Ungheria, o patria del valoroso Tuckery, caduto al fianco de' nostri prodi, un patto di sangue ci stringe ai generosi tuoi figli -Le tue ciglia son umide ancora, o GARIBALDI, il tuo pianto bagnò il cadavere di quel martire morto sulla sicula terra pugnando per la libertà d'Italia. Egli ci attende nella terra de' Magiari. O terra d'eroismo e di bravura noi verremo, e il. nostro inno di guerra suonerà sulle porte di tua patria: Sangue per Sangue.
Vola, o grande; il tempo è prezioso; ogni momento vale secoli; chi valuterà un'attimo secondo quanto pesa attualmente nella bilancia delle sorti comuni? -Vola, noi stessi ti spingeremo. Tu porti teco i futuri destini della grandezza d'Italia.
E quando avrem rotte le mene dell' Austria, e sciolto il braccio dai ceppi de' Re satelliti, allora scenderemo sul Mincio, schiuderemo il teatro delle battaglie nazionali; le aquile Italiane lotteranno solo a solo con le aquile Austriache. Ci avvilupperemo in un turbine di polvere dentro la cerchia del Quadrilatero, e tra il fumo de' cannoni le nostre spade scintilleranno tremende.
Vedremo di nuovo le nostre bandiere sventolare sulle Venete pianure; vedremo l'Italie genti rimescolarsi come mare in tempesta, e tu accampato sul Po, come Mosè, imagine stupenda d'una nuova Civiltà surta tra la Senna e il Danubio, additerai il cammino della terra promessa, il sogno beato di nostri padri, l'unità d'Italia, all'ombra della Croce di Savoja e al cospetto d'Europa proclamerai la fratellanza de' popoli.
Vedremo le cento città uscir trionfanti dalla lotta, e mentre il fumo dell'ultime battaglie si dileguerà nell'estremo orizzonte, scioglieremo l'inno di pace e d'amore, e lieti ritorneremo nelle terre native, ove il tuo grido ci chiamerà, e deposte le armi, apprenderemo ai nostri figli il nome di colui che ci condusse alla redenzione della patria comune.
E tu allora, vecchio canuto, assiso sulla porta del tuo cheto abituro, potrai come Dio esclamare: O Italia, sei mia!
E quando l'amore d'un popolo intero ti avrà santificato, Patriarca di Libertà, scenderai nel riposo de' tuoi padri, e le più tarde generazioni verranno a intrecciare corone sulla tomba dell'Eroe Nizzardo!
Accogli, o Illustre Campione, i voti di un paese che primiero ti salutò dal fondo di queste valli al rombo del cannone di Magenta di Solferino, e che oggi al semplice tuo nome irruppe in massa sui campi di battaglia, lasciando le donne a difesa delle patrie mura.
Valorosi figli dell'Epiro i discendenti di Scanderberg, di Marco Bozzari segneranno nel marmo l'ora, il giorno ch'ebbero l'onore di presentare un'attestato d'affetto al Liberatore della Sicilia e di Napoli ! .
Gabriele Frega.