I Mille di Giuseppe GARIBALDI
I Mille di Garibaldi che parteciparono alla storica spedizione non erano 1.000 ma 1090, come risulta dalla lista fornita dal Ministero della Guerra e pubblicata nel 1864 dal Giornale Militare come risultato di un'inchiesta istituita dal Comitato di Stato. Fra i 1.090 c'era anche un lungrese, Domenico Damis, che raggiunger� successivamente il grado di generale e sar� eletto al Parlamento per tre legislature consecutive.
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QUALCHE NOTIZIA SUL CONTRIBUTO DEGLI ARB�RESH� ALLE LOTTE PER L'UNITA' D'ITALIA
La storia della partecipazione degli
arb�resh� alla vita politica italiana � glorificata da numerosi grandi nomi. Infatti quanto mai
decisivo, talvolta commovente, e il contributo dato alla causa dell'unit� e dell'indipendenza italiana: sempre presenti nei moti
insurrezionali, sempre presenti in tutte le guerre.
La Carboneria, come in tutte le altre parti d'Italia, si era diffusa anche in Calabria.
I primi centri, tra i paesi arb�reshe, dove rapidamente si organizz� il
movimento carbonaro furono S. Benedetto Ullano e Lungro.
"Da ricerche eseguite dall'illustre prof. Umberto
Caldora, in occasione del suo lavoro � CALABRIA NAPOLEONICA �, � risultato esistere
nell'Archivio di Stato di Napoli, fra le carte di casa Tommasi, una minuta di lettera
scritta al generale Nunziante, che nel giugno1820 erasi trsferito a Lungro dove era stato convocato di urgenza il Giudice Istruttore di Castrovillari sig. Scudieri.
Vi si parla di � strepitosi esempi di rigore � per � gravissimi. misfatti � e per � gli avvenimenti di Lungro �.
.......secondo la terminologia para-giuridica dell'epoca si chiamavano � misfatti � i
reati di ribellione politica e, comunque, contro lo Stato personale del Re,
...... E' noto che il 1820 � l'anno dei primi moti carbonari tendenti a rompere nel regno
delle Due Sicilie, l'assetto politico stabilito dal Congresso di Vienna, per trasformare con un'azione di forza, voluta e
condotta dalla borghesia intellettuale, gli stati assolutistici. in stati costituzionali.
Si badi inoltre che la lettera reca una data (22 giugno 1820) ....... E' chiaro come a Lungro non solo esistesse, ma tosse
attiva la Carboneria, pronta ad ogni occasione." (Parliamo di Lungro -
1963)
Nel 1837 c'era stato un moto a Cosenza che per� venne represso brutalmente. L� molti albanesi vi trovarono la morte.
Nel 1843 viene fondato a Cosenza "IL CALABRESE", giornale scientifico- letterario che accoglie in esso gli ingegni pi� forti della Calabria, tra cui molti albanesi quali: Domenico Mauro, Girolamo De Rada e Paolo Scura. Questi,
assieme ad altri calabresi, prepararono lo sfortunato moto del 15 marzo1844 che precede di poco la spedizione dei fratelli Bandiera.
La riunione dei cospiratori ebbe luogo in casa di Paolo Scura. Si stabil� la data della sommossa per il 15 marzo e si diede l'incarico di
organizzare le bande dei paesi ad Antonio Raho, Raffaele Camodeca, Skanderbeg Franzese ed altri. L'animatore acceso ed instancabile di questo
moto � Domenico Mauro di S. Demetrio Corone. Fra i cospiratori vi erano 6
lungresi ma solo di tre si conoscono i nomi: Pasquale
Cucci, Angelo Damis e Domenico
Damis.
La riunione clandestina in casa Scura si pu� considerare la prima convocazione del quartier generale di tutti i paesi albanesi che sono sempre
all'avanguardia nel moto cosentino e sono i primi a cadere sotto il fuoco del nemico.
Degli ottanta cospiratori in casa Scura, ben trentanove erano albanesi.
La rivolta scoppi� e venne domata brutalmente e con grande spargimento di sangue. In questa rivolta le vittime albanesi furono molte,
citiamo: Carlo Mosciaro, Giuseppe Franzese, Francesco Petrassi e Raffaele
Camodeca. Quest'ultimo, preso prigioniero e condannato a morte, nel momento dell'esecuzione grid�: " Questo e il giorno pi� bello della mia vita! Viva
l'Italia!". Per la prima volta nel Vallone di Rovito tuon� il grido
"Viva
l'Italia!".
La notizia della rivolta in Calabria venne diffusa in Europa con tali gonfiature
che si credette che tutta la Calabria fosse insorta. Queste notizie spinsero i fratelli Bandiera a venire in Calabria, per portare aiuto agli insorti, con altri 18 compagni tra cui il veneziano Giovanni Manesssa, di
famiglia albanese. Traditi dal corso Pietro Boccheciampe, loro compagno, che in una lettera al Mauro, durante la prigionia, si proclama innocente, furono
circondati e fatti prigionieri nei pressi di S. Giovanni in Fiore. Alcuni, come i fratelli Bandiera, furono fucilati nel Vallone di Rovito, a Cosenza, altri condannati
all'ergastolo. "Viva 1'ltalia", per la seconda volta questo
grido tuon� nello stesso luogo e invase tutti gli oppositori
rendendoli pi� forti e desiderosi di continuare la lotta per
la quale erano morti giovani cos� coraggiosi. Scrive il Pascoli su questi avvenimenti:
"Cosenza, citt� di martiri vide a dodici giorni di
distanza unirsi ai suoi fucilati calabresi un manipolo di altre vittime di Venezia, della Romagna, dell'Umbria e della terra romana: tutta la giovine
Italia nel Vallone di Rovito!".
Il "Calabrese", dopo tutti questi fatti, continu� a mantenere alta la fiamma della libert�. Non mancavano, allora, nella redazione gli albanesi. Tra
i molti citiamo Vincenzo Dorsa, insigne letterato e il lungrese Pier Giuseppe
Samengo.
Il Parlamento di Napoli, intanto, era in conflitto con il re per la formula del giuramento della costituzione e per la consegna delle fortezze
alla Guardia a garanzia della costituzione stessa.
Il 15 maggio 1848 una furiosa rivolta scoppi� in Napoli. Dalla Calabria giungevano rinforzi albanesi con a capo il Mauro.
Il re sciolse la Camera e indi nuove elezioni. I deputati cosentini che vennero eletti furono Domenico Mauro e Raffaele Valentini.
Non nutrendo pi� alcuna fiducia verso la Guardia Civica, si moltiplicavano ovunque le sette segrete della Giovine Italia. Anche
Castrovillari ebbe la sua, i cui precettori erano due sacerdoti greci: Michele Bellizzi di S.Basile e Michele Bellusci di Frascineto.
La notizia degli avvenimenti di Napoli dest� grave indignazione soprattutto in Calabria dove ben presto la rivolta scoppi�. Accorsero a
Cosenza Giuseppe Ricciardi, deputato di Foggia, il Mauro, il De Riso, il Pacchione, compagno dei Bandiera, ed
altri reduci dalle barricate di Napoli. Costituirono un comitato di salute pubblica con l'intenzione di provvedere all'arruolamento di volontari e
mantenere desta la rivoluzione. Il distretto di
Castrovillari nomin� commissario civile Domenico Mauro, coadiuvato dal Pace. Accorsero da
San Demetrio Raffaele, Alessandro, Vincenzo Mauro ed il
vicepresidente del Collegio Antonio Marchian�, seguito da molti giovani studenti. Vennero organizzati comitati locali a Lungro con
a capo Vincenzo Stratig� e Angelo e Domenico Damis, Castrovillari, Saracena, Cassano, Altomonte e altrove.
" Circa duecento
uomini , ornato il cappello o il petto della coccarda tricolore (se ne conserva
ancora qualche esemplare), ai primi di giugno, al comando di Domenico Damis,
presero la via di Capotenese per difendere la proclamata libert� costituzionale
in Calabria..." (Parliamo di Lungro)
Il Comitato di Palermo organizz� una spedizione in Calabria agli ordini del Ribotty. A
Spezzano Albanese giungevano intanto, il 14 giugno, varie forze comandate dal Mauro. Da li, passando per Firmo e Lungro, rinforzati, raggiungevano le alture di Campotenese ed il 17 avevano occupato
tutta la zona. Si trattava di oltre tremila uomini quasi tutti albanesi. Spezzano era comandata da Vincenzo Luci, Lungro, Firmo ed Acquaformosa dal Damis, S.Basile dal Bellizzi. A Spezzano, attorno al
Ribotty, si raccoglievano nuove forze provenienti da molti paesi albanesi. Il generale borbonico Busacca, accerchiato a Castrovillari, ruppe
ogni indugio e si diresse segretamente a Spezzano dove i volontari, presi dalla stanchezza, dormivano.
Furono svegliati dalle donne del luogo che coraggiosamente sostennero il primo urto. Il Busacca fu costretto a ritirarsi
in Castrovillari. Per l'indecisione e la discordia dei capi non si seppe approfittare della situazione favorevole.
Il Mauro attendeva che il Ribotty avanzasse verso Campotenese ma quest'ultimo o non seppe o non
fu in grado.
Intanto dal nord arrivava con rinforzi il generale Lanza, per congiungersi col Busacca a Castrovillari, ma non
pot� varcare il confine calabrese prima del 29 giugno.
Scrive Orazio Irianni in
Risveglio Albanese( New York 1911): " Petruccelli della Gattina salvato
dagli albanesi e che con essi si trovava a Campotenese, dove i minatori della
Salina di Lungro tagliarono il ponte(sul fiume Cornuto), ritardando la marcia al generale
Lanza...."
Il Ribotty , nel frattempo, pensava ad una sua ritirata dal fronte. Ordin� al Mauro di mandare 500 uomini sul monte S. Angelo, nei pressi di
Morano, e di appostare due cannoni sul medesimo monte assicurandolo che in tendeva intimare la resa al
Busacca. Mauro ubbid�, mandando sulle alture che dominavano il fiume Coscile il Damis, lo Stratig�, il Bellizzi e il Pace con i loro volontari con l'ordine
di non attaccare senza avere inteso i cannoni del Ribotty. I soldati del Ribotty non si videro ne si sentirono i suoi cannoni.
Il Busacca, intanto, spediva contro il Pace tre compagnie che attaccarono violentemente.
La compagnia Damis-Stratig� corse subito in aiuto degli altri albanesi. Vi fu una breve ma violenta battaglia nella quale gli albanesi
diedero, ancora una volta, prova del loro valore. In questa battaglia fu ferito e fatto prigioniero Gennaro Placco di Civita che, dopo la sfortunata impresa,
langu� lungo tempo in prigionia assieme a Luigi Settembrini, il quale lo ricorda con affetto nelle sue "Ricordanze".
Il generale Lanza raggiunse le posizioni del Mauro a Campotenese. Gli albanesi
del Mauro, senza provviste e munizioni, si lanciarono come leoni scrivendo col sangue una
pagina di gloria. Molti caddero sotto il fuoco nemico; piovvero anche
gli esili, le condanne e le persecuzioni. Le prigioni politiche traboccavano di detenuti. Il Pace ed
altri condannati a morte riuscirono a nascondersi; il Damis venne condannato a 25 anni di carcere; il Mauro, condannato anch'egli a morte, si rifugi� in
Piemonte assieme al Crispi e ad altri albanesi.
Fra gli arrestati e
condannati, oltre il Damis, altri dieci lungresi: Capparelli
Ferdinando,
Cortese Raffaele, Bellizzi Pasquale, Ferrara
Giuseppe, Irianni Domenico, Martino
Raffaele, Oliva Raffaele, Stratic�
Giuseppe, Trifilo Francesco, Vaccaro
Raffaele.
Dopo questi fatti si pens� di chiudere il Collegio di S.Adriano di San
Demetrio, definito da Ferdinando II "covo di vipere e fucina del demonio"
e che tanta parte
aveva avuto in queste guerre, ma si oppose la Santa Sede poich� il
Collegio era di diritto pontificio.
Tutte le persecuzioni allora effettuate non riuscirono a fiaccare l'indole tenace dei discendenti di Skanderbeg. Le sommosse continuarono
senza tregua.
Gli avvenimenti nazionali e la politica operata da Vittorio Emanuele e dal
Cavour, l'attentato di Agesilao Milano, la spedizione di Sapri e la guerra
austro-piemontese(seconda guerra d'indipendenza) mantennero sempre
acceso il desiderio di libert�. Il 16 luglio 1859 fu la volta di Lungro ad
insorgere sotto il grido di "Viva l'Italia". Il borbonico "Giornale delle Due
Sicilie" il 19 luglio 1859, in prima
pagina, parla cos� della sommossa: " Il 16 del corrente mese, nelle ore pomeridiane, pochi forsennati del
comune di Lungro cominciarono a percorrere l'abitato con grida sediziose, incitando quella gente a fare altrettanto. Fra di essi un Vincenzo Stratig�
si die ad arringare la popolazione, ed alcuni suoi complici si condussero al vicino comune di Firmo con lo stesso reo intendimento, ma fu vano il loro
tentativo venendo assai male accolti da quegli abitanti. L 'ordine fu ristabilito
immediatamente all'arrivo del sottintendente del distretto e dalla forza di pochi gendarmi. Otto dei principali colpevoli sono gi� in prigione.
".
Questo quanto scrisse il giornale ma non � del tutto esatto in quanto gli arrestati di Lungro e Firmo
furono moltissimi e, tra di essi, molte donne fra le quali citiamo:
-Matilde Mantile, sposa del giudice lungrese Angelo Stratig� e madre di Vincenzo.
Cos� scriveva al figlio latitante: "Io
sono nelle prigioni di Lungro insieme ad altre donne�i tuoi fratelli godono e
cantano nelle prigioni di Cosenza con i fratelli di Agesilao Milano".
Quando mor� sulla di lei tomba venne murata una
lapide in cui, con mirabile sintesi, viene narrata tutta la sua vita: " Di cristiana
virt� e piet� pregiata, ebbe nove figli: quattro crebbe, cinque pianse.
Intrepida sofferse il carcere per l'unit� d'Italia".
-Cinzia Mattin�, moglie di Pietro
Irianni, altro eroe albanese del nostro Risorgimento.
Occorre, inoltre,
ricordare il contributo dato nel corso di questi anni da Maria
Cucci sia nell'assistenza che nella protezione
dei perseguitati. Aveva un singolare modo per non far trovare il perseguitato
rifugiatosi in casa sua ai gendarmi: lo nascondeva fra le gambe
coprendolo con le sue vesti.
Lo Stratig�, gi� apparso col Damis nelle battaglie di S. Angelo e di Campotenese, fu tra le personalit� albanesi risorgimentali figura di massimo
rilievo e i suoi scritti occupano un posto importante nella letteratura albanese.
L'Irianni " Nel 1859, alle prime notizie delle vittorie di
Lombardia, il poeta Vincenzo Stratig� e Pietro Irianni (padre di chi scrive)
sollevavano la popolazione di Lungro e dichiaravano decaduto il Borbone,
innalzando sugli stemmi governativi infranti e calpestati il fulgido tricolore. Il Borbone
minacci� di radere al suolo il borgo ribelle e ne emp� le carceri di uomini e
donne."
Arriv� finalmente col '60 la tanto sospirata libert�. Infatti l'11 maggio Garibaldi, salpato con i Mille
da Quarto, sbarc� in Sicilia per sollevare il napoletano.
Scrisse Giuseppe Cesare Abba in "Da Quarto a Volturno. Noterelle di uno dei Mille" (1880): " Per la stessa ragione per cui la seconda compagnia fu chiamata dei livornesi, la terza poteva dirsi dei calabresi perch� di Calabria erano il barone Stocco che la comandava, verde vecchio di cinquantaquattro anni, e Francesco Sprovieri, Stanislao Lamensa, Raffaele Piccoli, Antonio Santelmo suoi ufficiali. V'erano inquadrati degli uomini insigni come Cesare Braico, Vincenzo Caronelli, Domenico Damis, Domenico e Raffaele Mauro fratelli, Nicol� Mignogna, Antonio Plutino, Luigi Miceli; e avvocati e medici e ingegneri, e futuri deputati, senatori, ministri e generali, tutti fra i trentacinque e i cinquant'anni, tutti di Calabria e di Puglia. Pareva la compagnia dei savi!"
Per i servigi resi, il Damis venne decorato di medaglia di bronzo per la presa di Palermo e medaglia d�argento nella campagna di Sicilia. Il 20/06/1860 il Dittatore gli attribu� il grado di Capitano, gi� assunto nella rivolta del �48 e il 26 giugno lo nomin� Giudice Istruttore del consiglio di Guerra e, come tale, addetto allo Stato Maggiore di Garibaldi.
Il Damis scrisse dalla Sicilia
al fratello Angelo: " Caro fratello, Sto in Sicilia da un mese e mezzo circa: con chi ed a che
scopo non giova dirtelo. Tu ben lo sai. Verr� anche cost� fra non guari, e col medesimo intendimento che mi ha qui
condotto. Tu apparecchiati a ben ricevermi. Mi precederanno nel passaggio in cotesti luoghi tre miei carissimi amici: Antonio
Plutinio, Francesco Stocco e Ferdinando Bianchi. Questa mia ti verr� recapitata da uno
di loro. Ti metterai in relazione con tutti e tre, e da essi prenderai i concerti e gli ordini di quanto
converr� fare. Adoperati a riunire il maggior numero di armati che puoi.
Inviterai alla medesima opera tutti i nostri amici dei vari paesi del nostro Distretto e fuori. Scrivi ai
Tabani, agli Oliverio, ai Bruno, ai Balsano, a Luci, a Gramazio, a Severino, ai
Migaldi, ai Capparelli e a quanti altri crederai disposti alla nostra impresa. L '� questo, tempo di energia e di
sacrificio. La vi ttoria sar� nostra senza fallo, se sapremo fare. Dimenticati per
qualche mese delle private faccende. Sola tua cura, unico tuo affare sia per ora la causa del paese. L 'acquisto della libert� sar�
sufficiente compenso di qualsiasi danno che ti toccher� negli interessi. Vincere o morire � il
mio proposito. Sia questo anche il tuo, e di quanti si uniranno con te. Il difetto di armi non vi
sgomenti. Ne sarete provveduti a sufficienza ed al pi� presto.
Noi non vi lasceremo operare soli per molti giorni. Ci vedrete arrivare quando meno il pensate. Se a rendersi padroni della
Sicilia ci bastarono quindici giorni, immaginatevi se a torre le Calabrie ai Regi ci abbisogneranno
degli anni... Siate pur certi che nessuna impresa � difficile per un Condottiero come
Garibaldi e per prodi soldati come i Cacciatori delle Alpi.
Addio. Ricordati che la pruova pi� grande che tu possa darmi del tuo affetto sta nella energia con cui
seconderai la nobile impresa alla quale mi sono consacrato. Addio. Ama il tuo fratello Domenico."
Lungro non aspettava che il segnale per insorgere. Quando il comitato centrale della
Calabria Citra dispose di mobilitare contingenti illimitati di uomini determinati a qualsiasi evento, nominando capo militare delle forze di
Lungro- S.Sosti Angelo Damis, questi si trov� a disporre solo a Lungro di 500 lungresi, i quali vennero organizzati in cinque compagnie e comandate
rispettivamente da Vincenzo Stratig�, Pietro Irianni, Pasquale
Trifilo, Pier Giuseppe Samengo, Cesare Martino.
Occupata la Sicilia, Garibaldi pass� in Calabria tra l'entusiasmo del calabresi, preceduto dal Mauro con alcune truppe. A Spezzano A. lo
raggiunsero schiere di volontari partiti da tutti i paesi albanesi. Vennero
costituiti due battaglioni con a capo il Pace ed il Mosciaro.
Scriveva Orazio Irianni in "Risveglio Albanese" Nel 1860 gli albanesi accorsero a migliaia sotto la bandiera di Garibaldi. Il reggimento
Pace, che merit� gli elogi del dittatore nella battaglia del Volturno, era composto tutto di
albanesi. Di Lungro solamente vi erano cinquecento, oltre alcune donne,
cifra rilevante e significativa per un comune che conta poco pi� di cinque mila
abitanti."
Garibaldi, volendo dare ad essi un premio di riconoscimento per i servizi resi alla causa della libert�, valendosi delle prerogative
dittatoriali, emanava in Caserta il seguente decreto: " Italia e Vittorio Emanuele, il Dittatore dell'Italia meridionale in
considerazione dei segnalati servigi resi alla causa nazionale dai prodi e generosi albanesi
DECRETA cessati i bisogni della guerra e costituita l'Italia con Vittorio Emanuele, dovr� il tesoro di Napoli somministrare
immediatamente la somma di 10.000 ducati per ingrandimento del Collegio italo-greco di S.Adriano. lo pongo sotto la garanzia della
nazione e del suo Ma-Sovrano l'esecuzione del presente decreto. Caserta, l� 20 ottobre '60 (F.to Giuseppe
Garibaldi)".
Pes�qind
ungirnjot� me Gariballdin Ungirnjot�t qen� patrjotra, patrjotra t� fort�ra, kundir
Burbunrat� luftartin e
Italljen posht lib�rartin. Kur
Gariballdi nd� Kalabrjet shkoi pjot
hare i mbjoi, pes�qind
van me t�n� e grat� nj� flamur me galun i ben�. Damsi i kumandonej e t� fort i donej. Kur
nd� Vollturnit ishin timur
ata n�ng kishin, Gariballdi
i th�rriti �lliunrat� se
m� truall shtun gjith� Burbunrat�. |
Cinquecento
lungresi con Garibaldi I lungresi sono stati patrioti, dei patrioti molto forti che hanno combattuto contro i Borboni e hanno liberato l�Italia del Sud. Quando Garibaldi � passato in Calabria il loro animo si � riempito di gioia, ben cinquecento con lui sono andati e le donne hanno cucito una bandiera con galloni dorati. Damis li comandava e tutti forti li voleva. Quando erano sul Volturno non avevano paura di nessuno, Garibaldi li ha chiamati � i leoni� perch� hanno sconfitto i borboni. |
Cappello Garibaldino (Fam. Stratig�) |
La poesia � stata scritta da un alunno di classe V delle Scuole Elementari di Lungro |
I realizzatori del volume "Parliamo di Lungro" hanno cercato di ricostruire, attraverso testimonianze e documenti, l'elenco dei lungresi che hanno partecipato ai vari avvenimenti. Sono riusciti ad identificarne solamente 170. (L'elenco)
Nel 1866 ( III guerra d'indipendenza) troviamo gli
arb�resh� ancora protagonisti nelle lotte per l'unit� d'Italia. Fra i
lungresi ricordiamo Raffaele Martino e Angelo Leccadito per l'esercito, Cesare
Martino e Pietro Irianni per i Cacciatori delle Alpi di Garibaldi